Prologo

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Levi


Il freddo vento dell'arida brughiera mi congelò le ossa, destandomi dal sonno in cui ero appena caduto. Mi sollevai a sedere, intirizzito e con le giunture doloranti a causa dell'ennesima notte trascorsa all'addiaccio.

Mandai uno sbuffo che si condensò in una nuvoletta leggera e gettai la testa all'indietro, puntando gli occhi sul cielo che mi sovrastava: il pallido sole autunnale cominciava a palesarsi da dietro le nubi, striando quel blu con centinaia di sfumature rosate; era dannatamente presto, persino per me.

Mi soffiai sulle dita che sbucavano dai guanti bucati e sfregai le mani tra loro, nel tentativo di riscaldarle. L'aria mordace mi scompigliò i capelli, prima di infilarsi, dispettosa, nel colletto del mio giaccone; rabbrividii, sollevandomi di scatto.

Furlan dormiva ancora. Mi chiedevo spesso come riuscisse sopportare quel gelo tanto bene, prima di ricordarmi che, al contrario di me, lui non aveva mai avuto una casa.

E neanche un posto in cui tornare.

Lui conosceva solo questo.

Scossi la testa, scacciando quelle smancerie dalla testa e mi chinai su quella figura dormiente sepolta sotto nuvole di coperte.

<<Furlan, sveglia>> borbottai.

Mi rispose un secco russare.

<<Furlan!>>

Lo guardai stringersi maggiormente nelle coperte, nascondendo il viso alla mia vista, quasi cercasse di sfuggire all'inevitabile sveglia. Schioccai la lingua contro il palato e lo colpii.

Sulla schiena con uno dei miei terribili calci.

<<Furlan!>>

Scattò seduto, con gli occhi spalancati e un grido di dolore che gli aleggiava sulle labbra bluastre. Mi sfuggì un ghigno divertito:

<<Buongiorno>>

Furlan mugugnò una parolaccia e si stropicciò gli occhi stanchi, tentando di mettermi a fuoco:

<<Maledizione Levi...che ore sono?>>.

Mi passai una mano fra i capelli in disordine, soffermando lo sguardo sul suo volto acerbo: aveva compiuto ventidue anni l'inverno precedente ma, sul suo viso, la giovinezza era offuscata da un'aria fin troppo matura.

Era magro, forse troppo, ma sulle braccia e sulle gambe si potevano scorgere muscoli allenati, seppur nascosti dagli ingombranti vestiti invernali.

Era piuttosto alto, ben più di me e aveva il viso affilato, dalla carnagione candida, con due grandi occhi azzurri, su cui ricadevano, di tanto intanto, i suoi ribelli capelli biondi.

Il naso era dritto, con la punta che tendeva verso l'alto mentre la bocca era sottile, di un delicato color rosa.

<<E' l'alba. Ci rimettiamo in marcia>>

Furlan mandò uno sbuffo e si affrettò ad alzarsi: radunammo i nostri pochi averi e dopo averli ficcati negli zaini, ce li gettammo sulle spalle, insieme ai fucili.

Le strade, dopo l'ultima guerra, non erano più sicure per viaggiatori come noi.

Soprattutto da quando il numero di rapimenti di ragazze e ragazzi era cresciuto con la comparsa dei cacciatori di tesori.

Una scarica gelida mi attraversò la schiena, facendomi digrignare i denti: brutto segno...

<<Ehi, tutto bene?>> la preoccupazione nella voce di Furlan mi riscosse dai miei cupi presentimenti, facendomi incrociare quegli occhi color del cielo.

Annuii piano, restando chiuso nel mio mutismo.

<<Vuoi mangiare qualcosa? Stamani sei più pallido del solito...>>

Soffocai un ghigno mentre su quel viso amico si apriva un sorriso divertito; scossi il capo.

<<Sei sicuro? Non sappiamo quando potremmo mangiare di nuovo>>

Affondai il viso nel colletto del giaccone, ignorando le sue parole; poi gli rivolsi quel che, a mio avviso, doveva essere un sorriso:

<<Dove vuoi andare oggi?>>

Era la nostra domanda di rito.

L'unica cosa che ci permetteva di sognare di avere ancora il controllo su qualcosa.

Furlan arricciò il naso, con fare pensoso, mordicchiandosi il labbro con i piccoli denti bianchi; da quando lo avevo costretto a perdere l'odioso vizio di mordicchiarsi le unghie, a causa del fastidioso rumore che produceva, aveva cominciato con labbro.

Solo raramente lo sorprendevo ancora con le dita in bocca.

<<Mare?>> propose speranzoso.

Sbuffai un debole: <<Tsk>> che lo fece esplodere in una risata divertita.

<<Non sarebbe meglio visitare qualche posto nuovo? Chessò...il deserto... le montagne del nord...>>

<<L'oceano?>> tentò ancora, guardandomi con una fanciullesca smorfia da cucciolo abbandonato.

Sorrisi tra me e me, incamminandomi verso la brughiera.

Stavo viziavo troppo quel ragazzino ostinato.

<<E sia. Andiamo a vedere l'oceano. Di nuovo>>

Furlan scoppiò a ridere e, dopo avermi scompigliato i capelli, mi superò, gridandomi di sbrigarmi.

Rimasi un istante a guardarlo, con una mano ferma fra i capelli in disordine e la bocca aperta in un'espressione di sorpresa; era passato tanto tempo dall'ultima volta che mi ero sentito così...

Sereno.

<<Sbrigati nanerottolo!>> mi raggiunse l'allegra voce di colui che, ormai, consideravo un fratello.

Presi a correre.

Lasciai che il vento mi accarezzasse il viso, cancellando ogni preoccupazione dal mio viso stanco. Furlan aumentò l'andatura, spronandomi a fare lo stesso.

Eravamo soli. Ma la nostra amicizia era la forza che ci permetteva di andare avanti.

Di sperare in un futuro migliore.

Eravamo come due naufraghi ma, per me, lui era un'ancora di salvezza.

RVC

Così si conclude la prima parte.

Spero che la storia risulti piacevole e, nei prossimi giorni, cercherò di pubblicare le parti successive.

A presto!!!!

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