Capitolo 12

694 99 1
                                    


Andrea

Gli alberi fuori dalla finestra mi sembravano troppo fioriti per essere a Febbraio.
«L'ultima cosa che ricordo è che ero alla stazione», dissi con fatica, a causa delle costole rotte.
«E che facevi alla stazione? Te lo ricordi?», chiese Alberto.
«No, non ne ho idea. Stavo cercando qualcosa credo. Ricordo che ero di fronte ad una bacheca degli annunci».
Ci misi qualche minuto a finire la frase.
«È stato quella sera l'incidente?», chiesi ad Alberto.
«No, decisamente no, è passato qualche mese, credo. Siamo ad Agosto! Ti sei anche diplomato fratello», il mio amico mi fece l'occhiolino, sorridendo.
«Quanto sono stato in coma?».
«Un mese e più».
«Ricordo che avevo una pessima media in matematica, però».
«Credo che fosse quello che stavi cercando alla stazione, una ragazza che ti desse ripetizioni», il mio amico mi fece un sorriso.
«E quindi ci sono andato a ripetizioni di matematica? Ho preso buoni voti o è stato un fiasco?», chiesi per sdrammatizzare.
Cercai di sorridere e Alberto rabbrividii.
«Ti manca un dente, oddio», disse con una smorfia.
Mi lamentai, scontento.
«Sembra che tu abbia una finestrella aperta», cominciò a ridere. «Almeno cambia un po' l'aria in casa».
«Ti odio», dissi.
«Allora? Ci sono andato?», chiesi di nuovo.
«Ci sei andato, Andrea. Te l'ho detto che ti sei diplomato, no? Hanno dato buoni risultati, le ripetizioni. Non ti ricordi di Esmeralda?».
«Chi?», chiesi confuso. Chi era questa Esmeralda?
«Lascia perdere, ti lascio riposare o i dottori mi ammazzeranno».
Alberto lasciò la stanza e lasciò anche tanti dubbi dentro di me.
Dove stavo andando, con l'auto, quando avevo avuto l'incidente? Ero coinvolto solo io o anche altri veicoli? Avevo torto o ragione? Si era fatto male qualcuno? Perché non ricordavo nulla di cinque mesi di vita? Chi era questa Esmeralda che aveva nominato Alberto?
Cercai di interrogare di nuovo lui, i medici e la mia famiglia, ma tutti si preoccupavano solo e soltanto della mia salute. I dottori mi dicevano che era normale non ricordare qualcosa dopo un coma così lungo, che era un miracolo che io fossi lì con loro e che non dovevo assolutamente preoccuparmi, i ricordi forse sarebbero tornati. Le mie funzioni cerebrali dopotutto sembravano andare bene.


Neanche una nuvolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora