Capitolo 9

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SERENA POV.
Siamo in macchina, sulla strada verso una discoteca.
Ho un mal di testa terribile per via della pioggia presa in pomeriggio.
Sascha mi tiene per mano mentre succhiudo gli occhi per alleviare il dolore.
"Tanto male?"
Mi chiede.
Annuisco, non ho voglia di parlare.
Usciamo dalla macchina e il vento di Milano ci travolge in pieno.
"Sere come stai?"
mi chiede la mia migliore amica.
"Sono stata meglio"
sorrido.
"È colpa mia se stai così povera bimba malata, se stai troppo male andiamo a casa e ti curo io"
mi sussurra dolcemente Sascha mentre mi lascia una scia di baci lungo il collo.
Gli sorrido e gli stringo la mano mentre entriamo nella sala affollata.
C'è davvero troppa gente ma rimango in piedi per Soraia.
"Sicura di star bene? Sei pallida"
mi dice, io le rispondo di star tranquilla ma lei insiste,
"Sascha accompagnala a casa, già è troppo che è venuta qua dentro e poi quando sta male è insopportabile"
Il mio ragazzo afferra al volo le chiavi mimando un 'Lo so'
"Soraia mi conosci troppo bene, ci vediamo a casa"
ci alziamo e lasciamo la sala piena di persone ubriache e sudate.
Mi addormento in macchina con la mano di Sascha sulla coscia, gli sorrido qualche volta nella speranza che lui mi veda.    Entriamo in casa, vado dritta in bagno per prendere un' aspirina, dopodiché mi infilo il pigiama e torno in salotto.
"Piccola come stai"
Lo guardo mentre è alle prese con i fornelli, non è mai stato un bravo cuoco..
"Un po meglio, che combini?" mi avvicino a lui pogiando la testa sulla sua spalla.
"Volevo prepararti la cena, ma come sai sono una frana"
inizia a ridere mentre io guardo il suo grembiule sporco.
"Non è difficile, ti insegno io"
Mi avvicino ai fornelli iniziando a preparare il sugo.
"Ma quanto siamo brave, secondo te posso romperlo questo?"
Mi chiede prendendo un piatto tra le mani
"Se fossimo a casa potresti, ma visto che siamo in casa di Lorenzo devi stare fermo"
Una volta finito di cenare con la mia fantastica pasta al pomodoro discutiamo su quale film vedere.
"Cosa vuoi vedere bimba?"
mi chiede mentre guarda i vari film che arricchiscono la mensola sopra la televisione.
"Le pagine della nostra vita?!"
propongo, anche se è più un ordine che una proposta..
"Di nuovo, e poi non credo che Lorenzo ce l'abbia"
Lo guardo ridendo, come se la risposta fosse ovvia.
"Infatti l'ho portato io"
mi alzo e inserisco il  dvd per poi sedermi sul divano con la testa poggiata sulle gambe di Sascha.
A metà film mette pausa iniziando a parlare
"ti immagini quando una piccola te o un piccolo me correranno per casa mentre tu gli stai dietro?"
Lo guardo per un secondo, non credevo che questa idea gli avesse mai attraversato la mente.
"Vuoi un figlio?"
Mi giro per vederlo meglio,  quindi poggio le mie gambe sulle sue con gli occhi fissi sui suoi.
"Certo anche subito"
L'idea mi spaventa, ho sempre pensato che lui sia l'uomo della mia vita ma non sapevo che lui mi considerasse allo stesso modo.
"Pensi che io sia la donna giusta per te, tanto giusta da fare un passo così grande?"
Mi guarda sorridendo, mi piace Sascha dolce, quello che può farti sciogliere solo sorridendo. Posa una delle sue mani sulla mia pancia, proprio come si fa quando una donna aspetta un bambino.
"Sascha non sono incinta"
inizio a ridere, ma lui è serio, troppo, è strano vederlo così anche perché non lo è mai.
"Che hai"
rimane in silenzio, mi sta spaventando,
"Tu cos'hai, ti ho appena detto che voglio avere un figlio con te e tu fai scena muta, cristo "
"Ho 19 anni pensi che io possa avere un figlio ora? Non ti ho detto di no ti sei dato delle risposte da solo"
Mi alzo e vado in camera, evitando la sua voce che mi chiede dove stavo andando.
Prendo la copia di
"Orgoglio e pregiudizio"
la stessa che ho da quando avevo 13 anni e inizio a Leggere, abbandonando la lite grazie a Mr. Darcy. 
Esco dalla camera per prendere un aspirina visto che il mal di testa è tornato, trovo Sascha in cucina con il mio computer sul tavolino.
"Scusa"
mi dice
"Non fa niente"
non lo guardo, gli do le spalle mentre prendo la medicina.
"Stai ancora male?"
Annuisco senza parlare per via dell'acqua che ho in bocca.
"È bellissimo"
dice interrompendo il silenzio imbarazzante che si era creato.
"Cosa?"
mi avvicino a lui, tanto da notare che sta leggendo la bozza di una storia che ho buttato giù.
"Non dovevi leggerlo"
lo guardo leggere la mia storia, i suoi occhi intenti a non perdere ogni singola parola da me scritta.
Mi afferra il polso proprio mentre decido di andare via, "non andare"
Torno di nuovo accanto a lui con la sua mano intorno al mio polso.
Mi fa sedere sulle sue gambe per poi tornare a leggere.
"Anche io ho bisogno che tu mi aiuti ad amare"
facendo riferimento al titolo del racconto.     
"Di cosa hai paura?"
gli chiedo prendendo la sua mano
"ho paura che ti stanchi, che questa vita non faccia per te, hai sempre detto che non saresti mai stata sotto le regole di qualcuno perché devi ragionare con la tua testa senza nessuno che ti dica cosa fare.
Ogni volta che vai a scuola, mi aggiro per casa nella speranza di vederti, quando torni devi studiare e mentre tu studi io vado a lavoro, in quei pochi attimi in cui siamo insieme ho paura che tu te ne vada, che ritorni a Roma per vivere la tua vita spericolata come quella che facevi prima, ho paura che la casa in cui vivi non la consideri tua, non la consideri nostra"
Queste parole sono state la conferma che si tiene tutto dentro, avrebbe potuto dirmi quello che prova di giorno in giorno e io lo avrei rassicurato.
"la casa in cui vivo, anzi viviamo, la considero nostra dal primo momento in cui ci ho messo piede.
Ti racconto una cosa, il primo giorno che ti vidi, a Roma, mi eri subito piaciuto, c'era un legame che mi univa a te anche senza conoscerti; la tua pazzia mi aveva conquistata, mi serviva uno spirito pazzo e libero come me, uno che non ha paura di quel che dice.
Quando la nostra relazione è iniziata ero felice ma più i giorni passavano più mi rendevo conto di quanto volevo vederti, mi sei venuto a trovare ed è iniziato tutto realmente, la prima volta, la prima uscita da vera coppia, le mani intrecciate, i baci e le risate in piazza. Poi sei partito e mi sono sentita crollare, la mattina non mi svegliavo più con il tuo sorriso ma con un tuo messaggio.

Un anno fa mi hai chiesto di venire a Torino, i miei sapendo quanto ci stavo male ogni volta che non c'eri hanno acconsentito, all'inizio ero a disagio lo ammetto, città nuova, vita nuova ma con te accanto tutto era più facile ancora così, se tu non ci fossi più potrei crollare"
Lui mi guarda, io riprendo fiato dopo le lacrime versate.
Mi sorride asciugandomi le lacrime precedentemente scese sulle mie guancie.
"Okay basta, siamo troppo seri non è da noi"
È così strano, quando sto con lui le lacrime vengono subito sostituite da fragorose risate.
"Ci vedo a fare i genitori"
insiste, ma questa volta queste parole sono come una medicina, come qualcosa di cui avevo bisogno.
"Anche io"
gli sorrido.
"ti prometto che quando finisco la scuola del tutto possiamo pensarci"
non voglio diventare madre a 19 anni, durante gli studi un neonato non fa al caso mio, ragazzini urlanti, pannolini sporchi e pappe non combaciano perfettamente con la mia vita, anche se, ricordo che quando ero più piccola l'idea di avere una famiglia mi emozionava e intrigava allo stesso tempo.
"Non devi sentirti obbligata
Se dovrà succedere succederà.. ma ora posso rompere un piatto?"
mi implora sporgendo il labbro inferiore e io lo bacio per poi consentirgli di rompere questo cavolo di oggetto.
"Ripulisci tutto"
rido mentre mi reco nell'altra stanza per continuare il film.               
"E tu invece di cosa hai paura?"

Capitolo di:  makeitshine2002

My Smile - Lorenzo Ostuni & Stefano Lepri [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora