September Morn.

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Poi il caso decide di uccidere qualcuno.

E intanto la vita continua.

Stava lavorando con Jess ad un importante progetto dalle otto di quella mattina, era sfinito ed aveva necessariamente bisogno di una pausa.

In quell'istante entrò Zayn.

"Liam ti va di mangiare fuori oggi? Così ne approfitto per farti vedere un altro angolo di New York." Gli chiese, mostrando un bellissimo sorriso.

Liam annuì, sorridendo di rimando.

"Ho proprio bisogno di una boccata d'aria!" esclamò, congedando così il moro.

Nel contempo Jess studiava i due in silenzio.

Non appena rimasero solo, la ragazza prese parola.

"E' simpatico Zayn, vero?" gli chiese.

"Dove vuoi arrivare, Jess?" fece Liam.

"Ehi non si risponde ad una domanda con una domanda, non te lo hanno mai detto?!"

Il biondino rise di gusto.

"Che tipo è?" chiese di getto, senza rendersene conto.

"Zayn? Non lo conosco molto bene. Cioè sì, però è... complicato da spiegare. E' molto introverso, sappiamo pochissimo sulla sua famiglia o sulla sua vita privata in generale.

Gli piace divertirsi con noi, ma niente più. E'molto professionale, anche se non si direbbe."

Liam annuì, ringraziando con lo sguardo l'amica circa le informazioni che gli aveva dato.

Quel giorno Zayn lo aveva portato a Ground Zero: gli aveva detto che era una tappa obbligatoria, per americani e non.

Arrivati a destinazione, Liam aveva provato una sensazione indescrivibile: il silenzio regnava sovrano, in quell'area i tipici clacson dei taxi gialli non suonavano, il caos sembrava non esistere, tutto era immobile.

Si respirava un'aria particolare, come se il disastro dell'11 Settembre, che aveva lasciato quella voragine nel cuore di ogni persona, fosse accaduto esattamente qualche minuto prima.

Invece erano passati 11 anni.

I bordi delle piscine che costituivano il Memorial erano delle placche di bronzo in cui vi erano incisi i nomi delle 2.947 vittime di quel tragico lunedì di Settembre.

Zayn si era allontanato da Liam qualche minuto prima, per avvicinarsi poi ad una di quelle lastre e sfiorare uno di quei nomi.

Liam gli si avvicinò in silenzio.

"Avevo 8 anni. Ero appena tornato da scuola quando quel maledettissimo aereo colpì la prima torre. Entrando vidi mia madre in un angolo del divano in salotto, i singhiozzi che la scuotevano ogni secondo. Era incinta di Safaa all'epoca, credevo stesse male per quello. Poi vidi le mie sorelle più grandi di fronte la tv, assenti, assistere in silenzio al secondo schianto."

Gli occhi del moro iniziarono a riempirsi di lacrime, continuava a passare le sue dita fra quelle lettere di ferro. Il biondino abbassò lo sguardo sulla scritta.

Recitava Yaser Malik.

"Sai, Liam, mio padre era la persona più altruista che io conoscessi. Per questo aveva deciso di fare il poliziotto: doveva aiutare a mantenere l'ordine pubblico e far si che la gente potesse vivere bene. Per questo aveva deciso di accettare quel posto di lavoro come guardia in quella banca, in quel fottutissimo 120esimo piano della torre numero uno. Quel lunedì stava sostituendo uno dei suoi colleghi che si era dato malato."

Take Care. |Ziam Mayne|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora