Capitolo 2: "Un volto tanto amato."

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Mi guardo intorno, ma vedo solo buio.
Sono sola, persa in chissà quale luogo oscuro.
"C'è qualcuno?" Domando, con voce incerta.
Nessuna risposta. Continuo a cercare un barlume di luce in questo luogo dominato dal buio, ma niente.
Il panico comincia a farsi strada dentro di me, come una morsa gelida e feroce.
Poi, improvvisamente, sento una voce chiamarmi, fin troppo familiare alle mie orecchie.
Mi volto e lo vedo.
Evan.
Il mio Evan, che mi sorride e tende le braccia verso di me, come per invitarmi ad abbracciarlo subito. Gli corro in contro, con gli occhi appannati dalle lacrime. In tutta la mia vita, non penso di aver mai corso cosi veloce, e quando finalmente lo raggiungo e lo abbraccio, il vuoto nel petto, che la sua mancanza ha causato, sembra riempirsi. Lo stringo così forte da temere di stritolarlo e cado in un pianto isterico.
"Evan...Evan, sei qui." Dico, la mia voce smorzata dalla sua spalla.
"Ci sono sempre stato." Dice lui, stringendomi a sua volta.
Non riesco a dire nulla, tanta e' la gioia che provo per poter stringere mio fratello di nuovo.
Restiamo legati per un tempo lunghissimo, finchè non lo sento irrigidirsi sotto le mie braccia. Mi stacco da lui per guardarlo in faccia e capire quale sia il problema, rendendomi conto di aver commesso un errore madornale: la sua espressione e' vuota e i suoi occhi verdi, così simili ai miei e dotati sempre di una luce particolare, ora mi guardano in maniera ostile, quasi con disprezzo.
"Se mi avessi dato ascolto..." Comincia a dire, con voce dura e incolore. "Se mi avessi dato retta, sarei ancora vivo."
Sento la terra mancarmi sotto i piedi e il sangue mi si gela nelle vene. Non riesco a proferire parola, non con mio fratello che mi guarda come se fossi stata io ad ucciderlo.
Ma forse è proprio questo ciò che pensa.
Allungo la mano per stringere la sua, ma la scansa bruscamente.
"Quello che e' successo è solo colpa tua." Continua, spezzandomi dentro ad ogni parola.
"No, Evan...non avrei mai..." Provo a rispondere ma lui mi interrompe.
"Se fossi rimasta con gli altri, non sarebbe successo niente."
Avanza verso di me con fare minaccioso. Non sopporto il suo sguardo pieno di odio, quindi mi volto e comincio a correre.
Ma dopo pochi passi, me lo ritrovo davanti a bloccarmi la strada.
Provo a fuggire ancora ma mi afferra il braccio con forza, facendomi male.
"Sarei potuto diventare un grande stilista e avrei reso tutti orgogliosi di me. Avevo dei sogni, dei progetti... Ma tu hai rovinato tutto."
Sputa ogni sua accusa inchiodandomi con lo sguardo e stringendo la presa sul mio braccio.
"Evan, lasciami. Mi stai facendo male..." Lo imploro.
Strattono il braccio con forza e riesco a liberarmi.
Comincio a correre ma, di nuovo, lui mi impedisce la fuga. Mi volto per scappare, ma eccolo ancora a bloccare ogni mio tentativo. Mi guardo attorno in cerca di una via di fuga e mi rendo conto di essere circondata da decine di persone. E non persone qualunque: sono tutte copie perfette di mio fratello, che cercano di accerchiarmi.
Dicono tutti cose come "È solo colpa tua" o "Dovevi darmi retta", creando un inquietante coro di sussurri.
Si avvicinano lentamente a me.
Non posso credere di provare paura per un volto che ho amato così tanto, ma è proprio questo ciò di cui si tratta:
puro terrore.
Quando sono abbastanza vicini, iniziano a tirarmi i capelli e afferrarmi le braccia, come a volermi catturare, fino a travolgermi del tutto.
"Vi prego..." Provo a dire. "Vi prego, lasciatemi andare."
Ma ormai è tardi: sono travolta da decine di braccia che cercano di farmi affondare nell'oblio.


Mi alzo a sedere sul letto urlando, madida di sudore e con le lenzuola aggrovigliate intorno alle gambe.
Mi lascio andare ad un pianto isterico, sconvolta dall'incubo che ho appena fatto.
Brianna spalanca la porta e corre a sedersi sul letto per abbracciarmi.
"Sst Sky, va tutto bene..." Dice stringendomi e accarezzandomi la schiena.
"Evan,no... È tutta colpa mia." Dico piangendo e aggrappandomi a lei.
"No Sky, non devi neanche pensarla una cosa del genere." Cerca di rassicurarmi. "In nessun modo può essere colpa tua. Nessuno..."
"No, non è vero." Continuo a piangere in modo irrefrenabile.
"Si invece, Scarlette. Devi cercare di capire che Evan vorrebbe che tu vivessi la tua vita attimo per attimo, come se il mondo dovesse finire domani. E di certo non gli piacerebbe vederti ridotta in questo stato."
Cerco di calmarmi e di darle ascolto, anche perché, quando siamo arrivate nel nostro appartamento nell' Upper West Side, Brianna era esausta, quindi non mi va che rimanga sveglia per consolare me.
"Va bene" le dico, cercando di sembrare convincente. "Si, hai ragione. È stato solo un momento, ma adesso mi calmo, tranquilla."
Sciolgo l'abbraccio.
"Anche dall'altra parte del mondo ti do tanti grattacapi, eh?" Dico per sdrammatizzare.
"Che io mi ricordi, sei stata una grande rompicoglioni fin da quando eravamo piccole." Ribatte, sbattendomi il cuscino in faccia.
Fingo di essere scioccata da questa sua mossa.
"Parla quella che a sette anni ancora si faceva accompagnare in bagno, perché aveva paura che spuntassero i coccodrilli dal water." Rido al ricordo, mentre lei fa una faccia offesa e incrocia le braccia. "Non avevo sette anni, Scarlette."
"Ah si, giusto. Ne avevi dieci." La punzecchio.
"Stronza" dice lei coprendomi la faccia con il cuscino.
Dopo essersi convinta della mia stabilità psicologica, Brianna torna in camera sua, con il sonno dipinto in faccia.
Più tranquilla di prima, mi rimetto a letto.
Mi addormento con un pensiero che mi fa male al petto.
Colpa mia. È solo colpa mia.

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