✨AU: Il pov del muro

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Muro's point of view

Sono un muro.

A dir la verità, rivesto interamente un vero e proprio corridoio e anche particolarmente esteso, direi. Posso affermare di costituire uno degli spazi più frequentati dell'intera Accademia. Conduco alla mensa, luogo dove gli studenti si cibano e spettegolano su qualunque cosa.

So per certo di essere stato costruito nel 1967 e successivamente ridipinto e aggiustato nel corso degli anni per evitare che le mie rughe diventassero un pericolo per i mutanti che alloggiavano tra le mura dell'edificio.

Ricordo ancora quando questa scuola contava i propri studenti sulle dita di una mano umana e percepisco ancora i loro sguardi curiosi su di me, avidi di memorizzare ogni angolo, ogni zona. Gli anni non si sono susseguiti facili, ma è stata una lotta continua per rendere il loro soggiorno una permanenza lieta piuttosto che una reclusione forzata.

Non tutti riuscirono a superare la sfida che fu posta a loro; io sono solo un semplice muro, non respiro, non parlo, non soffro, non ho bisogno di calore umano e, soprattutto, non ho aspettative, non spero. Io sono solo un semplice muro, ma, forse grazie ai poteri dei miei abitanti, forse grazie a qualche assurda magia, io penso. E penso che questi esseri paranormali - si dice così? - abbiano patito la loro diversità, come io ho patito i loro pugni frustrati su di me. E le loro testate. E i loro calci. E le loro urla. Quante grida frustrate, quante imprecazioni - tra le più strane e senza senso - ho sentito.

Purtroppo, non posso tapparmi le mie orecchie muresche.

Dopo la persecuzione, l'accademia venne chiusa e mi sentivo solo, immensamente solo in un edificio fantasma dove solo i miei pensieri verniciati di bianco rivestivano le pareti silenziose. Pensavo che mi sarei sentito sollevato dalla assenza dei mutanti, ma ero stato costruito per ospitarli, per accompagnarli ai pasti e senza di loro non avevo alcuna utilità.

Non sapevo distinguere il giorno dalla notte, tuttavia ero certo di essere costantemente immerso nel buio del disuso. Ero stato abbandonato con quell'odioso corridoio al piano soprastante e la bisbetica porta della mensa. Credevo di impazzire, seriamente. Che cosa ne sarebbe stato di me? Come avrei fatto a continuare ad essere un muro?

Muri si nasce, non si sceglie di esserlo, ma ogni cosa è destinata a degradarsi, come il povero lampadario sferico. Ancora ricordo il suo elettrico pianto quando una ragazzina imbranata lo ruppe. Addio Dario, così ti chiamavano.

Dunque, dunque... dov'ero rimasto? La recente riverniciatura ha compromesso la mia memoria. Oh sì, stavo ripercorrendo la mia muresca storia.

Quando udii nuovamente i passi dei mutanti, mi sentii pervadere da una fredda gioia, forse mi sbriciolai un pochino. Non fu semplice riabituarsi alle loro voci e alla loro lingua, poiché - se non si fosse ancora capito - sono solo un muro e non so parlare. Però ascolto e vivo con gli umani, immobile nella mia rigida corazza.

Quante volte ho sentito discorsi di estrema importanza senza poterlo riferire? Quante volte mi sono disperato nel tentare di avvertire gli alunni di ciò che, col il trascorrere del tempo - anche mio nemico - è stato tramato tra queste mura? Ho sentito la morte farsi spazio dalla biblioteca - dove la mia amica libreria piangeva sconsolata - e mi inorridii, contorcendomi nella mia muralità.

E poi, forse il giorno successivo, la mia amica libreria veniva ridotta ad un ammasso di legna marcia ed io le sussurravo di rassegnarsi, perché non avrebbe potuto opporsi al suo triste destino. Avevo maledetto quel mutante oscuro per aver compiuto tutti quegli orribili gesti, per aver tormentato altri suoi coetanei... ma nessuno mi aveva ascoltato, nemmeno quell'antipatica della porta che conduce alla mensa.

The Mirror of Dark MemoriesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora