Capitolo 6

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Oggi le lezioni sembrano essere volate in un secondo, forse perché ho avuto nuovamente la testa da un'altra parte e non ho prestato attenzione a nulla. «Edric, sul serio non ricordi niente?». Chiedo sorpresa mentre gli vado dietro.

Dice di non aver visto ciò che è accaduto alla preside. In effetti nemmeno lei sembrava ricordarsi qualcosa e ad un certo punto nessuno dei ragazzi ha più parlato dell'accaduto, pareva che tutti avessero dimenticato ciò che fosse successo. «Sei l'unica a dire una cosa del genere, non è successo niente oggi a scuola». Dice coprendosi la testa con lo zaino a causa della pioggia.

Crede sul serio che io sia pazza, ma sono certa di ciò che ho visto. Non si ricorda nemmeno dello scontro che c'è stato fra Logan e l'altro ragazzo.
Qua c'è qualcosa che non va, è impossibile che tutto l'istituto dimentichi una cosa del genere.

Con Edric ci dividiamo, io vado per la mia strada e lui per la sua. Lui è davvero fortunato a stare a pochi passi dalla scuola, può alzarsi quando vuole.
Vedo Logan passare con la sua bellissima auto rossa davanti a me, fa schizzare l'acqua della strada fino sopra al marciapiede, non si è nemmeno preoccupato di fermarsi per darmi un passaggio.

Sta piovendo, l'acqua viene giù decisa, col suo rumore copre ogni cosa, persino i suoni dell'esistenza quotidiana, le voci, le parole. Viene giù fitta e picchia sull'asfalto come tanti spilli che cadendo con irruenza penetrano il manto stradale. Si infiltra nei negozi, sotto le porte, sprigionando quell'odore di stantio e ammuffito che perfora le narici e le tormenta col suo olezzo. Le foglie degli alberi si muovono con il vento e cadono dagli alberi. Si vedono tappeti di foglie morte, che colorano l'asfalto nero della strada su cui cadono, dando una certa allegria alla città grigia.
L'autunno è per certo la mia stagione preferita.

Arrivo a casa, il mio naso è letteralmente congelato e comincia a colare, sono tutta bagnata e ho bisogno di cambiarmi prima che mi venga un bel raffreddore. «Julie, non ti sei portata l'ombrello, vero?». Mi chiede mio padre.

Ed ecco mio padre, uno degli avvocati più bravi della città e che non sta mai in casa perché è sempre indaffarato con il lavoro.
Ha ancora la camicia bianca per metà abbottonata e la cravatta blu slegata. I suoi capelli neri sono scombinati, come se si fosse appena svegliato, gli occhi verdi sono stanchi e le sue labbra carnose non le vedo incurvate all'insù da tantissimo tempo.

Lo guardo dalla testa ai piedi con riluttanza, odio avercela con i miei genitori ma ultimamente il loro comportamento mi ha irritato abbastanza. «Non pensavo si mettesse di nuovo a piovere dopo stanotte, di certo potevi venirmi a prendere». Rispondo infastidita.

Non sono in vena di parlare ancora con loro, tanto lo so già che non mi diranno mai niente. Vado nella mia camera, sfilo la mia maglietta dalla testa e la butto sul pavimento in parquet. Dannazione, i miei vestiti si possono strizzare benissimo!

Dopo aver finito di studiare sono uscita per prendere una boccata di aria fresca. La pioggia ha smesso di scendere giù e si riesce a sentire l'odore della terra bagnata che proviene dai giardini delle case. «Julie!». Sento in lontananza.

Quando mi volto trovo la mamma di Logan sul vialetto di casa sua. Ha due buste della spesa in mano che sembrano pesanti.
È rimasta sempre la bellissima donna di un tempo, con i suoi lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri/grigi come quelli del figlio, il suo outfit sempre ben curato e l'immancabile trucco nude sul suo viso.
Le vado contro e non perdo tempo ad abbracciarla, mi era mancata così tanto! «Ti do una mano». Dico prendendo un sacchetto dopo averla abbracciata.

Apre la porta e vado con lei. Mi fa così strano rientrare qui dentro, sembra essere passata un eternità dall'ultima volta.
Entrando dalla porta principale, si trova l'ingresso dove c'è un mobiletto ad angolo e una piccola cassettiera sormontata da uno specchio, è rimasta come la ricordavo. «Fai pure come se fossi a casa tua». Risponde accendendo la luce.

Di fronte all'ingresso c'è la cucina, che si affaccia su un balcone, con un tavolo, la TV e due grandi mobili su pareti opposte.
Poso la busta sopra il tavolo da pranzo e non smetto di guardarmi attorno, di notare che le pareti sono ancora di quell'arancione bizzarro che avevamo scelto io e suo figlio. «È così strano tornare qua dopo anni». Faccio un piccolo sorriso.

Le do una mano a disfare la spesa.
L'aiutavo spesso anche prima che se ne andassero. Questo perché la signora Dixon è sempre stata da sola, oltre a Logan non ho mai visto nessuno frequentare questa casa.
Non so dove sia suo marito, non l'ho mai conosciuto e Logan non me ne ha mai voluto parlare. «Non dirlo a me, devo ancora finire di pulire casa», risponde aprendo la dispensa. «Ieri ho provato a venire in casa tua per salutarvi, ma non ha risposto nessuno».

Perfetto, nonostante siano passati degli anni, mia madre continua a voler fare l'antipatica con la signora Dixon. «Magari mia madre era uscita un attimo per sbrigare delle faccende», la giustifico. «Come è stato tornare di nuovo qui?».

Ha qualche ruga sul viso adesso, ma nonostante ciò è sempre la stessa bellissima donna educata e gentile di qualche anno fa. Almeno a lei il tempo non l'ha cambiata.
Ho sempre invidiato Logan per sua madre: è sempre disponibile, presente con suo figlio, dolce, riesce ad ascoltarti. L'opposto della mia, finge di ascoltarmi e non dialoga mai con me. «Mamma, hai portato ciò che ti avevo chiesto?». Sento qualcuno non molto lontano da me.

Quando mi volto trovo Logan davanti la porta che sembra essersi svegliato appena.
Indossa una canottiera bianca che mette in mostra le sue braccia muscolose e dei pantaloni blu abbastanza larghi. «L'ho dimenticato, scusami tesoro, se vuoi passo a prenderla». Dice dispiaciuta.

Tipico di ogni genitore...
Lui scuote la testa e fa una smorfia. «Grazie eh». Risponde infastidito.

Poi se ne torna da dove era venuto.
Non mi ha nemmeno degnata di un piccolo sguardo, stronzo! «Si è arrabbiato... come sempre nell'ultimo periodo!», dice abbattuta. «Perché non vai da lui? Alla spesa ci penso io. Sicuramente tu sei molto meglio di un barattolo di nutella». Mi fa l'occhiolino.

Che carina che è, sono felice di averla incontrata.
E lui poi? Non è cambiato il suo gusto per le cose dolci. Almeno questo...
Vado verso la camera di Logan, mi fa strano ripercorrere tutto questo corridoio, ho dei piccoli ricordi in testa che riemergono ad ogni passo, provo nostalgia di quei tempi.

Inghiotto la saliva e raddrizzo le spalle prima di sollevare il pugno che toccherà la porta di Logan.
Mi faccio coraggio e busso alla porta. «Hai intenzione di perseguitarmi ancora per molto?». Mi chiede con la sua voce profonda.

Me lo ritrovo alle mie spalle, mi ha spaventata. «Sii più gentile». Dice sua madre dall'altra stanza.

Lo guardo tenendo la testa piegata in su, è davvero tanto alto e mostruosamente bello.

Stupida, lui ti tratta male e tu pensi a questo?

Restiamo ancora qualche istante ad osservarci senza dire niente. «Farai meglio a tornartene a casa, tua madre sarà preoccupata», si fa spazio accanto a me e apre la porta della sua camera. «Ciao!». La chiude letteralmente davanti la mia faccia.

Rimango scioccata dal suo gesto e dalla sua maleducazione.
Torno da sua madre, sono stanca di tutto questo, ho voglia di tornare in casa. «Non è andata bene?». Mi chiede dispiaciuta.

Scuoto la testa e faccio un sorriso per risollevarle il morale. «Mi sono ricordata che ho una cosa da fare, ci vediamo presto però. Se vuoi posso aiutarti con la casa un giorno di questi».

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