41 - Trattenere

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Non mi baciò.
Strinsi i pugni a ripensarci, maledicendo quell'essere atterrato sul mio tetto svariato tempo addietro.

<<Aurora, sei pronta?>>.
Spalancai la porta di colpo e Trevor rischiò probabilmente di morire d'infarto, se il suo cuore fosse stato ancora vivo.
<<E che è successo oggi? Sei già in piedi, bene>>.
Non emisi un solo fiato mentre uscivo e mi dirigevo verso le scale. Fu lui a seguire me e non il contrario, ero ancora furiosa. Una notte passata a rigirarmi nel letto non era bastata, con gli occhi sbarrati ed i denti stretti. No, continuavo ad imprecare mentalmente, trattenere le lacrime e desiderare di smetterla di ricamare voli pindarici nella mia testa.

<<Sei di buon umore, vedo>>. Eravamo da soli, ero l'unica matricola rimasta di quello che era stato il mio iniziale gruppo. Questa volta Trevor non aveva nessun foglio tra le mani e sembrava rilassato. Camminava lento, aumentando, in questo modo, il mio livello di nervosismo.

Ero impaziente d'arrivare ovunque dovessimo andare, prendere qualcosa tra le mani e spaccare un muro. Ma perché solo quello? Perché non l'intero castello?
Perché non uccidere di nuovo?
Frenai quel pensiero e respirai a fondo, cercando di scacciarlo. Dovevo smetterla, dovevo calmarmi. Non potevo continuare a grugnire, sbraitare, dovevo mantenere un briciolo di decenza, almeno in presenza d'altri.

Trevor aveva le mani in spessi jeans neri e camminava guardandomi dritto per dritto. Non era molto alto ed il fatto che lo avessi beccato a fissarmi non lo scoraggiò dal continuare.

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Non mi baciò, no, non lo fece.
"Sono quasi certo di volerti baciare", aveva detto. Io avevo sorriso, probabilmente come un'idiota, a ripensarci, possibile che il mio sguardo intimidito fosse diventato ancora più morbido.
Avevo iniziato a tremare, ma ero in attesa, non potevo non esserlo.
Mi feci una rapida domanda: "Lo voglio anche io?". La risposta mi sembrò abbastanza scontata.

Ero lì, sotto di lui, avevo smesso di respirare. Il suo viso era contratto e preoccupato, ma i suoi occhi erano persi da qualche parte sul mio viso. Io li muovevo nervosamente, provando a non soffermarmi solo su una delle sue iridi nere. Volevo che mi baciasse, ogni fibra del mio corpo lo richiamava.
"Fallo", ripetevo mentalmente.

Per una vita avevo pensato d'amare una persona, non rendendomi conto di quanto quel sentimento fosse solamente e semplicemente sbagliato. Un'ossessione, nulla di più, ma nulla di meno. Una tremenda ossessione compulsiva, stalking, forse, ero malata. Cos'era quindi l'amore? Potevo dichiarare di saperlo?
Il contatto caldo di Giotto alla sera? Oppure quello che avevo letto fin'ora nei libri?
O forse Nathan?

Nessuna affermazione stupita da parte del mio conscio, nessun banale ed ipocrita "Oh, ma come mai arrossisco ed il mio cuore batte così forte? Mi starò forse innamorando? Ma no. O forse sì?". Ridicolo. Anche perché il mio cuore non batteva ed io non ero arrossita.

Sì, io mi stavo innamorando di Nathan. E lo avevo capito anche da morta.

E quindi ancora sì, volevo che mi baciasse, lo volevo tremendamente. Tanto che per un istante pensai di sporgermi e far da me il primo passo.
Lui era ancora lì, sempre più vicino, ma il suo sguardo sempre più confuso e lontano. Mi stava scivolando tra le mani.
"No, fallo", supplicavo nella mia testa.

Più di una volta le sue labbra mi avevano richiamata, ma mai avevo osato avvicinarmici troppo. Il ricordo del mio primo bacio ancora mi stuprava la pelle: Zeno. Escludevo a giusta ragione tutti i baci più o meno casti che la mia Voce si era scambiata con vari uomini nei locali, non mi interessavano, non ero stata io, non erano stati miei.
Zeno era stato l'unico a prendersi quella prima sottovalutata volta. Il mio primo bacio.
Avevo tremato, in quell'istante, ma mi sembrò una reazione sciocca la mia, vista ora, lontana nel tempo. Tipico, si fa qualcosa e, solo a distanza di anni, salendo su un piedistallo di infinita saggezza, si conviene: <<Che sciocca che ero>>. Questo è il potere dell'oggettività.
Quel bacio con Zeno non poteva non essere stato il gesto più innaturale ed improbabile che mai avessi fatto, pari solamente all'uccidere. Quell'ossessione aveva avuto la copertina di una storia d'amore romanzata: il ragazzo della porta accanto; il bambino che cresce e diventa uomo, e sembra vedere per la prima volta la donna che da sempre lo stava osservando; un amore impacciato, impossibile, che non avrebbe potuto far altro che inciampare su se stesso.

Aurora - Silenzio e Voce [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora