Capitolo 21

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<<Come ti è andato il viaggio Debora?>> domanda papà dalla cucina con tono gentile.

<<Bene, grazie Alberto. Ho dormito per gran parte del tempo>> risponde lei da seduta, sulla poltrona accanto a me.

Assume un'espressione divertita.

Per papà Debora è sempre stata come una figlia, ma raramente lei lo chiama per nome.

Sono sempre andati d'accordo, ma la cosa non mi infastidisce più di tanto, sono una persona solitaria e poi lei è la mia migliore amica, anche se continuo a pensare alla discussione avvenuta con Gaia.

<<Come sta la tua amica Nora?>> domanda Debora guardandomi e marcando un po troppo la parola 'amica'.

Parlando del diavolo...

<<Benissimo>>

...spuntano le corna.

<<Chi amica?>> interviene la mamma mentre mette i piatti a tavola.

<<Gaia. Una tutta tatuata, strana e a dir poco maleducata. Direi che vostra figlia frequenti praricamente l'opposto di come siete. L'ho conosciuta ieri>> dice senza farsi scrupoli.

Rimango a bocca aperta, ma come si permette di parlare in questo modo?!

Prima che i miei genitori possano dire qualcosa mi alzo e porto la ragazza dagli occhi di ghiaccio nell'altra stanza, lontano dagli occhi e dalle orecchie degli indesiderati.

<<Che divolo ti prende? Che cazzo stai facendo?>> chiedo irritata.

<<Sto solo dicendo la verità, vedi? Già parli come lei. Tu non sei questa persona Eleonora>> risponde lei, appropiandosi di un sorriso al quanto antipatico.

<<Tu non hai nessun diritto di dirmi chi sono e ti ho già detto che qui quella cambiata sei tu!>> l'accuso, puntandole il dito contro.

<<Sono sempre stata questa amica mia, sei tu che mi vedevi con occhi diversi>>

Che intende dire?

<<Parliamoci chiaro, io e te siamo amiche solo perché sto simpatica ad Alberto, non credo che tu lo abbia capito, ma io e lui ogni tanto ci vediamo di nascosto. Sono sempre stata una stronza ma tu sei stata troppo attaccata alla veste di tua mamma per accorgertene>> dice guardandomi, con occhi da stronza bastarda.

Rimango impietrita quando lei apre la porta e torna nell'altra stanza.

Mi ha appena confidato che mio padre tradisce mia mamma, e per di più con una ragazzina di diciassette anni che credevo mia amica.

Stringo i denti e con gli occhi lucidi, sbattendo la porta ritorno in cucina.

Mi fermo a metà stanza e rivolgo uno sguardo accusatorio a tutti e tre.

<<Tu lo sapevi? Sapevi che l'uomo che ti sta accanto ti tradisce?>> urlo contro mia madre.

<<E tu, non ti vergogni a fare sesso con una minorenne? La conosco da una vita. Mi fai schifo... tutti e due mi fate schifo>> aggredisco papà e Debora con le lacrime che mi scendono.

Solo dopo mi accorgo che Gaia, in piedi vicino il divano, ha assistito al dramma familiare.

Mi guarda con un'espressione cupa e ferita.

Lascio che le lacrime mi liberino gli occhi e me ne vado, sbattendomi la porta di casa alle spalle e lasciando che la rabbia che ho in corpo mi consumi.

Cammino verso il cancello, di nuovo sotto un cielo scuro ma senza stelle.

In un batter d'occhio la mia infanzia mi tortura, presentandosi sotto forma di scene nella mia testa.

Scene e momenti che credevo felici, ma riviverli ora mi rattristano e mi fanno capire quanto può essere falsa una persona.

Un dubbio persiste nella mia mente ferita.

E se anche Gaia fosse come Debora?

Sento una mano sulla mia spalla e mi giro.

<<Cosa hai fatto oggi?>> domando presa dalla gelosia e dalla delusione.

<<Sono stata da una mia amica, te l'ho detto Ele. Ti fidi di me?>> chiede prendendomi la mano e guardandomi con un volto pieno di dolcezza.

Chiudo gli occhi.

<<Sì, mi fido di te>> dico.

<<Mi dispiace per quello che è successo>> blatera con la voce strozzata. 

<<Posso dormire da te stasera?>>

<<Certo>>











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