Perché non avevo niente se non l'amore. Il suo glorioso amore.

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"E se ce ne andassimo? Tipo lontano da qui, per esempio... Uhm... In America! Lì non ci troverebbero mai, sai? Potremmo cambiare pure nomi"

La vidi ridere forte, stringendomi un braccio con le sue mani affusolate. "Ma tu sei pazzo? E per star bene dovremmo andarcene fino in America?"

Sospirai, appoggiando la testa sul prato. "Questo paese mi ha stufato, mi sta stretto"

Si sollevò un po', appoggiando le braccia incrociate sul mio petto per appoggiarci il mento su, poi allungò un dito vicino alla mia guancia e lo fece scorrere tra una ciocca di capelli. "Ne sei sicuro?"

Socchiusi gli occhi. "Mi sento sbagliato" – borbottai, aggrottando le sopracciglia. "Totalmente, Rose. E' come se pur di ottenere le cose che amo debba sempre rovinare tutto"

"Tutto che?" – domandò, abbassando la testa.

"Tutto tutto" – la incalzai. "Tipo tutto. Insomma, è come se per raccogliere un fiore in mezzo a un prato debba prima mozzare lo stelo a tutti gli altri. Un macello" – brontolai, girando la testa.

"Oh, ma adesso vuoi rovinare pure la serata? Non ci pensare ai problemi" – e la ritrovai a cavalcioni sul mio busto.

"Non eri tu quella che voleva sapere tutto quello che mi passava per la testa?"

"Sì, ma ora proprio no! Dovresti rilassarti e abbracciarmi, piuttosto" – bofonchiò, schiaffeggiandomi la fronte con la punta delle dita.

Misi un broncio serio. "Giù le mani dalla mia faccia, manesca"

E lo fece di nuovo.

Mi sollevai un po', mettendo gli avambracci sul terreno e facendo pressione. "Senti, solo perché non replico a gesti non vuol dire che non mi dia fastid-" – e un altro schiaffo.

Si mise a ridacchiare cercando di spostarsi, ma riuscii ad afferrarle un polso in tempo per tirarmela di nuovo vicino. La bloccai sotto al mio corpo, tenendo le mani ben aperte sul suolo erboso che profumava di umido. Lei, nel frattempo, si preoccupava di supplicarmi di spostarmi e di fingere le migliori scuse che avesse in mente, soffocando in modo del tutto inutile una piccola risata.

E io la seguii, ammorbidendo l'espressione sul mio viso. Perché con Rose non ci riuscivo a stare imbronciato o solo nervoso, ché lei non me lo permetteva neanche volendo.

"Impertinente" – la punzecchiai, facendo finire una mano sul fondo della sua schiena.

"Permaloso" – e si mise a ridere, di nuovo.

Sbuffai. "Non sono permaloso"

"E' la cosa più stupida che tu abbia mai detto!" – alzò un poco la voce.

Sorrisi. "La vuoi sentire una cosa ancora più stupida?"

La vidi annuire, mentre gli occhi le brillavano di curiosità e impazienza. La feci finire sul mio petto, girandomi mentre tenevo ancora una mano dietro alla sua schiena. Le misi una mano sulla guancia e cominciai a sentirmi tremare le dita e tutte le gambe, mentre una strana sensazione mi scivolava lungo tutta la pelle della del dorso fin su la punta dei capelli.

Eppure, che mi costava? Se ci stavo bene, era pur sempre una gran cosa farle sapere che non volevo muovermi da lì. Un modo implicito per riferirle – senza arrossire o balbettare visibilmente – che di quelle serate ne volevo mille e più, tante quante i giorni che mi restavano.

M'aveva detto di non pensarci ai problemi, di focalizzarmi su di lei e su quella serata. E quindi, mi sarei limitato a sussurrarle parole che non sarei stato in grado di pronunciare ad alta voce vicino all'orecchio, giusto per sentirla fremere sotto le mie mani.

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