7. Ti trasferirai

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"Quindi dovrei cambiare scuola?" 

"No, tesoro. Ho incontrato di recente un mio vecchio amico e tu andrai a casa sua a vivere per il tempo che io starò via per lavoro. Caso vuole pure che sia il preside della tua scuola!" Erina sbiancò. Non ci voleva tanto a fare due più due, casa del preside voleva dire casa di Ian. In quel momento sperò vivamente che Ian vivesse da solo.

"Ha anche un figlio- speranza morta -Ti troverai benissimo, Mark è una persona molto gentile e comprensiva" disse l'uomo accarezzandole la testa.

"Babbo, non posso vivere da sola qui?" Chiese in modo disperato la bionda, stupendo il padre, in quanto era la prima volta, dopo tanti anni, che sua figlia lo pregava per qualcosa e si toglieva di dosso quell'espressione fredda, sostituendola con una supplicante.

"Mi dispiace, ma non mi piace lasciarti sola e poi ora Mark ha preparato tutto. Ti trasferirai a casa loro domani e io dopodomani me ne andrò a Miami" rispose il padre. Le diapiceva non poter accontentare la figlia, ma sarebbe meno preoccupato per lei sapendola a casa del suo vecchio amico.

Erina era sconvolta.

***

"Riri!!!" Urlò Ian abbracciando la ragazza da dietro, spaventandola.

"Staccati!" Ordinò lei tutta rossa in volto. Forse aveva un po' di febbre. Sì, doveva decisamente misurarsela.

"Che cattiva che sei! Lo sai che stasera verrà ad abitare da me la figlia di un vecchio amico di mio padre?- Erina si congelò sul posto. Ian non sapeva che lei era la figlia dell'amico di suo padre e la bionda non aveva nessuna intenzione di dirglielo -Ehy, ma sei bianca come un lenzuolo! Non mi dire che sei gelosa! Su, su sai che voglio bene solo a te" Ian le stava per dare un bacio sulla guancia, se non fosse che lei si allontanò in tempo.

"Riri, sei cattiva! Neanche un bacino mi fai dare!" Piagnucolò il moro seguendo la bionda tra i corridoi.

"Riri, esci con me?" Chiese tutto d'un colpo Ian, bloccando Erina sul posto.

"No" rispose secca lei, continuando per la sua strada.

"Perché no?! Sei così crudele!" Replicò prendendole una mano, che prontamente la bionda ritirò.

"Ho da fare" disse lei camminando verso la propria classe.

"Che cosa?" Domandò lui fermandola sulle scale.

"Non sono affari tuoi" Erina spintonò via Ian e fece le ultime quattro scale prima di entrare in classe, ma si sentì osservata.

Si girò, ma non vide nessuno, allora andò verso il proprio banco vicino alla finestra, ma notò che seduto sulla sua sedia c'era Ian e che ora tutti stavano guardando loro due.

"Cosa vuoi ancora!?" Sbottò stufa del ragazzo che continuava a ronzarle attorno. Le mancavano davvero tanto quei tre mesi passati senza quella palla al piede. 

"Hai un appuntamento con quel Luke, vero? Mi stai tradendo, vero? Perché mi stai tradendo? Cioè, io sono bellissimo e tutto, perché mi tradisci con quella lampada? Ti piacciono le lampade? E i gatti? Sai, io adoro i gat..." "Finiscilaaaaaa!" Urlò la bionda zittendo il moro, che si tappò la bocca con due mani. 

"Se tieni ancora alla tua vita, esci immediatamente da questa classe!" Minacciò lei facendo scattare subito in piedi il moro, che corse fuori dalla stanza, non prima d'aver dato un bacio sulla guancia della bionda.

Rin si toccò la guancia e si sedette al proprio posto esausta. Non poteva sopportare Ian neanche quei pochi minuti a scuola, come avrebbe fatto a sopportarlo i prossimi sei mesi, vivendo sotto lo stesso tetto, senza commettere un omicidio?!

***

"Tesoro, sei pronta?" Chiese il signor Stevenson alla figlia, mentre questa stava caricando l'ultimo bagaglio sul furgone che il padre aveva affittato per l'occasione.

"Sì, possiamo andare" disse con tranquillità la ragazza, mettendosi a sedere vicino al padre, che accese il motore.

Il viaggio durò circa una trentina di minuti, ora erano dall'altra parte della città. La villa, che da stasera sarebbe stata anche la casa di Erina, era gigantesca. Era tutta bianca, con il tetto e le persiane in rosso, creando un bellissimo contrasto.

Era grandissima e bellissima, con una fontana in mezzo e tanto verde attorno.

Il padre di Erina suonò al citofono e il grande cancello si aprì subito. Erina notò subito che davanti alla porta c'erano il preside e un Ian abbastanza scocciato, che continuava a sbadigliare. Aveva addosso una tuta grigia e una maglietta nera aderente. Ai piedi calzini neri e ciabatte della Nike.

Quando il signor Stevenson parcheggiò e scese dal furgone, Erina aspettò un po'. Aveva paura di scendere, non voleva convivere con quella sottospecie di capra poco sviluppata che aveva come hobby quello di romperle ventiquattro ore su ventiquattro e trecento sessantacinque giorni su trecento sessantacinque.

Poi si fece coraggio e scese.

"Grazie Mark per aver accettato di accogliere mia figlia, te ne sono grato" disse il padre al signore tutto sorridente davanti alla porta, mentre il figlio stava dietro e continuava a guardare il proprio cellulare. Si capiva subito che il moro era disinteressato e molto scocciato dalla loro presenza.

"Ma che grato e grato! Siamo ormai vecchi amici e sai che farei di tutto per te!" Esclamò il preside abbracciando Mike, che ricambiava felice. Il preside era una versione più matura di Ian, era letteralmente la fotocopia del figlio, o meglio, il figlio era la sua esatta fotocopia.

"Questa è mia figlia, Erina" A quelle parole Ian alzò di scatto la testa e appena vide la bionda nella sua tuta viola con lo zaino blu sulle spalle, gli cadde il telefono dalla mano.

Let Me Love YouDove le storie prendono vita. Scoprilo ora