Capitolo Diciannove (parte I)

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"Care lettrici e cari lettori, notizie succulente, quest'oggi. Ma se notate un'enfasi particolare tra queste poche parole, non crediate che sia dovuta ad un evento particolarmente felice. Siamo in un periodo di dopoguerra, la felicità ancora sembra lontana o, se vicina, è ben nascosta; ma non è detto che per questo una notizia non possa essere interessante, nonché soddisfacente.
Sì, care lettrici e cari lettori, è proprio come state immaginando. Quest'oggi, nel primo pomeriggio, non andate a riposarvi, ma pensate che al nostro risorto Ministero della Magia si terrà un processo a carico di un noto Mangiamorte. Chi, chiederete voi? Si tratta del (ex?) Mangiamorte, ex-professore ed ex-Preside di Hogwarts Severus Piton.
Sì, care lettrici e cari lettori, proprio lui, l'assassino del controverso Albus Silente – 'Controverso?', vi chiederete voi. È tutto spiegato nel mio ultimo libro, pubblicato poco meno di un anno fa.
Non si tratta, dunque, del solito semplice criminuncolo dei bassifondi, le orecchie della vostra amata Rita Skeeter hanno già captato quali saranno ufficialmente i capi d'accusa. Li metto in ordine così come mi sono arrivati dalla mia fonte – anonima, questa volta, non vorrei passasse dei guai per l'aiuto che mi sta dando e che di sicuro mi darà anche in futuro:
1) Severus Piton faceva parte di una comprovata organizzazione criminale, i Mangiamorte (il che non ha bisogno di spiegazioni), fatto che ha portato all'ascesa di Voi-sapete-chi e alla caduta del Ministero retto dal compianto ex-Ministro Scrimgeour. Possiamo banalmente chiamarlo colpo di Stato;
2) Severus Piton ha ucciso il vecchio mago Albus Silente (avrà ucciso anche altre persone? La vostra amica Rita Skeeter ha una sua teoria, in proposito, ma ne parleremo nei miei prossimi articoli);
3) Severus Piton, nel periodo da Settembre del 1997 fino all'ormai noto Maggio di questo stesso anno ha ricoperto il ruolo di Preside di Hogwarts. Dov'era quando ormai note e diverse atrocità venivano consumate nella sua scuola? Degli innocenti ragazzini dovevano pagare per le attività criminali dei loro superiori?
Siete curiosi anche voi, cari lettori, di sapere quale sarà la sentenza finale? La vostra Rita Skeeter ve lo annuncerà senz'altro, ma ovviamente dovrete aspettare il mio articolo di domani mattina sulla nuova edizione de La Gazzetta del Profeta.
State svegli durante questa non-felice ma interessante giornata.
Un saluto dalla vostra Rita Skeeter."

È leggendo ciò che ti sei svegliato, quella mattina. O'Dampand è uscita mentre tu ti stavi preparando e in qualche modo si è procurata una copia giornaliera de La Gazzetta del Profeta. In effetti ci ha messo parecchio tempo, tanto che hai supposto che magari sia dovuta arrivare sino a Diagon Alley.
Hai fatto una smorfia, in tutto ciò, ad ogni riga di quello stupido articolo dell'altrettanta stupida Rita Skeeter. O meglio, di quell'approfittatrice di Rita Skeeter. Non la sopporti, come donna; quando hai dovuto incontrarla, ad Hogwarts, durante il Torneo Tremaghi, non hai neanche più idea di quante volte alzavi gli occhi al cielo nel giro di un unico minuto.
Anche se era piuttosto divertente, però, leggere i suoi articoli sulla vita sentimentale di Potter durante la lezione di Pozioni.
Ma ora non c'è più nulla di divertente, c'è ben altro.

Perché Rita Skeeter sarà pure un'insopportabile donna dalla lingua lunga, ma non si può dire che abbia tutti i torti. Ciò di cui lei stessa ti accusa è, alla fin fine, ciò di cui verrai veramente accusato quello stesso primo pomeriggio.

In tutto ciò, comunque, sia mentre pensi sia mentre leggevi il giornale, stai – e stavi – camminando. O'Dampand, infatti, quella stessa mattina, ha sì comprato il giornale, ma solo approfittando del fatto che sarebbe andata a recuperarti una... stampella da qualche parte. Una, sì, due sarebbero totalmente inutili. E con l'occasione ha anche incontrato Sherman.

Lui è stato entusiasta di tutto come suo solito, neanche te ne sei sorpreso quando lei te l'ha raccontato.
Così hai passato le ultime ore a fare avanti e indietro, nel suo salotto, dietro uno dei divani color ocra. Lo percorrevi tutto, in lunghezza, e, una volta giunto alla sua fine, tornavi mestamente indietro.
All'inizio andavi lento. Molto lento. La tua andatura è una delle più bislacche in cui ti sia mai imbattuto. Un po' proprio come quella di Moody, in effetti. Ma lui camminava in quel modo perché la gamba non l'aveva, dal ginocchio in giù. Tu ce l'hai. Ma in fondo non sembra vi sia poi così tanta differenza. Anzi, almeno Alastor dal ginocchio in su aveva tutto sotto controllo.
Adesso tutto di lui è rigido, invece.
E a quel punto hai cominciato a contare i passi e a tenere sotto controllo il tempo. Come hai già notato da te, all'inizio ci mettevi molto a compiere quel breve percorso: più di un minuto. Così hai deciso di continuare a camminare fin quando tu non ti fossi velocizzato quanto basta. D'altronde non è che puoi andartene in giro appoggiato ad O'Dampand, devi avere una tua autonomia, specie durante quella giornata, specie quando sai già che percorrerai il lungo e tortuoso corridoio dell'Ufficio Misteri del Ministero per giungere all'Aula Dieci, l'aula utilizzata proprio per i processi.
... Che si trova in fondo a delle scale.
Scuoti il capo. Ci penserai a tempo debito, ti dici, mentre guardi l'orologio e noti che stavolta hai impiegato poco meno di trenta secondi per percorrere i soliti pochi passi.
"Si ricorda cosa avevamo detto un po' di tempo fa?" è la voce di O'Dampand ad inserirsi nella scena, ora.
Tu continui a camminare senza guardarla, voltandoti di spalle per l'ennesima volta, ma sai già che lei è in piedi sulla soglia del corridoio; l'hai intravista con la coda dell'occhio.
"Ci siamo detti un mucchio di cose, sciocchezze o meno. Non ho idea a cosa si stia riferendo, ancora non sono un indovino."
"Allora dovrebbe prendere una specializzazione, le farebbe comodo."
Dalla tua gola, stavolta, esce una specie di gracchiante grugnito.
"Comunque." riprende dunque lei "Stavo pensando a quando io le avevo detto che secondo me lei sarebbe guarito totalmente alla fine dell'estate. Si ricorda cosa mi ha risposto?"
"No."
"Che se ciò sarebbe successo si sarebbe tagliato i capelli."
Tu ti fermi, ritrovandoti esattamente al centro del divano, sempre dietro la spalliera giallognola. Ti volti verso O'Dampand, ancora ferma con la spalla posata contro lo spigolo della parete, molle.
"Ma l'estate è finita. Siamo a Settembre."
"Non faccia il pignolo."
"Accetti la sconfitta. E comunque, se non se n'è accorta, ancora non sono..."
Tu però non finisci la frase, bloccandoti, piuttosto.
"Beh," fa allora lei "allora propongo un altro termine: Natale. Che ne dice?"
"Come le pare. Io però non scommetto proprio nulla."
"Non fa niente. Va bene comunque."
Fa un lieve sorriso, allora, lei, per poi voltarsi e sparire laddove era stata fino ad un momento prima, cioè in camera. A metterla a posto, presumi.
In effetti, dopo quella notte, credi di aver praticamente messo sottosopra sia coperte che lenzuola.
Salazar, quando ti sei svegliato, nel cuore della notte, eri in un bagno di sudore.
Non ti ricordi esattamente cosa sia successo dopo, hai solo vaghe immagini che, offuscate, arrivano nella tua mente per poi scomparire nel momento esattamente successivo. Evidentemente non eri ancora del tutto sveglio e, essendoti riaddormentato quasi subito, il tuo cervello non ha fatto in tempo a catturare nitidamente quello che avevi intorno.
Hai solo in testa la vaga immagine di O'Dampand, in vestaglia, seduta sul bordo del letto.
Forse la sensazione di una mano sulla fronte che passa delicatamente.
O forse hai sognato anche quella, non ne puoi avere la certezza, ormai.
Fatto sta che la notte è stata piuttosto... agitata. Molto agitata, te ne sei sorpreso tu stesso: il tuo inconscio era più spaventato del tuo Io. Ma tutto è passato, la mattina, sebbene le sensazioni di inquietudine abbiano impiegato un po', a sparire, mentre le occhiaie profonde sotto gli occhi... beh, quelle sono rimaste, invece, e credi se ne andranno tra un paio di giorni se non di più.
Ti fanno apparire ancora più debilitato, quando invece oggi vorresti mostrarti al massimo disponibile delle tue forze.
... Con una stampella, sì, e camminando male.
Ma chi vuoi prendere il giro? O chi vuoi sorprendere? Di sicuro qualcuno lo sorprenderesti anche, ma in maniera prettamente negativa, questo è certo.
"Allora, è pronto?" è la voce di O'Dampand, che ritorna.
Stavolta ti volti subito verso di lei.
Ti fanno male le gambe per il troppo camminare.
"Sì. Suppongo di sì."
Tu ti infili la giacca – da solo, ovviamente, anche se momentaneamente da seduto – mentre O'Dampand ha la sua già su di sé. Borsa compresa sotto al braccio.
Qualche secondo e siete fuori dall'appartamento. Qualche altro secondo ancora e siete anche dentro l'ascensore. Durante il breve tragitto che vi deve far scendere di due piani, tu rimani con la schiena posata contro lo specchio dell'ascensore stesso. Osservi la luce babbana illuminare i pulsanti con su scritti i vari numeri fino a quando non rimane fissa sopra lo zero.
Nessuno di voi due dice nulla.
Prima ancora che le porte si aprano nuovamente, però, siete già spariti in una Smaterializzazione congiunta.
Vi ritrovate in una via isolata e O'Dampand lascia la stoffa della tua giacca non appena individua ciò che è di vostro interesse: una cabina telefonica rossa. Nell'avviso di comparizione che ti è stato gentilmente inviato via gufo avevano scritto, ovviamente, come raggiungere il Ministero, per cui state seguendo attentamente le istruzioni: O'Dampand inserisce un nichelino nel telefono della cabina e compone un numero, alzando la cornetta. Siete entrambi lì dentro. Tu non fai neanche caso a quale sia il numero e, subito dopo, la cabina traballa leggermente e il pavimento comincia ad abbassarsi.
Ingegnoso.
È ormai assodato che il Ministero si trovi totalmente sotto terra. Chissà se i Babbani, costruendo le loro linee metropolitane, abbiano mai rischiato di imbattervisi.
Ma il pensiero scivola via veloce e rimani, anche in questo caso, con la schiena poggiata alla parete. Te la senti grattare, ma la piattaforma scende molto lentamente, dopotutto, per cui non provi dolore o fastidio.
"Va tutto bene?" ti chiede O'Dampand in quell'esatto momento, interrompendo così quel silenzio che stava diventando sempre più pesante.
Tu alzi gli occhi su di lei e quando la guardi ti rendi conto di come lei si stia praticamente mordendo l'interno della guancia.
"Ho sbagliato. Domanda stupida." continua, poi, nell'istante successivo.
"Ci voleva una giornata come questa, O'Dampand, per fale ammettere di aver sbagliato a fare qualcosa." rispondi "Dovrei prendere accordi con il Ministero e far inscenare questo teatrino almeno tre volte al mese. O procurarmi una giratempo per rivivere la situazione."
"Le giratempo sono state tutte distrutte... un paio di anni fa, se non erro. E comunque mi sta descrivendo male, io sono piuttosto umile."
"Ma per favore."
"Se voglio."
"Cioè quasi mai?"
"Non sapevo che soffrisse anche di amnesia."
"Oh, stia zitta."
"Altrimenti?"
"Altrimenti fra pochi minuti mi processeranno anche per il suo, di omicidio."
"E come ha intenzione di uccidermi, a stampellate?"
Non fai in tempo a rispondere, ma solo perché la cabina telefonica – o quello che è – arriva a destinazione.
Vi ritrovate, tu e O'Dampand, in una zona semi-deserta di quello che riconosci subito essere l'Atrium. Evidentemente l'utilizzo di cabine telefoniche collegate al Ministero non è molto in voga, la maggior parte dei maghi e delle streghe preferisce arrivare tramite i grossi camini posti all'ingresso principale.
Bene: così, almeno, nessuno si è accorto del tuo arrivo.
Male, perché lungo l'Atrium, per raggiungere l'ascensore pricipale, dovrai passarci lo stesso.
"O'Dampand."
"Mh?"
"Grazie per la breve chiacchierata." ti ritrovi a dire ancor prima che tu possa controllare le parole.
Lei fa un sorriso, di rimando. "Non c'è di che."
E, a questo punto, non c'è bisogno di un 'Andiamo' per farti capire che – sì – è ora di andare.
È ora di fare delle belle chiacchierate.
È ora di venire giudicati.
È ora di dire la verità.
Fai una smorfia al solo pensiero e O'Dampand non sembra solo averla notata, ma anche averti letto nel pensiero, dato quello che dice subito dopo:
"Lei dica la verità, signor Piton e – anche se già so che mi odierà di nuovo per starglielo dicendo – vedrà che andrà tutto bene." un'altra smorfia ti compare sulle labbra, per l'appunto, ma lei continua a parlare "Non menta più a se stesso, né agli altri. Può essere d'aiuto."
"O'Dampand, io non mento. Non a tutti. Non a me, per Salazar. E neanche a lei, per esempio, non ne avrei motivo. Motivi ne avrei, ora?"
"Quindi adesso racconterà le cose come stanno?"
Annuisci, come risposta.
No, non mentirai.
Ma ciò non vuol dire che tu debba rendere i presenti partecipi di tutto. L'omissione di verità non è come la menzogna.
O sì?
No, no che non lo è.
E così, dopo qualche altro passo più o meno incerto, svoltate un angolo e, davanti a te, si apre l'Atrium.
Non menti – espressione utilizzata a pennello – sostenendo che camminare tra le persone non ti sia indifferente, in questo momento. Tu hai lo sguardo fisso al pavimento, guardi la punta delle tue scarpe e concentri tutta la tua attenzione sul camminare in modo da non sembrare più derelitto di quanto già ti senti.
Percepisci occhi che ti fissano, però, e i commenti che giungono alle tue orecchie non vengono pronunciati sussurrando.
Stringi l'impugnatura della stampella in maniera talmente forte da farti quasi scricchiolare le nocche.
"Piton, Severus Piton!" grida una donna lievemente in disparte, mentre tenta di farsi avanti tra le persone. Tu alzi gli occhi solo per una frazione di secondo, scorgendo un tailleur verde acido e dei ricci biondi.
Poi più nulla, perché i commenti degli altri diventano esclamazioni, la massa dei presenti si trasforma in calca e, improvvisamente, si fanno tutti fin troppo vicini.
"Ehi!" esclama anche O'Dampand "Che cosa volete, tornate a pensare ai vostri affari!"
"Mio figlio è morto tre settimane fa, sono questi i miei affari!"
Le persone avanzano ed un braccio, spuntando dal nulla, ti afferra per il gomito.
"Con me!" afferma quel qualcuno, l'ennesimo uomo.
Ti rendi conto solo ora di non aver detto neanche una parola.
Ti rendi conto solo ora di essere completamente inerme.
"O'Dampand!" esclami a tua volta, ma l'uomo ti ha già trascinato via, ha aperto l'ascensore e ti ha praticamente buttato dentro di esso.
Grazie.
Grazie.
Questo è il trattamento che il Ministero ti offre. Questo è il trattamento che tutti ritengono che tu ti meriti. Ma te lo meriti? Probabilmente finirai ad Azkaban, cos'è questa umiliazione se non un nonnulla, dopotutto?
Ti senti vuoto. Non ti sembri tu.
Sei con la spalla appoggiata all'angolo dell'ascensore, la fronte contro una parete, senti le ossa sensibili che ti fanno male, la gamba mezza-immobile così stanca che potrebbe cederti.
Stai sfregando i denti gli uni contro gli altri, la mascella rigida, e te ne accorgi solo dopo un po'.
Vedi con la coda dell'occhio O'Dampand entrare in ascensore poco prima che la porta si richiuda, le braccia della calca rimanere fuori. L'ascensore parte con un sussulto.
"Tu chi diavolo sei?" dice l'uomo, rivolto alla ragazza che si è posta, confusa, accanto a te.
Forse sta cercando di capire se tu stia bene, forse no. Non te ne curi, ora.
Con uno sforzo... micidiale quasi ti scaraventi dall'altra parte dell'ascensore, che di nuovo sussulta, contro l'uomo.
"Tu chi diavolo sei!" sbraiti, eppure dalle tue labbra sembra più che altro uscire un roco sibilo.
Sei poggiato contro il suo busto praticamente con tutto il peso, schiacciando l'uomo contro la parete; la tua mano è andata alla sua gola e al momento non ti interessa dove sia finita la stampella, l'importante è che tu non cada.
No, ancora non sei stanco. Ancora non sei vuoto.
L'uomo però non si è fatto trovare impreparato: ha subito tirato fuori la propria bacchetta, puntandola laddove lo spazio glielo ha consentito; ora la senti fastidiosamente premere tra le tue costole.
"Mi chiamo Artorius Mann. Auror. Mi tolga le mani di dosso." dice lui.
"Io sono solito almeno presentarmi o far capire chi diamine sono, prima di agire, signor Mann." continui a sibilare con la mano sempre sul suo collo.
Ma la mano poi cade e tu fai una specie di passo indietro. Ti ritrovi O'Dampand vicino – lo spazio è quello che è – che ti porge la tua stupida stampella.
Per. Salazar.
Che razza di protocollo usano, da quelle parti?
Incapaci.
Guardi in maniera malevola l'Auror senza mai staccargli gli occhi di dosso. Non è molto alto, lo definiresti... mingherlino; ha una leggera barba castana, dello stesso colore dei capelli lievemente arruffati, ma le sopracciglia sono più scure. Ha il viso a punta.
"Siete un po' troppi, voi Auror, per i miei gusti." ti ritrovi a dire.
"Intanto se non ci fossi stato io chissà come sarebbe finita." ribatte lui, sistemandosi la giacca ora un po' stropicciata.
"Intanto se si fosse fatto vedere prima le cose sarebbero andate meglio!" è O'Dampand che alza la voce, ora.
"Niente va mai meglio. È assodato." commenti.
Solo ora Mann si rivolge a O'Dampand. La guarda, confuso, e poi riformula la domanda che le ha rivolto poco prima, ma con altri toni:
"Lei chi sarebbe?"
O'Dampand non si fa attendere.
"Serena O'Dampand, guaritrice del San Mungo. Assisto il signor Piton, è il mio compito."
"Ah, sì. Mi avevano detto che sarebbe arrivato con qualcuno. Pensavo ad un Magiavvocato, però."
"Non parli di me in terza persona, sono ancora qui; parli con me, piuttosto."
"Oh, io non ho molto da dire, lei avrà parecchio a cui rispondere, piuttosto." è la conclusione di Mann.
L'ascensore sussulta, ma poi si ferma. Una voce, nell'aria, annuncia: 'Nono livello: Ufficio Misteri'. E poi la porta si apre.
Ciò che ti colpisce è il nero, un nero lucido, un nero luminoso, un nero su cui sembra di poter scivolare. Credi che potresti confonderti, passare quasi inosservato in tutto quel nero. Le pareti, il pavimento, il soffitto, le porte. Tutto è buio, scuro, ma le lanterne appese ai muri riflettono la loro luce sulle mattonelle e l'effetto che si manifesta è... spettrale.
Ti ritrovi subito in un lungo corridoio, passi di fronte a porte di stanze il cui interno ti hanno, una volta, spiegato in cosa consista. Cimeli oscuri vengono racchiusi lì dentro.
Arthur Weasley aveva anche rischiato di porre fine alla sua vita, dietro una di quelle porte, sempre per via di Nagini. Che serpente... affettuoso.
Sirius Black da qualche parte, intorno a te, è direttamente morto.
Anche a distanza di anni... Non ti dispiace, no.
Finito il corridoio girate l'angolo. Durante il tragitto nessuno ha parlato, si sente solo il rimbombo dei tacchi delle vostre scarpe contro il pavimento di marmo – presumi sia marmo – nero.
E poi le scale. Stavolta occorre più tempo.
Osservando Mann, sentinella sempre noiosamente presente accanto a te, l'hai anche visto sbuffare, tu l'hai guardato male – malissimo – lui se n'è accorto e ha distolto lo sguardo. O'Dampand è rimasta semplicemente vicino a te, in caso di bisogno.
Il suo aiuto non hai dovuto chiederglielo, sebbene, dopo essere sceso dall'ultimo gradino, senti una goccia di sudore colarti dietro la nuca, tra i capelli.
Decimo livello: Aula Dieci.
Non si può dire che abbiano molta fantasia, con i nomi. Però, inventiva o no che sia, ciò che importa è lo scopo per cui quell'aula è stata costruita, l'aula la cui entrata vedi già in lontananza. Non c'è nessuno neanche in quel corridoio, e nessuno di voi tre emette un solo suono quando ricominciate a camminare.
Sembra tutto... surreale.
Ma è la realtà ed essa ti si spalanca davanti nel momento esatto in cui si aprono le porte dell'aula stessa. Grandi, alte, grigie. Si aprono con un boato non appena voi tre vi fermate di fronte ad esse.
In base al vociare che senti nell'istante immediatamente successivo, presupponi che l'aula sia già gremita di persone, nonostante tu ancora non possa scorgere uno ad uno i suoi occupanti.
Ancora prima che voi muoviate anche un solo passo, in ogni caso, Mann si rivolge ad O'Dampand senza neanche voltarsi verso di lei:
"Continui lungo il corridoio, incrocerà un'altra porta, più piccola. Entri da lì, così si ritroverà direttamente in... platea."
Termine consono, supponi. Platea. Come ad uno spettacolo teatrale i posti migliori sono collocati proprio lì, in platea, e costano a volte anche un occhio della testa. Il palcoscenico sarà il centro dell'aula, dove già sai verrai collocato tu come un soprammobile. Il protagonista? Sempre tu.
Peccato che, al tempo stesso, tu ricopra anche il ruolo di antagonista, nella vicenda.
O'Dampand ti guarda, per un momento, e annuisce in risposta alla considerazione dell'Auror. Non dice niente. Non ti augura buona fortuna come ha fatto poco prima dell'interrogatorio. Non ti dice di nuovo che andrà tutto bene.
Non importa. Il fatto che lo dica o meno non potrà di certo influenzare il futuro.
Forse sono le persone stesse ad essere influenzati da un tale augurio, cambiano atteggiamento, si sentono... ottimisti.
Uno stato d'animo che raramente ti ha mai invaso appieno.
Per cui non capisci perché stessi quasi aspettando che O'Dampand parlasse e, mentre va via, ti rimanga un po' l'amaro in bocca.
Ma stai per essere processato, stai per essere studiato, stai per essere giudicato per la condotta che hai adottato in tutti gli ultimi quasi venti anni. Non sono pochi. L'unico che ti ha sempre giudicato, in questo lasso di tempo, sei stato tu stesso. Forse Albus, ma spesso e volentieri teneva per sé i suoi pensieri – più spesso di quanto avresti desiderato.
Sì, in realtà le persone non hanno fatto altro che giudicarti, ma ora è diverso. Ora si scaverà a fondo. Ora ti guarderanno dentro.
... Lo presumi, almeno, e tu non vuoi che accada. Non vuoi che si scavi la superficie, se si può evitare.
I tuoi veloci pensieri vengono interrotti da un movimento di Mann, ovvero quello di prenderti un braccio. Lo fissi, quando lo fa.
"Sono un Auror, dovrò pure scortarla, no?" spiega lui.
"Ancora non mi hanno condannato, posso entrare senza sembrare un criminale."
"Lei è un criminale. Se comincia così i suoi discorsi, la vedo male."
La sua mano rimane lì quando entrate.
Il vociare e i bisbigli si azzittiscono improvvisamente per qualche secondo. Poi riprendono, ma più flebili di quanto lo fossero all'inizio.
Sul momento neanche ti guardi intorno, a dire la verità. Ti senti osservato – oh, è naturale – ma il tuo sguardo è rivolto alla sedia che si trova al centro della stanza esagonale. È una sedia di ferro, vedi catene penzolare dai braccioli fino a terra, le vedi strisciare sul pavimento.
Mann ancora ti tiene per il braccio, mentre ti conduce lì – in realtà stai camminando per conto tuo, più che altro. E ti tiene il braccio anche mentre lasci semplicemente cadere la stampella a terra, accanto alla sedia, e ti siedi su quest'ultima cercando di non far sembrare che più che altro tu ci stia cadendo sopra.
E ti aspettavi che sarebbe successo, che non appena tu ti fossi... accomodato le catene prima inermi si sarebbero svegliate e le manette si sarebbero chiuse attorno ai tuoi polsi e alle tue caviglie, ma non pensavi sarebbero state così fredde.
Provi anche a muovere il braccio e la gamba sinistri, nel caso la magia non sia abbastanza potente e le manette si aprano di nuovo. Tanto... dove credono che tu possa andartene? Come, poi? Ma no, la magia è ovviamente potente a sufficienza e polsi e caviglie rimangono imprigionati.
In tutto ciò, a questo punto, ti guardi intono. Sarebbe inutile e stupido non farlo. Anche se poi, in base a quello che vedi, ti dici che forse sarebbe valsa la pena passare per l'uomo di pietra che sei sempre sembrato – e diciamolo, un bel po' lo sei davvero – e continuare a fissare con occhi attenti il pavimento.
La stanza è grigia, non nera, innanzitutto; poco tempo prima avevi supposto che, se fossi stato tu a dover decidere i colori del mondo, quasi tutto sarebbe probabilmente stato nero e grigio. Ma quei colori, associati ad un tribunale, ad un'aula, al Wizengamot e all'Aula Dieci, all'Ufficio Misteri... L'idea non ti allieta più così tanto.
La stanza è grigia, dunque, ed esagonale e la tua sedia di ferro è posta al centro di essa, in uno spazio esagonale allo stesso modo. Attorno a te vi sono spalti, tribune di cinque, sei, sette, otto file, divise in quattro quarti di diversa ampiezza da altrettanti corridoi che conducono ad altrettante porte. Da una ci sei entrato tu, ti chiedi le altre, sempre così in vista, dove conducano. E supponi che l'entrata che ha utilizzato O'Dampand sia stata una di queste.
Ti sembra di trovarti in un teatro greco dall'aria più moderna. È tutto un grande spettacolo, te lo ripeti per l'ennesima volta.
Il quarto più piccolo delle tribune si trova esattamente di fronte a te, ma è ancora vuoto, segno che lì, entro poco, si sarebbero seduti i membri del Wizengamot.
Oh, ma il resto dell'aula, invece, non è affatto vuoto. Supponi che le persone mancanti avrebbero fatto la loro comparsa nel giro di neanche un minuto, ma nel frattempo, a questo punto, non puoi fare altro che dare un'occhiata veloce al resto.
E, come hai supposto nella tua testa, come ti sei detto che il tuo mondo non sarebbe solo grigio e nero, ma anche di altri due colori, ecco che nei tuoi occhi si riflette una marea di rosso. Ma è un rosso diverso.
In prima fila, silenziosi ma attenti, con sguardi negli occhi su cui non ti vuoi soffermare, ci sono i Weasley al gran completo.
O meglio... quasi. Credi... Credi che ne manchi uno, sì, uno dei due ragazzi gemelli. È presente solo quello a cui – oh, ti salta subito all'occhio – manca un orecchio.
E sei stato tu a farglielo saltare in aria.
Hai solo una vaga di idea di perché l'altro non sia presente... ma non puoi averne conferma, ora.
E poi i padroni di casa Weasley, che ad una veloce occhiata ti sembrano davvero stanchi; accanto, i due figli più grandi, bionda moglie di uno dei due annessa; vicino ancora, i due più piccoli, il maschio e la femmina, Ronald e Ginevra Weasley.
Ti guardano in maniera strana.
Subito dopo, vedi Paciock e la Lovegood. Tra tutti questi ultimi sono seduti la Granger, che al momento ha lo sguardo rivolto alle proprie ginocchia, la solita massa informe di capelli che le ricadono dappertutto, e Potter. Potter, come evitarlo? Il verde si aggiunge al rosso, di nuovo.
Potter invece sì che ti sta guardando, e tu indurisci il tuo, di sguardo, socchiudendo appena le palpebre.
Poi cambi oggetto di osservazione, passando velocemente alle persone sedute dietro di loro. Queste le conosci – riconosci – tutte.
La Magonò che era vicina di casa di Potter; Hestia Jones; Dedalus Lux. Hagrid – lo fissi un secondo di più, ha l'espressione spaurita e allo stesso tempo indagatrice, è seduto esattamente dietro Potter, ma un po' più in alto, verso le ultime file. E poi vedi Sturgis Podmore, ormai sono due anni e mezzo che ha scontato la sua condanna ad Azkaban...
Dopodiché Minerva McGranitt, in seconda fila. Ancora non riesci a scorgere nessuna precisa emozione, nei suoi occhi, e guardi altrove, capendo che forse non vuoi neanche rischiare di trovarla.
Ti rendi conto che mancano diverse persone: alcune lo sai che sono morte, il Signore Oscuro te ne informava di persona, ma, tra coloro che sono ancora vivi, non trovi il fratello di Albus e neanche la Preside dell'Accademia di Beauxbatons.
Tre parole hanno in comune tutti questi uomini e donne: Ordine della Fenice. Ti rimbombano nella testa.
In compenso, però, poco lontana c'è Rita Skeeter. Magari ha già cominciato a scrivere un bel libro su di te. Deve essere arrivata da poco.
E poi vedi Filius, Pomona, il professor Lumacorno. Solo questi, dei docenti di Hogwarts, sono presenti.
Gli altri – la maggior parte, dunque – non sai chi siano, in tutto ciò, ma poco più in là, in un angoletto, a metà altezza, c'è O'Dampand.
La fissi un attimo in più degli altri, non sai neanche perché, e lei ovviamente se ne accorge.
Ti fa un piccolo occhiolino.
Non hai neanche il tempo di sorprendertene, però, che una delle quattro porte si apre e i membri del Wizengamot fanno il loro – pomposo – ingresso. Con le loro tuniche e i cappelli color prugna almeno hanno ravvivato l'ambiente; anche se quando queste decine di Giurati del Wizengamot si siedono ai loro posti... danno l'impressione di star formando un grosso livido violaceo.
Il Ministro, in veste di Giudice, ancora non c'è. Ma tra i presenti, ora, noti Elphias Doge. Già, è vero, d'altronde lui è Consigliere Speciale o qualcosa del genere. Non puoi ovviamente saperlo, ma magari è stato addirittura investito della carica di Presidente del Wizengamot.
Dopo che lo era stato Albus. Suo grande e vecchio amico, lo sai.
Che tu hai ucciso.
... Ti esce una sorta di lamento dalle labbra, che presumi, però, nessuno sia stato in grado di udire.
L'aula è ancora avvolta nel silenzio, per cui, quando Doge si alza in piedi e comincia a parlare, la sua voce altrimenti sottile sembra rimbombare.
O forse è anche per via della struttura architettonica dell'aula stessa, più semplicemente.
"Tutti in piedi per l'ingresso del Ministro della Magia Shacklebolt, in veste di Gran Giudice del Wizengamot."
E, se prima c'era solo silenzio, ora è tutto un pestare e battere i piedi.
Ma non i tuoi.
Scorgi la stessa porta di prima aprirsi mentre tu rimani seduto.
Il fatto è che non puoi metterti in piedi anche tu. La stampella è a terra accanto alla sedia, ma sei ammanettato; e, per quanto le catene siano lunghe, ora ti sono piuttosto di intralcio, nella tua particolare... situazione motoria.
Ma non avresti fatto propriamente una bella figura di fronte ai Giurati, così richiami le forze.
L'hai imparato solo da qualche mese, ti sarebbe anche quotidianamente utile, nella tua condizione, ma ancora il tuo corpo non ha le forze necessarie per farlo davvero.
... Senza considerare che non ci tieni neanche, a farlo spesso, dati i ricordi che ti affiorano alla mente su chi te l'abbia insegnato e come.
Volare, sì, è questo: volare senza scopa.
Forse puoi raccogliere le energie sufficienti, però, per staccare il fondoschiena da quella dannata sedia. Allora, non appena scorgi Shacklebolt, lo fai. Ti metti in piedi.
Kingsley arriva al suo posto nella sua veste blu scura, mentre tu stringi il pugno per la concentrazione, lo sforzo e la fatica.
"Seduti, prego." dice il nuovo sopraggiunto con la sua voce profonda.
Tempo prima anche tu avevi una voce simile, ora no.
Tutti si siedono. Tu quasi cadi all'indietro per tornare nella tua posizione originaria.
Le catene tintinnano.
Shacklebolt, però, rimane momentaneamente in piedi. Fissa l'aula, i presenti, fissa te, uno sguardo che non riesci a decifrare alla perfezione.
"Ministero della Magia contro Severus Tobias Piton." dice "Primo e unico grado di giudizio. Cominciamo."
Niente martelletti di sorta che vengono battuti producendo il loro tradizionale rumore sordo e... legnoso. Quella è roba da Babbani.
Anche il nuovo Ministro si siede, dunque, sistemandosi la veste.
Si comincia davvero.
Non passa neanche un momento da quando Kingsley finalmente si siede che un altro uomo si alza. Supponevi sarebbe stato lui, Elphias Doge.
Lo vedi mettersi in piedi facendo pressione con le mani sulle ginocchia, forse potresti anche udirlo sospirare, se tu fossi più vicino; ma subito lo senti parlare:
"La Corte del Wizengamot, composta dal Ministro della Magia nostro Gran Giudice, dai Giurati e dal Presidente nella figura del sottoscritto, Ephias Doge, accusa l'imputato Severus Piton per crimini contro la comunità magica, con consecutive ripercussioni anche sulla comunità babbana. Il Primo Ministro babbano è informato di quello che sta accadendo qui oggi."
Elphias Doge prende visibilmente fiato. Mette una mano in un'apertura delle sua veste e ne tira fuori una pergamena che viene subito spiegata. La legge lui stesso:
"Severus Tobias Piton, nato il nove di Gennaio del 1960 a Londra, residente a Londra, è accusato dei seguenti crimini, dei quali è tenuto a rispondere di fronte alla Corte del Wizengamot nella sua interezza e nella sua integrità: omicidio." lui fa una pausa, mentre tu ti ritrovi a stringere il bracciolo della sedia – e non per un breve istante "Pluri-lesioni fisiche, sia temporanee che permanenti. Partecipazione e favoreggiamento a e di società e attività criminale. Non-tutela di minori posti sotto la sua diretta custodia e la sua diretta responsabilità." altra pausa "La Corte del Wizengamot ha chiamato testimoni a sostegno delle proprie accuse, i quali risponderanno alle domande del Presidente del Wizengamot." Elphias Doge ti guarda, alzando gli occhi dalla pergamena per un momento "L'accusato ha il diritto di difendersi usufruendo dei servizi del suo Magiavvocato. Qualora quest'ultimo non sia presente, l'accusato può difendersi in prima persona o rinunciare ad ogni difesa. Che la Giustizia Magica prevalga."
Tutto il Wizengamot ripete. "Che la Giustizia Magica prevalga."
Che la Giustizia Magica prevalga.
Digrigni i denti, facendoli scontrare in un rumore che solo tu puoi ascoltare dentro la tua testa.
Sei pronto.
Via.

ConvalescenzaWhere stories live. Discover now