4. Come i scrivere i dialoghi delle vostre storie (Parte uno)

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Chi di voi ha mai attraversato l'Ovest americano? Parlo di California, Nevada, Colorado. Dell'Arizona e poi su, fino alle distese arancioni dello Utah. Avete mai visto un canyon dal vivo? Le alte cornici della Sierra, il Big Sur, dove onde e scogliere si aggrediscono da un milione di anni. E le sequoie millenarie, e le foreste, e i deserti di roccia e di sabbia...

Be', magari non ci sarete stati, ma in questo momento vi sembra di esserci dentro. La nostra auto è parcheggiata in uno degli infiniti vista point, in un'ansa della strada. Siamo in alto, i gomiti appoggiati al legno vecchio di una staccionata. E guardiamo giù, studiamo la valle che davanti a noi si scava la sua lenta via tra le montagne. Non c'è nessuno, gli ultimi turisti se ne sono andati da un pezzo. Non per questo il paesaggio è meno bello. Anzi, è mozzafiato. Nessuno ci disturba e noi stiamo qui a guardare, immersi nella luce e nel silenzio.

E che silenzio... un paradosso, dato che la cartina dice chiaro e tondo che queste sono le regioni del dialogo!

E infatti, qualcosa sta cambiando. È il vento, sale dal basso. Tendiamo l'orecchio, da valle si solleva un brusio leggero, il sussurrare di una miriade di voci. La terra si è risvegliata ed è una terra enorme, non c'è altro da dire, una regione sconfinata. Potremmo scendere, provare ad attraversarla tutta e non ne verremmo comunque a capo. Potremmo correre su quelle strade e sui quei campi, ma rischieremmo di perderci. Meglio calmarsi. Meglio fare attenzione e rimanere un po' quassù, al sicuro. È ancora presto, e sul dialogo c'è così tanto da dire...

I dialoghi sono essenziali, sono importantissimi. Per farvi un esempio di quanto conti il dialogo in una storia, vi basti sapere che agenti e case editrici, prima di considerare un autore inedito, origliano sempre un po' i suoi personaggi mentre parlano.

E così, curiosi ma non del tutto convinti, infilate una mano nello zaino e tirate fuori il binocolo. Oggi ci accontentiamo di dare solo un'occhiata, facciamo con gli occhi un giro di questo plastico in cui nuvole e fiumi sembrano le uniche cose in grado di muoversi. Un volo d'uccello.

Cerchiamo intanto di capire come'è fatta, questa regione grande come un oceano.
Guardiamo quanti tipi di dialogo esistono.

IL DISCORSO DIRETTO LEGATO

È quello classico, quello che ci viene da usare la maggior parte delle volte. Nel discorso diretto legato c'è sempre una voce narrante che indica chi dice cosa, usando verbi come dire, rispondere, chiedere, esclamare... eccetera.

«È ora che ti compri una macchina nuova», disse Giulia.
«Davvero?», rispose Matteo.

In questo tipo di dialogo, il tempo della narrazione è uguale a quello percepito dal lettore. La chiacchierata, cioè, dura circa il tempo che ci mettiamo a leggerla.

IL DISCORSO DIRETTO LIBERO

È ancora più semplice. Praticamente è uguale a quello legato, ma non c'è un narratore a mettersi in mezzo. Nessuno ci indica chi sta dicendo cosa, e le battute sono una di seguito all'altra, quasi sempre distanziate da un a capo.

«È ora che ti compri una macchina nuova.»
«Davvero?»

Quando si usa il discorso diretto libero, bisogna stare attenti a distinguere bene le voci dei personaggi. Non bisogna mai lasciare il dubbio su chi sta parlando. Voi direte: "Ma se c'è l'a capo, come fa a confondersi il lettore?".
Così:

«È ora che ti compri una macchina nuova.»
«Davvero?»
Il motore fece un verso rauco e si spense del tutto.
«Sì, è proprio ora...»

Questo dialogo, secondo me, ha qualcosa che non va. Rimane il dubbio su chi ha detto l'ultima battuta.
Sistemiamolo un po':

«È ora che ti compri una macchina nuova.»
«Davvero?»
Il motore fece un verso rauco e si spense del tutto.
«Mi sa che hai proprio ragione...»

Lezioni di Scrittura Creativa - [2/8]On viuen les histories. Descobreix ara