Mi sdraiai al suo fianco e la strinsi tra le mie braccia, le sue ditina fredde segnavano cerchi immaginari sul mio petto e le sue unghie lunghe mi lasciavano piccoli dolci grattini. Quello che mi piaceva di noi, insieme a tante altre cose, era il fatto che non servisse parlare sempre; ci accontentavamo anche di stare insieme, in silezio, un silenzio che veniva interrotto poche volte da uno dei due, come in quel caso fu lei "Orso, ricordati che ti amo. Ti amo da impazzire e non smetterò mai di ringraziarti per tutti i nostri momenti" disse "Anch'io ti amo da impazzire piccola e mi mancherai da morire, ti devo tutto amore mio. Senza di te, sarei ancora vuoto" la baciai ancora ed ancora, fino ad addormentarci esausti.

La mattina dopo

Mi svegliai abbastanza tardi, sentì il petto leggero e pensai che Ariele si fosse spostata per il troppo caldo, così poggiai una mano sul suo lato e lo trovai tiepido e vuoto; aprì gli occhi e mi resi conto che al posto della mia piccola c'era solo un foglio bianco, piegato per bene in due. Lo aprì e sentì il mio cuore rompersi in piccolissimi pezzettini.
'Amore mio,
Quando leggerai questa lettera, io sarò già lontana. Non ho voluto dirti che sarei partita oggi, perchè odio gli addii, odio vedere gli altri piangere per me e non avrei mai voluto vederti così. Non volevo vederti piangere per la mia partenza, perchè voglio ricordarti con quel sorriso meraviglioso e luminoso che hai, con la tua allegria ed il tuo senso dell'umorismo; voglio ricordarti come ti ho conosciuto e non come ti ho lasciato.
Mi mancherai da morire Orso, mi mancherai davvero tanto, ma ho paura. Paura della distanza e so che questo ti ferirà, ma non riesco davvero a superarla. Mi sento tanto stupida, sai? Anzi, io sono una stupida. E sai perchè? Perchè nonostante io ti ami più della mia stessa vita, ti sto lasciando andare, ti sto lasciando libero di andare a trovare l'amore in una ragazza più vicina. So di ferirti profondamente, ma credimi, non ho altra scelta; spero tu un giorno possa capirmi e che per noi ci sia una seconda occasione, perchè mi piace immaginare il nostro come un arrivederci e non come un addio. Sarai per sempre il mio cuore, ti amo amore mio e mi fa male lasciarti andare. Spero un giorno di poter ricominciare da qui, da questa mattina, da quell'ultimo bacio che ho lasciato sulle tue labbra mentre dormivi sereno. Io conserverò il sapore delle tue fino a quel giorno. Arrivederci amore mio!
Ti amo,
la tua piccolina'
Ripiegai il foglio, lo poggiai sul comodino e scoppiai a piangere. Perchè dovevo sempre fidarmi dell'amore? Perchè dovevo sempre farmi male? Perchè ho creduto che lei fosse diversa? Perchè? Mille domande mi affollavano la testa, mentre prendevo il telefono e componevo il suo numero; quattro squilli... Cinque... Sei... Al settimo rispose "Amore" disse piangendo "Piccola, ti prego proviamoci! Per favore non puoi lasciarmi, lottiamo insieme per noi" piansi anch'io "Ti amo Orso, ti amo tantissimo, ma non ce la faccio. Perdonami, se puoi" singhiozzò "Cucciola, ti supplico! Non può finire così" dissi disperato "Nemmeno io vorrei che finisse così, ma non vedo nessun'altra soluzione. Siamo entrambi troppo fragili per battere la distanza" pianse ancora "Amore ti amo tanto, ti amo da impazzire, ti amo così tanto da non poter fare a meno di te" cercai di convincerla in tutti i modi "Anch'io ti amo da impazzire, non posso più fare a meno di te ed è proprio per questo, proprio perchè ti amo tantissimo che ti sto lasciando andare" la voce era rotta, così come la mia. Disse un'ultima volta 'Ti amo' ed io le risposi per l'ultima volta 'Ti amo anch'io'.

Due anni dopo, 16 Giugno, Bologna

"Boschetto alza il culo dal letto!" strillò Piero "Ma si può sapere che vuoi? Rita non te l'ha data?" mi lamentai "Oggi torna" disse semplicemente "Auguri e figli maschi" sbottai incazzato. Ariele era ancora una ferita aperta e sanguinante per me, nonostante fossero passati due anni "Dai Piè, lascialo stare" Gianluca apparve davanti alla porta richiamando il ragazzo seduto sul mio letto "Ah, va bene" sbuffò uscendo "Come va?" mi chiese l'Abruzzese "Di merda, come al solito" dissi apatico "C'è Ernesto di là, io e Piero ora andiamo all'aeroporto" mi avvisò ed io annuì.

Scesi solamente quando sentì la porta d'ingresso chiudersi, andai in direzione della cucina "Ciao Ignazio" mi salutò il piccolo di casa Ginoble "Erni, come mai sei rimasto qua?" gli chiesi "Preferivi restasse Piero?" rispose con un'altra domanda "Se deve rompere le scatole, meglio te... Ma tu non hai ancora risposto alla mia domanda, signorino" lo fregai "Gian non voleva lasciarti da solo, così abbiamo fatto testa o croce e sono uscito io, fine della storia" disse porgendomi una tazzina di caffè "Uhm, okay" lo bevvi tutto d'un sorso e posai l'oggetto dentro lavandino "Sistema un po' per piacere in camera tua" mi chiese ed io non potei evitare di fare una battuta "Certo, cosa che la principessina si schifa del mio disordine..." "Ignà... Lascia stare" si bloccò ed io lo lasciai lì, tornandomene in camera.

Chiusi la porta con un calcio ed iniziai a mettere in ordine: sistemai il letto, riordinai i vestiti, aprì un po' la finestra per far circolare l'aria e presi i vestiti puliti per poi andarmi a cambiare. Feci una lunghissima doccia e mi vestì, quando aprì la porta mi ritrovai davanti un bambino "E tu chi diamine sei?" chiesi, ma lui si limitò a guardarmi "Gianluca Ginoble ed Ernesto Ginoble, venite subito qua!" urlai incazzato nero "Che c'è Ignazio!?" sbucò Gianluca dalla sua stanza "Chi è questo coso?" indicai il piccolo mostro "È un bambino, non lo vedi?" ora mi prendeva anche per coglione "Ma dai?! E si può sapere di chi è? Della polvere a cui Piero è allergico?" sbottai "È mio figlio, tesoro vieni dalla mamma" quella voce aveva ancora lo stesso effetto su di me, alzai lo sguardo verso di lei e la trovai notevolmente cambiata. Il bambino corse verso di lei e le disse qualcosa all'orecchio, lei disse semplicemente "Poi ne parliamo" e tornò di sotto. Guardai Gianluca e lui evitava il mio sguardo "Chiamami appena è pronto il pranzo" dissi chiudendomi in camera, senza farlo replicare; volevo restare da solo, solo con me stesso. Presi il mio pacchetto di Merit da venti e l'accendino, accesi la sigaretta e mi sentì subito meglio, ero più leggero e senza pensieri. Era incredibile come un piccolo oggetto potesse farmi stare divinamente, dopo aver finito la prima, ne accesi una seconda, giusto per non interrompere quell'estasi in cui ero caduto.

Dopo aver spento anche la seconda, posai il tutto sulla scrivania, afferrando la mia chitarra per strimpellare qualcosa; suonavo note a caso, che messe vicine avevano un loro perchè. Così presi il mio quaderno pentagrammato ed iniziai a segnare la mia melodia, annotando parole e note musicali; ad interrompere il mio flusso artistico fu l'ultima persona che avrei voluto vedere, lei "Ehm, il pranzo è in tavola" disse timida, io non la guardai nemmeno mormorai un secco "Okay, arrivo" e posai delicatamente la mia chitarra sul letto. Lei rimase lì impalata "Devi restare lì ancora per molto? Ti ho detto che ora arrivo" risposi brusco, lei scosse la testa e mi lasciò in pace; misi in tasca le Merit e l'accendino, poi raggiunsi gli altri in cucina.

Il mio umore era in netta opposizione al loro. Loro erano allegri e contenti, mentre io ero rabbioso ed incazzato; per di più quel piccolo moccioso non la smetteva di guardami "Gian ti vuole il piccolo" lo richiamò Ernesto "Dimmi campione" disse al nipote e quest'ultimo gli parlottò all'orecchio ed il mio amico gli rispose a bassa voce "Ma tu sei I-i-i" cercò di dirmi "Non ti interessa chi sono" borbottai rispondendo alla chiamata in arrivo sul mio telefono: mamma. Inutile dire che l'argomento principale fu il ritorno di Ariele e che alla notizia del moccioso mia madre ebbe una strana reazione. Tornai a tavola, ma non toccai cibo la fame mi era passata da un pezzo "Tu sei Orso" quel bambino stava iniziando a darmi su i nervi "Pensa ai tuoi zii, è meglio per tutti piccoletto" dissi acido, ma lui era una grandissima testa di cazzo (peggio di Piero, oserei dire) e continuava a chiamarmi 'Orso' fino a quando ne ebbi le scatole piene "Senti, coso smettila" urlai incazzato come non mai "Ignazio, finiscila!" mi rimproverarono Ernesto, Gianluca e Piero "Sapete che c'è? Andatevene tutti a fanculo" dissi rabbuito ed rabbioso, sbattendo la porta di casa.

Passeggiai per il centro di Bologna tutto il pomeriggio, entrai anche dentro il parco ma la presenza di tutti quei bambini mi fece innervosire ancora di più e me ne andai fumando le mie uniche amiche, le mie sigarette. Passai sotto casa un paio di volte, prima di aprire quel maledetto portone e salire su; girai la chiave nella serratura ed aprì la porta, richiudendola alle mie spalle "Sei tornato" mi disse lei, la ignorai e continuai per la mia strada "Ignazio" mi chiamò, io feci finta di non sentirla "Ti vuoi fermare?!" mi tenne dal polso "Che cazzo vuoi? Eh? Si può sapere!?" sbottai un'altra volta "Parlarti, ma vedo che è impossibile con te!" urlò incazzata per poi chiudersi nella camera degli ospiti, beh Ariele fanculo.

Note personali:
Due capitoli in un giorno, eh!

Ne vedremo delle belle, don't worry

Vi adoro tutte quante, besos xx.

Deskmate || Ignazio Boschetto Where stories live. Discover now