XXI

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È proprio vero che le cose non vanno mai come uno spera che vadano. Mi chiedo perché, nella mia mente, sembrava tutto così perfetto. Era tutto molto semplice; la canzone sarebbe uscita, Niall mi avrebbe detto che era profondamente dispiaciuto per ciò che avevo dovuto passare durante la mia adolescenza e, infine, ci avremmo riso su. Peccato, però, che di tutto questo, abbia dovuto spuntare solo la voce "la canzone sarebbe uscita". Una su tre. Pessimo risultato.
È stato un lungo mese, tra il loro continuo spostarsi per il tour, e il nostro incessante lavoro per la promozione della canzone. Speravo in un grosso regalo, da parte di qualche entità superiore, per gli sforzi fatti fino ad oggi ma, tutto quello che ho ricevuto, è il telefono del mio ragazzo che squilla a vuoto da due giorni. Non so cosa aspettarmi e nemmeno Louis mi è stato di molto aiuto. "Shay, deve metabolizzare la cosa. Avresti fatto lo stesso anche tu!"
Gran bel casino. Mi ripeto da giorni che, forse, gliene avrei dovuto parlare prima ma non riesco comunque a capire cosa ci sia di così difficile da dover metabolizzare. Cristo, ero anoressica e, si, anche bulimica, ma credo sia davvero esagerata come reazione. Io avrei affrontato la questione con un sano: "perché non me ne hai parlato?" urlato a pieni polmoni. Ma almeno lo avrei fatto. Non so più cosa pensare, mi sento una stupida a parlare con me stessa e la mia testa. Le domande sono sempre le stesse ed anche le risposte; infondo, il mio parere è di parte e, ovviamente, non conta e non può essere preso in considerazione.
Senza molto altro da fare, mi preparo per l'intervista radiofonica a cui io e Ed siano stati invitati questo pomeriggio. Ci siamo accordati nel vederci direttamente agli studi radiofonici, ognuno accompagnato dal proprio manager. Ed è proprio con l'auto di Deb che raggiungo la mia destinazione. Ovviamente mi chiede se abbia sentito Niall e, come da due giorni, la mia risposta è sempre un confuso no. Nemmeno il resto del gruppo e, questa volta, non per volere mio. Cerco di carpire informazioni da lei, ma a quanto pare, le è stato imposto il divieto di farne parola. Oddio, è semplicemente assurdo! Comunque ho deciso di raggiungerli a Milano e, che voglia vedermi o no, ho bisogno di chiarire tutto questo perché, sembrerò anche ripetitiva, ma è assurdo tutto questo. Ed io ho bisogno di spiegargli tutto, dall'inizio alla fine, e so già che non sarà affatto semplice.

Finita l'intervista, nonostante i tanti complimenti, il mio umore non è migliorato e stufa di dover sempre passare per la responsabile di tutto, costringo Deb a chiamare uno dei ragazzi, non m'importa chi. L'importante è che mettano in viva voce e mi lascino urlare: Scusate se non lo urlo ai quattro venti, ma non mi piace raccontare a chiunque che a quindici anni ho passato le pene dell'inferno!
Fortunatamente, Deb acconsente alla mia richiesta e, dopo aver composto un numero, mi passa il suo telefono che, leggo dallo schermo, è indirizzata ad Harry.
"Ciao tesoro!" Introduce.
"Mettimi in viva voce!" Esigo, forse anche troppo duramente.
"Shay, sei tu?"
"E chi altri, se no! Non vi degnate di rispondermi da giorni. Belli amici!" Sputo velenosa. Almeno potrò rinfacciare loro che fanno esattamente quello che faccio io quando discuto con Niall. Infondo siamo tutti bravi a tagliare gli altri fuori dal mondo. "Ora, puoi far in modo che tutti sentano quello che ho da dire, per favore?"
"Non credo sia il caso."
"Ah, no? E pensi che m'importi? Se non vuoi che tutti mi sentano urlare, passagli quel danzato telefono!" Cominciando a perdere lucidità.
"Senti, dovreste parlarne."
"Dio, avevo proprio bisogno di sentirmelo dire, sai?!"
"Shay, smettila!" Mi riprende Deb.
"No, non la smetto perché sta facendo la vittima quando quella che dovrebbe essere accarezzata come un cucciolo in pena, dovrei essere io! E tu lo sai cosa ho passato anche durante la stesura del testo!" Rivolgendomi a Deb ma continuando a tenere ben saldo il telefono all'orecchio. Cerco ti respirare e calmarmi, perché so di poter dire cose di cui poi sicuramente mi pentirò. Conto fino a dieci e poi ritorno a rivolgermi ad Harry. "Senti, Haz. Sto andando all'aeroporto. Prendo il primo aereo per l'Italia è in serata sarò lì. E di al tuo amico che non me ne andrò fino a quando non avremo risolto questa cosa, che lui lo voglia o no!" Chiudendo la telefonata e ridando il telefono a Deb. Mi guarda accigliata ma evito di prendermela anche con lei. Saliamo in macchina e, nel silenzio più assoluto, mi riaccompagna a casa dove butto a caso dei vestiti all'interno di una borsa e mi preparo a raggiungere l'aeroporto. Il tempo di aspettare un taxi e in dieci minuti sono lì. Fortunatamente, il primo volo in partenza per Milano parte tra un'ora, così ho tutto il tempo di fare le cose con calma anche al check-in. Seduta ad aspettare che annuncino il mio volo, ricevo una telefonata da Louis; pessimo tempismo.
"Louis."
"Shay, dove sei?"
"In aeroporto, il mio volo parte tra venti minuti."
"Ascolta..."
"Se hai chiamato per persuadermi a non partire, bhe, stai sprecando tempo. È il mio ragazzo e ho bisogno di capire cosa lo abbia portato a comportarsi così!" Scaldandomi di nuovo.
"Io lo so." E lo sento sospirare, aspettando in silenzio che continui. "Gli ho detto che lo sapevo già. Che tu me lo avevi già confessato. E puoi immaginare la sua reazione."
"Posso, ma non la capisco. Te l'ho detto perché mi hai costretta a farlo o quella sera non mi avresti mai lasciata andare!" Alzando di nuovo la voce.
"Gli ho detto anche questo ma mi ha risposto che non sono io il tuo ragazzo, che avresti dovuto dirlo a lui. Non mi rivolge la parola da quel giorno." E il mondo comincia a cadermi addosso. Sento sulle spalle i primi granelli che prevedono il crollo e non so se sarò in grado di evitare il collasso.
"Lou, te lo giuro, non ce la faccio più! Tutto questo, pensavo di riuscire a gestirlo. Ma forse non ne sono in grado. Non riesco più a stargli dietro e non possiamo fare così ogni qual volta succede qualcosa. Mi sento a pezzi." Trattenendo un singhiozzo.
"Ehi, piccola, si risolverà tutto, ok? Tra un paio d'ore sarai qui e staremo insieme." Sorrido amaramente.
"Quanto vorrei che fosse lui a dirmelo." Lasciando cadere una lacrima che raccolgo subito.
"Lo so. Sta tranquilla, ci vediamo qui in albergo. Fa buon viaggio."
E non so nemmeno come, ma mi ritrovo a camminare verso l'uscita dell'aeroporto di Milano-Malpensa, costatando che ormai qui è quasi buio e che i ragazzi saranno sicuramente già sul palco per la loro prima esibizione italiana. Riesco a prendere un taxi e, comunicata la mia destinazione, cerco di mettere su un discorso in cui non si preveda io che esco di corsa dall'hotel diretta di nuovo qui. So che rientreranno tardi ma, sapendo che sono qui, spero che Niall rientri prima che possa addormentarmi. Ho bisogno di chiarire subito tutto questo. Raggiungo l'hotel e mi viene comunicato che non sono in camera con lui e che me ne hanno assegnata un'altra sullo stesso piano. È per poco non mi sento male. Ok, non mi vuole qui, ma ormai ci sono e dovrà sopportare la mia presenza almeno fin quando non avremo parlato, o discusso, ma sono dettagli questi.
Passo il resto della serata in camera a guardare uno stupido programma alla tivù, guardando contemporaneamente, ogni cinque minuti, anche l'orologio. Ma di Niall nessuna traccia, almeno fin quando, esausta, non mi addormento verso le tre del mattino.
Un bussare insistente mi costringe ad aprire gli occhi. Ancora frastornata dal sonno, cerco di capire che ore siano e, costatato che sono le undici, mi alzo per aprire a colui che spero sia Niall. Ma i miei occhi non incontrano quelli azzurri del mio ragazzo, bensì quelli di Louis che mi stringe in un abbraccio non appena ne ha piena possibilità.
"Mi sei mancata, piccola rompiscatole." E, anche se dovrei essere arrabbiata, non ci riesco e sorrido stringendomi a lui. "Ascolta, io e i ragazzi andiamo a fare colazione."
"Colazione?? Ma se è quasi ora di pranzo!"
"Davvero?? Per me al massimo sarà l'alba. Comunque, Niall è ancora in camera. Va lì e non uscire se non avete sistemato tutto. Chiaro?"
"Cristallino." Facendomi finalmente sorridere un po'. Corro in bagno almeno per darmi una sistemata e poi raggiungo velocemente la stanza di Ni. Senza pensarci troppo, busso e aspetto che venga ad aprire. Non chiede chi sia e per un attimo penso che sia già sceso dagli altri. Poi vedo la porta aprirsi e subito dopo i suoi occhi. S'irrigidisce e mi guarda corrugando la fronte.
"Che ci fai qui?"
"Credo tu lo sappia." Il suo atteggiamento mi ferisce nonostante mi sia preparata psicologicamente ad un suo rifiuto già durante il volo. "Posso entrare, o vuoi che tutto il piano senta quanto siamo bravi anche ad urlare, oltre che a cantare?" Si fa da parte, permettendomi di avanzare e raggiungo il divano sulla quale mi siedo aspettando che lui faccia lo stesso. Ma non lo fa. Resta in piedi abbastanza distante da me e, nonostante non dovrei, mi sento dannatamente in colpa.
"Allora, cosa devi dirmi? No, non farlo, ormai lo so già." Incrociando le braccia al petto.
"E sai anche che avevo 15 anni? Sai cosa ho dovuto passare?" Alzandomi e imitando la sua postura. Continua a guardarmi gelido e decido di continuare. "Sai come mi sentivo? Sai perché è successo? Sai come ne sono uscita fuori?" Aumentando di un tono la voce ad ogni domanda. Si, forza, affrontiamo la questione, tanto è solo Shay a distruggersi ancora una volta. "No che non lo sai. Non sai niente, e pretendi di sentirti offeso perché Louis lo sapeva e tu no."
"Ok, non so niente ma avresti potuto dirlo a me invece che a lui!" E i toni iniziano a scaldarsi da entrambi le parti.
"Louis me lo ha praticamente strappato di bocca."
"Ti ho chiesto della canzone, avresti potuto dirmelo una delle volte che l'ho fatto." Avvicinandosi con fare minaccioso. Reggo il suo sguardo e, mentre rispondo, anche io muovo un passo verso di lui.
"Non è un aneddoto che mi piace raccontare seduta davanti ad una tazza di tea, lo capisci? È doloroso, non mi piace rivivere quei momenti" continuando a camminare inconsapevole di aver iniziato a piangere "non mi piace sapere che non l'ho mai completamente superato e forse non succederà mai. Non potevo parlartene perché avrei dovuto dirti che l'ultima volta che sono stata male è stata per colpa tua!" E ci metto davvero poco a riflettere su ciò che ho appena detto. Lo stesso tempo che impiega lui a sbarrare gli occhi e guardarmi come se fossi un fantasma. Sembra che il tempo si sia congelato lasciandoci immobili, fino a quando Niall non riesce a parlare.
"Quando?" Chiede e non me la sento di dirglielo. So che ormai il dado è tratto ma davvero non voglio che lo sappia.
"Non importa." Dico solamente, abbassando la testa. In un attimo mi raggiunge e mi costringe a guardarlo negli occhi ponendomi di nuovo la stessa domanda.
"Shay, ho detto, quando è successo?" Ma cerco ancora disperatamente di non dargli una risposta. Vorrei liberarmi dalla sua presa ma mi tiene stretta e so che non mollerà facilmente se prima non gli darò una risposta. "Shay..."
"Poco dopo capodanno." Senza riuscire a guardarlo negli occhi.
"Io..." e si allontana, sempre di più "io..." ormai un intera stanza ci divide e non riesco a camminare verso di lui per cercare di fermarlo "devo... ho..." scuote la testa, mentre io non riesco a smettere di piangere "ho bisogno... di... stare da solo..." e poco dopo, lo vedo uscire dalla stanza diretto solo lui sa dove. È andata molto peggio di come avevo sperato andasse. Tra le lacrime non mi resta altro da fare che lasciare la sua stanza, raggiungere la mia, prendere al volo la borsa con quei pochi vestiti buttati al caso, prendere un taxi e ritornare in aeroporto. Si, è proprio questo quello che devo fare. Se solo riuscissi ad alzarmi dal pavimento.

Sulle note del cuore // Niall Horan //Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora