𝔘𝔫𝔞 "𝔫𝔲𝔬𝔳𝔞" 𝔠𝔬𝔫𝔬𝔰𝔠𝔢𝔫𝔷𝔞

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Probabilmente quella fu una delle migliori docce della mia vita. La piacevole sensazione dell'acqua calda che delicatezza, con un flebile tocco vellutato, accarezzava il mio corpo rimase qualcosa di indescrivibile. Un'improvvisa scia d'acqua bollente scivolò sulla mia pelle ed invece di rimanere scottata o sobbalzare per quel getto improvviso, mi trovai travolta da un'improvvisa ondata di piacere. Ogni singola goccia mutava in un unguento capace di far rilassare improvvisamente il tessuto dei miei muscoli.

Approfittai della possibilità di sfruttare tutta l'acqua che desideravo per rimuovere la terra unita al sudore che avevano reso il colorito della mia pelle lievemente più scuro, quando, in verità, da quando mi ero svegliata, era stato fin sempre pallido, tendente al freddo e con le vene in facile vista. Mi soffermai maggiormente nel lavarmi i capelli, sporchi completamente a causa di polvere mista ad acqua sporca e sabbia, che li aveva resi crespi e di un castano scuro spento, nonostante, per natura, fossero di un biondo rosato, tendente a sfumature nocciola.

Teresa probabilmente finì prima di me, per questo non la intravidi nelle docce nelle quale ci avevano scortato. Dei miei vecchi abiti non c'era alcuna traccia, come se fossero svaniti nel nulla, ma al loro posto, al contrario, erano presente magliette, pantaloni e scarpe di nuova fattura, privi di qualsiasi piega o macchia. Preferì indossare sempre abiti nei quali era semplice muoversi, infatti, immancabile era una maglietta bianco panna dall'ampia scollatura e con qualche piccolo bottoncino nero su uno spacco, non molto visibile a causa della giacca a vento verde scuro, quasi smeraldino, che indossai qualche momento dopo; dei pantaloni cargo, di sfumatura nocciola e beige, invece, sembravano scontrarsi appena con il nuovo paio di anfibi di cuoio scuro che avevo scelto. Non avevo avuto tempo per legarmi i capelli, quindi li lasciai semplicemente sciolti.

Uscita di lì, una donna con un camice bianco mi invitò a seguirla, spiegandomi come avrebbero condotto dei piccoli accertamenti medici sulle mie condizioni, quanto bastava per assicurarsi che non mi fosse accaduto nulla di grave nel Labirinto e fossi ancora in pieno possesso delle mie abilità fisiche. Entrai in una stanza decisamente molto ampia e luminosa a causa dell'ingente quantità di vetro che si alternava a schermi luminosi, sui quale diversi numeri cambiavano rapidamente, come se generassero dei codici. Non potei ignorare come monitoravano il battito cardiaco di Minho, come facessero domande sul motivo per il quale Newt zoppicasse, ma non ebbi molto tempo per fermarmi con loro.

Mi condussero su un lettino, successivo alla zona iniziale occupata dai ragazzi, sul quale mi sedetti in breve tempo e, voltandomi, notai Teresa sulla mia sinistra e come, con confusione e timore in volto, si guardava intorno.

<< Buonasera, Dottoressa Crow! >>

Esclamò un dottore vicino a Thomas, regalando alla giovane donna un sorriso cordiale. Questa ricambiò con un cenno del capo, ma non riuscì a vedere altro a causa della mia posizione scomoda che ero stata costretta ad occupare.

<< Buonasera! Come stanno i nuovi arrivati? >>
<< Finora tutto bene. >>

<< Fantastico!>> esordì con tono pacato e, giunta davanti ai nostri lettini, si voltò, << Voi dovete essere Teresa e Alexandra... >>

<< Si, siamo noi. >>

Mi affrettai a rispondere al posto di Teresa. Era strano l'effetto che quella stanza era capace di farle, di come si sentisse completamente persa non appena posò piede lì dentro. Lo sguardo era privo di quel suo solito scintillio, la sua voce mancava di entusiasmo e di decisione, di quella fermezza e forza d'animo che l'aveva sempre accompagnata.

Mi trovai ad occupare la maggior parte del tempo della visita con un numero spropositato di domande. La maggior parte di loro erano sulla mia salute e su quella di Teresa, su come mai io fossi sempre e comunque stanca. Non feci caso a come, alla mia domanda, quella dottoressa sgranò gli occhi e si trovò evidentemente spaesata, tanto che frettolosamente afferrò la mia cartella clinica e la lesse minuziosamente, come se andasse alla ricerca di un ago in un pagliaio, un ago di puro oro, probabilmente.

Mi disse che avevo solo un lieve calo di ferro nel sangue, infatti i sintomi erano stanchezza, pallore, battiti cardiaci irregolari o accelerati, affanno respiratorio, dolori al petto, vertigini, mani e piedi freddi e mal di testa, tutti elementi che, per diversa intensità, avevo provato più volte all'interno del Labirinto, per non contare poi quanto l'essere Velocista avesse fatto in modo che nessun sintomo potesse alleviarsi in tempi brevi.

Teresa ed io venimmo separate. Lei fu portata in un'altra ala medica, dicendole che aveva bisogno di altre cure, mentre io venni spinta con non molta grazia verso un ampio salone da cui percepivo un rumoroso vociare, indistinto. Rimasi sull'uscio della porta. Non sapevo né cosa dire o pensare, non riuscivo a capacitarmi di come tanti ragazzi potessero essere qui e come, la maggior parte di essi, fossero volto sconosciuti.

Minho mi fece cenno con la mano, così fui violentemente strappata dai miei pensieri e posta su un piano di pura realtà. Mi avvicinai a loro con passo lento, così che non potessi inciampare su i miei stessi piedi mentre mi guardavo intorno. Newt, arrivata lì, mi prese dolcemente la mano, così che io lo guardassi e potessi scorgere su sul volto un tenero sorriso, in forte contrasto con la freddezza di quel luogo. Ricambiai, posandogli rapidamente un bacio su una guancia, che causò un rapido vociare nel tavolo dietro di noi.

<< Tutti questi ragazzi... Vengono anche loro da un labirinto, proprio come noi... La W.I.C.K.E.D. è spietata più di quanto immaginassimo, eppure... Perché uccidere tanti ragazzi, se gli serviamo? >>

Si intromise Frypan nel discorso che stava portando avanti un ragazzo mai visto prima. Non bastò questo, però, per interrompere il racconto dell'altro, che, scoccando una rapida occhiata ad un ragazzo incappucciato, riprese:

<< Noi siamo qui da massimo un giorno, ma lui è stato il primo. Se non sbaglio è qui da una settimana. >>

Era incredibile come quel volto, tra tanti ignoti, mi fosse familiare. Sapevo di conoscerlo, o meglio, ero consapevole di conoscere il "lui" del passato, prima che ci venissero cancellati i ricordi. Non presi posto accanto a Newt, non riuscivo a rimanere indifferente. Quando i nostri sguardi ci incrociammo, improvvisamente lui si irrigidì, ma non smise di guardarmi.

<< Alex... Dove stai andando? Ehi! >>

Ignorai Newt, che nuovamente tentò di afferrarmi la mano, ma fallì. I suoi polpastrelli sfiorarono delicatamente il mio polso e nonostante volessi rassicurarlo, non mi voltai. Proseguì dritta, probabilmente con passo anche fin troppo celere, tanto che ottenni diverse occhiatine, non solo dai ragazzi, ma anche dalle guardie a presidio della mensa.

<< Noi ci siamo già conosciuti, non è vero? >>

Domandai a bassa voce, una volta fermatami al suo fianco, ancora in piedi. Lui sollevò lentamente il capo, come se avesse timore di guardarmi, come se temesse che, da un momento all'altro, potessi fargli del male. Annuì con dei solenni movimenti del capo.

<< A quanto pare non sono l'unico che si ricorda dell'altro... Questa cosa mi rassicura un minimo, Alex e, se non dovessi ricordarti il mio nome, non fa niente... Sono Aris. >>

Rapidamente mi sedetti accanto a lui, volendo fargli quante più domande possibili su ciò che ricordava, ma non feci in tempo. Jenson rapidamente varcò la soglia con braccia spalancate e un sorrisetto soddisfatto che gli curvava delicatamente le labbra.

<< Buonasera signori, signore. Sapete come funziona, quando vi chiamerò, voi raggiungerete i miei collaboratori, in modo da portarvi in un luogo più sicuro. I fortunati sono... >>

Aris mi posò rapidamente una mano sul braccio e scosse poi il capo, abbassando lo sguardo.

<< Non so cosa tu stia pensando, ma c'è qualcosa di profondamente sbagliato in questo posto... >>


(Edit: 02/08/19)

&quot;Phase Two: The Scorch Trials&quot;Where stories live. Discover now