25 - Impazzire

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Non sarei dovuta intervenire.
Non avrei dovuto far nulla di diverso dal mio lavoro.
Non mi sarei dovuta voltare a guardare.

Sciocca Aurora.

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Ero a lavoro, era ora di pranzo e pioveva a dirotto. La gran parte delle persone che erano venute a mangiare decisero di accomodarsi all'interno, piuttosto che farsi un bagnetto all'esterno.

Lanciai un'occhiata scocciata a Zeno che, scrollando l'ombrello, entrava all'ingresso.

Deborah mi passò accanto portando dei piatti fumanti, lanciandomi un'occhiata perplessa.

Da quando si era scontrata con la mia Voce avevo faticato ad interpretare le sue espressioni. Forse l'aveva spaventata quanto bastava, forse aveva esagerato.
In ogni caso, non lo avrei mai saputo. 

Scossi le spalle e continuai a prendere le ordinazioni.

Mi chiedevo perché quel tizio non avesse deciso di cambiare luogo dove mangiare, ce n'erano tante di tavole calde, di bar, di ristoranti, di fattorie dove quel maiale si sarebbe potuto sfamare.

Avevo fame. Entrai nella cucina ed afferrai una rondella di carota tra le tante che aveva affettato Sergio. Mi guardò divertito, mentre tornavo nella sala, masticando. Gli lanciai un sorriso.

<<Vuoi la solita insalata?>>: chiese Deborah ad un Zeno umidiccio e con i lunghi capelli arruffati. Passai loro accanto e lui mi richiamò: <<Ehi, tu, cameriera>>.

Feci finta di non sentirlo ed andai oltre.

Deborah mi riprese: <<Aurora, ricominci a parlare e perdi l'udito? Vieni qui, il cliente ti ha chiamata>>. Roteai gli occhi e feci dietrofront.

Scrissi: "Sì?". Zeno mi fece un gesto: <<Puoi prestarmi un foglio e la penna?>>. Presa dal ricordo di quel giorno in cui mi chiese la medesima cosa, per lasciarmi quell'insulso biglietto, sollevai il labbro disgustata.

Guardai Deborah, anche lei aveva un taccuino per prendere le ordinazioni. Perché aveva dovuto richiamare me?

Scocciata strappai un pezzo di carta e glielo sbattei sul tavolo.

<<Più adagio>>: mi rimproverò la ragazza.

Mi allontanai.

Probabile che lo avesse fatto solo per infastidirmi. Quel suo comportamento, quel suo tornare ogni giorno a pranzare qui, mi facevano pensare che stesse cercano di infastidirmi. Non aveva capito che più lo avrebbe fatto e più io avrei fatto mettere le alici, che lui non mangiava, nella sua insalata.

<<Tieni, per te>>, sentii dire. Mi fermai e mi voltai leggermente.

Zeno stava porgendo un bigliettino piegato a Deborah. Lei arrossì, si allontanò leggermente, lo lesse e la sua espressione imbarazzata aumentò. Però sorrise.

Mi si strinse il cuore. Non capii se si trattasse di disgusto, di confusione o, peggio, di gelosia. Seppi soltanto che strinsi i pugni e mi diressi verso di lei.

Mi piace pensare che quello che mi spinse a farlo fu che non volevo che quella ragazza facesse la mia stessa fine: una ragazza imbecille che non distingueva il bene dal male, una ragazza che sarebbe finita fin troppo facilmente a letto con Zeno, senza neppure rendersene conto.

Mi piace pensare che, sebbene lei mi avesse maltrattata per tutto quel tempo, io ero migliore, io ero superiore e volevo proteggerla da lui.

Probabilmente non fu questo il motivo per il quale intervenni. Quasi sicuramente fu perché ero gelosa, adirata, rancorosa.

Aurora - Silenzio e Voce [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora