Dopo numerosi giri in cui Honey non si dimostrò mai scostante, Michele lasciò la panchina dov'era seduto con i proprietari di Killer fino a poco prima per venire a montare il percorso. Mentre facevo rallentare la palomina al trotto senza perdere contatto, lo osservai con la coda dell'occhio trafficare un po' con i pilieri e le barriere. 

In pochi minuti aveva messo in piedi una serie di ostacoli: nessuno superava il metro d'altezza, ma la loro non facile dislocazione comportava curve strette e grande concentrazione, e sentivo che non sarebbe stato tanto facile. Honey, dal canto suo, fissava gli ostacoli con aria irrequieta, scalpitando e sbuffando; ormai la conoscevo abbastanza da capire che non le mettevano alcun timore, ma che non vedeva l'ora di affrontarli.

Ad un cenno di Michele, riportai Honey sulla pista e nell'angolo la spronai al galoppo. Stavolta sentii che sollevava il posteriore in una sgroppata d'impazienza, ma la lasciai fare. Il primo ostacolo era costituito da un oxer di medie dimensioni, su cui la palomina si lanciò con assoluta sicurezza; strinsi bene le ginocchia e la seguii nel movimento, attenta a non rimanere indietro per non intralciarla, ma non era semplice: percepivo l'adrenalina che la faceva muovere sempre più veloce, e decisi di tralasciare un po' l'assetto per dedicarmi completamente a tenere a freno la sua energia e a incanalarla nel modo giusto. Superammo senza problemi anche gli altri tre ostacoli, un verticale, un triplice e un altro oxer piuttosto impegnativo, e Honey fece una girata terribilmente brusca per poi puntare sull'ultimo ostacolo, una doppia gabbia che non poteva non incutere un po' di timore. Potevo giurarci, sul fatto che Michele avesse messo apposta ultimo l'ostacolo più impegnativo di tutti. Nel rimettermi malamente in equilibrio persi una staffa, ma Honey procedeva troppo svelta e non riuscii a recuperarla; così mi strinsi alla sella con i polpacci e seguii la cavallina mentre decollava.

I primi due salti filarono lisci, ma sull'ultimo sentii che la mia presa sulla sella si allentava, e che scivolavo irrimediabilmente da un lato. Riuscii a non cadere durante la parabola, ma a fine salto ricaddi sul collo di Honey e fu con un grande sforzo di volontà che mi rimisi in posizione senza fare tuffi indesiderati sulla sabbia del campo. La palomina non parve turbata dal mio errore, ma dovetti fermarla, perché stava per ripetere di nuovo il percorso, e non riuscii a trattenere una risata, di fronte alla sua espressione muta che diceva chiaramente: "Possiamo rifarlo un'altra volta?". Gli applausi dei proprietari di Killer dietro di me che mi rimbombavano nelle orecchie e Michele che mi osservava con un sorriso sghembo facevano solo da sfondo a quella scena, in cui l'immagine di Honey spiccava in primo piano, oscurando tutto il resto. Non avevo occhi che per lei.

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«Questi sono i documenti di Honey, ecco qui...»

Mentre Michele e la coppia sbrigavano le trattative, io, dopo aver dissellato Honey e averle messo una coperta e delle fasce da viaggio, la condussi sul trailer. All'inizio fece un po' di storie, ma in passato doveva essere abituata ad usarlo spesso perché alla fine salì la rampa con rassegnazione e optò per dedicarsi alla rete del fieno disposta in un angolo dell'abitacolo, decisamente più interessante.

Le ragazze erano tutte sulla panca del Club House per il pranzo: un'imponente pentola di pastasciutta, distribuita in pari quantità dentro i piatti di carta che si stavano rapidamente svuotando, sulla tovaglia a fiori che rivestiva il grande tavolo in legno della veranda. Chiacchieravano animatamente tra una forchettata e l'altra, in quell'atmosfera spensierata da cui non riuscivo proprio a farmi toccare. Avevo lo stomaco chiuso e non ero proprio dell'umore per farmi coinvolgere dalle loro futilità; di lì a poco Honey se ne sarebbe andata. Ero felice, felicissima, perché il futuro che le si prospettava era davvero fantastico, ma c'era un nodo duro allo stomaco da cui nonostante tutto non riuscivo a liberarmi. Non andava né su né giù, e sentivo che a breve mi avrebbe fatto crollare. Ma per il bene di tutti gli altri, speravo che quel momento arrivasse il più tardi possibile: i proprietari di Killer erano felici come non mai, e la stessa Honey appariva serena. Michele pareva entusiasta, ma mi conosceva troppo bene per lasciarsi ingannare del tutto.

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