In viaggio verso New York.

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Fort Collins, Colorado.
Questo diceva l'informazione riportata sulla sua pagina di Facebook, dove l'avevo cercata. Non era stato difficile, mi era solo bastato digitare il suo nome e il suo cognome da nubile ed eccola lì: Lydia Priest, la prima della lista. Nella foto stringeva a sé due bambine, gemelle, che avevano approssimativamente cinque anni. Si era risposata, aveva due figlie e una nuova vita in un bel quartiere residenziale in una zona periferica della città; questo era quello che mi aveva riferito l'investigatore privato che avevo assunto. Era felice, amava ed era amata, potevo vederlo nelle foto che mi aveva mandato.

Tre anni, erano passati esattamente tre anni da quando avevo fatto quella scoperta. Tre anni da quando un aero si era portato via Alexandra. Tre anni da quando lei mi aveva abbandonato, per frequentare la Columbia e vivere la sua vita lontana da casa. Da me.
Tre anni da quando ero rimasto completamente solo a Los Angeles, senza il mio migliore amico e mio fratello su cui fare affidamento.
Era stata la solitudine a spingermi a cercarla nella speranza di scoprirla sola ed infelice come me, ma lei non era sola ed infelice. Avevo guardato quelle foto con nostalgia ed un profondo senso di mancanza nel petto, tutto quello mi era stato portato via e nessuno me l'avrebbe mai restituito. Quella donna non era mia madre, non più. Quella consapevolezza gravò sul mio sterno per giorni, impedendomi di respirare correttamente ed annebbiando tutti i miei pensieri. Fui tentato di partire per andare da lei, volevo vederla ed accertarmi che stesse bene e che il suo nuovo marito non fosse un bastardo, come mio padre. Mi sarebbe piaciuto incontrare le mie sorelline, portare loro un bambola e qualsiasi altra cosa in grado di strappar loro un sorriso e darmi la possibilità di scavarmi uno spazio nel loro piccolo cuore. Ma, con la stessa rapidità con cui si erano formati, accantonai quei pensieri. Non ero abbastanza per lei, non lo sarei mai stato. Non poteva essere diversamente, o non ci avrebbe mai lasciati. Non mi avrebbe mai lasciato. Quelle riflessioni erano rampicanti di edera velenosa, crescevano nel mio cuore e lo stringevano nella loro morsa. Ne ero certo, non sarei mai stato capace di amare e di farmi amare da loro. Così, mi ero fatto da parte, avevo preso tutti i fogli e le foto che l'investigatore mi aveva mandato per mail e li avevo messi dentro una vecchia scatola delle scarpe, che avevo riposto sotto il mio letto e lasciato lì ad accumulare polvere.

Fino a quel momento. Non l'avevo nemmeno deciso. Non consapevolmente, comunque. Stavo viaggiando verso New York, un viaggio lungo e faticoso, da una costa all'altra solo per non lasciare indietro la Dodge -la mia bambina- e portarla con me in quella nuova avventura; quando mi ero trovato a passare da lì.
Non era programmato che mi fermassi, non ancora. Avevo preparato un itinerario di viaggio e la mia sosta successiva era fissata a Denver, a novanta chilometri da Fort Collins. Ma, quando avevo letto il cartello che mi dava il benvenuto in città, i volto sorridente di mia madre si era materializzato nella mia mente. Prima di partire avevo recuperato la scatola, -ero intenzionato a portarla con me per paura che la trovasse mio padre, anche se dubitavo che si sarebbe messo a frugare in camera mia, non ci aveva mai messo piede in vent'anni di vita-, che giaceva accanto a me sul sedile del passeggero.
Mi fermai, spensi la macchina e la presi in mano, per poi posarmela sulle ginocchia. Sollevai il coperchio e tirai fuori la cartellina gialla in cui avevo riposto il fascicolo, per leggere l'indirizzo riportato tra le informazioni stampate sulla prima pagina. Lo impostai sul navigatore e seguii le indicazioni della voce, fino al luogo predefinito.
Non mi fu difficile trovare la casa, il tocco di mia madre era inconfondibile. Parcheggiai, e la osservai attraverso il vetro del finestrino. Era una viletta come tante altre, bianca e con un porticato sul quale era sistemata un'altalena di legno. Delle rose rampicanti crescevano su un lato della casa, occupandone quasi interamente la facciata. Quello che mi colpì, e mi assicurò che si trattasse delle casa in cui viveva mia madre, fu il giardino sul davanti. Era un tripudio di colori, piante e fiori di ogni tipo crescevano lungo tutto il perimetro dell'inferriata.

All'improvviso, la porta si aprì e due bambine identiche e dai capelli scuri legati in due codine ai lati della testa, scesero gli scalini e raggiunsero il cortile. Dietro di loro, Lydia. Indossava una salopette di jeans vecchia e consumata, con una t-shirt grigia e dei guanti  da giardinaggio. La sua bocca si aprì, disse qualcosa e le gemelle sorrisero ed annuirono, per poi tornare dentro la casa ed uscirne qualche minuto dopo ognuna con un paio di guanti in mano. Solo in quel momento mi accorsi che le mie sorelline indossavano una tenuta simile a quella di mia madre, e le mie labbra si incurvarono in un sorriso.
Con il pensiero tornai indietro nel tempo, ad anni più felici, a lei nel giardino della casa che avevamo condiviso ed Alexandra che la seguiva come un'ombra mentre si occupava delle piante.
Il cuore si strinse in una gelida morsa e le lacrime mi velarono gli occhi, offuscandomi la vista. Chiusi le palpebre e cercai di scacciare quel dolore che minacciava di lacerarmi dall'interno, per dilaniarmi il petto. Appoggiai la testa contro il volate ed attesi, concentrandomi sulla respirazione. Quando il dolore si fu placato, aprii gli occhi e tornai ad osservare la scena. Guardai le bambine trottare dietro la madre lungo tutto il perimetro, con gli sguardi carichi di ammirazione ed amore. La veneravano, proprio come un tempo facevo anch'io. Jane ed Elizabeth, questo diceva il fascicolo, pendevano dalle sue labbra ed eseguivano i suoi ordini senza esitazione. Mia madre sorrideva, felice. Era felice. Lo era da anni, senza di noi. Era andata avanti e non mi importava che l'avesse fatto senza guardarsi indietro, mi bastava sapere che aveva trovato la felicità. Attesi fino a quando non furono rientrate, poi accesi il motore della macchina e me ne andati.

Se lei è andata avanti, posso farlo anch'io, pensai allontanandomi da mia madre e della sua nuova famiglia.
Ed era quello che avrei fatto, a New York.

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