III

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Sul serio... Cotard?

Merda, ma dove cazzo sono finita?

Doveva essere una terapia di gruppo per chi ha problemi di gestione della rabbia, non un centro di accoglienza per malati mentali!

«Scusa l'ignoranza, ma di cosa si tratta?» le domanda Ally, sorridendole. Camila non la guarda nemmeno, ha lo sguardo fisso di fronte a lei, in un punto imprecisato tra me e la ragazza di colore.
Dopo qualche secondo sembra nuovamente risvegliarsi da uno stato di trance e, guardandomi, dice:

«Perché non glielo racconti tu, Occhi verdi? Sembri sapere tutto, dille cos'ho».

Ma cosa cazzo le prende? Che le ho fatto adesso?

Mi avrà vista spiazzata quando ha nominato la malattia?

Rimango un attimo sbigottita, ma poco dopo mi riprendo e decido di assencondarla.

«D'accordo, Camila» dico, enfatizzando il suo nome. Aspetto qualche minuto, giusto per far sì che almeno tre di loro pendano dalle mie labbra, e in seguito riprendo a parlare.

«La sindrome di Cotard porta la persona che ne è vittima a credere di essere morta, di non esistere più o, in alcuni casi, di aver perso tutti gli organi interni... Tipicamente chi soffre di questa patologia arriva a negare totalmente di esistere, cosa che comporta molta difficoltà a trovare un senso alla realtà. È anche conosciuta come "Sindrome dei cadaveri che camminano"» dico, osservando Camila. È sia sorpresa, anche se non saprei dire se per la mia conoscenza in questo campo o perché si ritrova in tutto ciò che ho detto, sia infastidita, ma non ne capisco la motivazione.

Sarà perché le ho tenuto testa?

Ma tesoro, non aspettarti mai di essere avvantaggiata in una discussione con me, nemmeno fossi Dio o Lana Del Rey. Io vinco sempre.

«Ti ho soddisfatta o devo proseguire?» le domando, riservandole un sorriso freddo tanto quanto falso.
Rimane sbigottita.

Dio, quanto vorrei sapere cosa sta pensando...

Ed ecco che si comporta in un modo che, sinceramente, non mi sarei mai aspettata.

Mi sta davvero ripagando con la stessa moneta?

Oh cara, non ti hanno mai detto che non si gioca con il fuoco?

«No Occhi verdi, direi che può bastare» e mi riserva lo stesso sorriso che io le ho fatto poco prima.

Le altre ragazze hanno notato la tensione, almeno credo, per questo la ragazza di colore riprende a parlare.

«Va bene, ragazze. Mi dispiace Camila, spero che queste terapie di gruppo possano aiutarti. Comunque, vuoi aggiungere qualcos'altro su di te?» le domanda cordiale la nera, sorridendo. Di nuovo.

Camila sembra ponderare una risposta adatta. Per provare a comprendere qualsiasi cosa le stia passando per la testa in questo momento, provo a creare un contatto visivo. Nulla. Si trova nuovamente in trance, proprio come poco fa. Dopo qualche minuto, tuttavia, sembra riprendersi.

«Dovrei? Non mi pare che le altre abbiano aggiunto chissà cos'altro riguardo la loro vita personale» ribatte la ragazza, incrociando le braccia.

Di certo non le manca il carattere...

«Va bene, Camila. Suppongo sia giunto il mio turno?» dice la ragazza di colore, dando poco peso all'intervento di Camila. Quest'ultima torna a fissare un punto vuoto dinnanzi a sé.

Ma come diamine fa a cambiare di netto così rapidamente?

«Sembrerebbe» commento, lanciandole uno sguardo di sfida. La ragazza fa finta di nulla.

The Perks of Having a Mental DisorderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora