EVERYTHING I DIDN'T SAY

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Bevo l'ultimo sorso di caffè e poggio la tazzina sulla scrivania, è venerdì pomeriggio e sono circondata da scatoloni pieni di cose vecchie di cui mi devo sbarazzare. Devo fare spazio sulle mensole per i nuovi libri dell'università e mettere via quelli del liceo. Mi piego davanti all'ennesimo cartone e lo giro per leggere l'etichetta, "ultimo anno".
Lo apro, libro di matematica, libro di inglese, biologia, vecchi quaderni.
Era una giornata molto calda, non vedevamo l'ora di toglierci quelle toghe nere pesanti e andare a festeggiare. Prendo la fotografia dal fondo dello scatolone, la luce pomeridiana che entra dalla finestra illumina lentamente i nostri volti sorridenti. Eravamo finalmente diplomati, un capitolo della nostra vita si stava chiudendo e un altro era lì pronto per essere scritto. Chi aveva le idee chiare su come avrebbe riempito le pagine della sua vita, chi avrebbe aspettato davanti ai fogli bianchi, indeciso. Poso lo sguardo sui volti, io sono a destra. Passo l'indice sulla mia figura, stavo sorridendo, avevo qualche idea sconnessa su cosa avrei fatto, nulla di certo.
Sono sempre stata così, indecisa fino all'ultimo momento. Ho sempre avuto troppa paura di sbagliare, di pentirmi delle mie azioni. Ma in quel momento non mi importava più di tanto, ero riuscita a finire il liceo con ottimi risultati, avevo tempo per decidere del mio futuro.
Riesco a sentire ancora le risate dei ragazzi che corrono ad abbracciare i parenti, riesco a sentire la felicità che si respirava nell'aria estiva, riesco a vedermi mentre cerco con lo sguardo tra la gente una figura familiare che non riuscirò a trovare.
Ci avevo sperato, ci speravo fino all'ultimo secondo, fino a quando sono salita sulla macchina dei miei e mi sono allontanata per sempre da quell'edificio che racchiuderà per sempre parte dei miei ricordi, quelli più belli che rimarranno tra quelle mura.
La ripongo nel primo libro che mi capita sotto mano. Un altro pezzo di me che mi ricorda quella che ero e quella che sono. Un altro pezzo di me incompleto, difettoso. Mi mancava già qualcosa e quella fotografia non mi dirà nulla di nuovo, non troverò nessuna differenza tra quel sorriso e il mio riflesso nello specchio.

La fila per la segreteria è enorme, sono fuori da più di un'ora e non sono ancora riuscita ad entrare.
Finalmente arriva il mio turno, passo i documenti alla signora che in poco tempo mi fa mettere alcune firme e timbri.
I raggi del sole mi colpiscono gli occhi appena esco dall'università, porto una mano sul viso per ripararmi dalla forte luce mentre frugo nella borsa per trovare gli occhiali da sole.
"Ti serve una mano?"
Gli occhiali non mi servono più perchè una figura davanti a me mi fa ombra. Riporto la borsa sulla spalla mentre alzo lentamente il volto.
Mi ricordavo un ragazzino con un ciuffo troppo lungo e qualche brufolo sulla fronte. Ora vedo un ragazzo con i capelli più corti, la barba sulle guance e sul mento, lo stesso sorriso con il percing nero che cattura la luce del sole sul labbro inferiore.
Lo abbraccio sussurrando il suo nome, e mi rendo conto che mi è mancato davvero tanto.
"Che ci fai qui?" - gli chiedo allontanandomi un pò, ha lo stesso profumo dolce, come lo ricordavo.
"Ho deciso di continuare gli studi qui, sono venuto a consegnare i documenti di trasferimento. Penso che tornerà anche Calum"
Sorrido felice alle sue parole, sono contenta che una delle persone più importanti della mia vita sia tornata.

"Così hai incontrato Ashton, me lo ha detto prima quando sono passato dal negozio di musica dove lavora"
Camminiamo per le vie della città che ci vedono di nuovo l'uno accanto all'altra dopo tempo. Gli stessi ragazzini un pò più cresciuti, con piani per il futuro, un passato pieno di ricordi. Percepisco il suo cambiamento, non è più impacciato, ora è più sicuro, deciso. Ma siamo ancora simili, siamo ancora silenziosi, persi nei nostri pensieri.
Mi racconta dei suoi studi, dei suoi progetti, della sua vita mentre eravamo in posti diversi. Io ho poco da dirgli, una vita fatta di abitudini, routine.
"Sono davvero felice che sei tornato Luke"
Siamo fermi davanti al cancello di casa sua, il mio sguardo si ferma sulla porta d'ingresso. Un'espressione divertita si dipinge sul mio volto, quella sera in cui venni a chiedergli ripetizioni di matematica. Ne è passato di tempo, ma so che lo rifarei ancora, direi ancora la prima cavolata che mi passa per la mente pur di coprirlo.
"Avevo davvero una cotta enorme per te" - dice scuotendo la testa mentre una piccola risata esce dalle sue labbra.
Abbasso lo sguardo colpevole calciando un sassolino.
"Ma ehi, è acqua passata, ho superato la cosa"
I suoi occhi azzurri mi confermano le sue parole, è andato avanti, cosa che dovrei fare anch'io.

Umbrella ~Michael Clifford~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora