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A/N: Ragazzi, grazie per il supporto. Mi raccomando, commentate durante la storia e fatemi sapere cosa ne pensate!

Aria

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05/12/2016 - Londra


"La sofferenza, per strano che questo possa sembrarti, è il mezzo per cui esistiamo, perché è l'unico mezzo per cui diventiamo coscienti di esistere; e il ricordo delle sofferenze del passato ci è necessario come garanzia e testimonianza della nostra identità ininterrotta. Tra noi e la memoria della felicità sta un abisso non meno profondo di quello che ci divide dalla felicità stessa. Se la nostra vita insieme fosse stata quella che il mondo immaginava, una vita tutta piacere, feste e libertinaggio, non saprei più ricordarne un solo episodio. È perché fu piena di momenti e giorni tragici, amari, sinistri nelle loro promesse, tetri e terribili nelle loro scenate monotone e violenze indecenti, che posso rivedere e riudire nei suoi dettagli ogni singolo episodio, anzi quasi non so vedere e udire altro..." (1)

"Wow, mi viene da piangere."

Il commento di Gemma mi distolse dalla lettura e alzai lo sguardo.

"Non dovresti piangere. Dovresti solo afferrare il significato di queste parole."

"Harry, lo so che Oscar Wilde per te è come un dio, ma se queste parole sono cariche di sofferenza, non è certo per colpa mia."

Chiusi il libro e lo posai sul divano al mio fianco, sospirando.

"A Charlie piace Wilde. Mi hai chiesto tu di leggerti qualcosa per far colpo su di lui..."

"Infatti, non ti ho chiesto di leggermi qualcosa per farlo piangere."

Alzai gli occhi al cielo e andai in cucina per preparare il pranzo.

Quel giorno non ero andato all'università. Avevo preferito restare con Gemma ancora per un po', prima della sua partenza, che sarebbe avvenuta di lì a qualche giorno. Per il momento, dormiva sul divano-letto insieme a me ed era come se fossimo tornati entrambi bambini.

"Hai sentito Paige per Boston?" la sentii chiedermi mentre si metteva seduta davanti al tavolo in cucina.

"Sì. Mi ha detto che mi sta aspettando."

"Allettante."

"Ma smettila," dissi tirandole uno straccio. Rise.

"Notizie da Liam?"

"Mi ha telefonato per dirmi che torna dopo pranzo. Era così elettrizzato quando l'ho sentito al telefono, questa mattina."

"Allora non gliel'ha ancora detto..."

"Esatto."

Mangiammo in silenzio, eccetto per quei momenti in cui iniziava a parlare delle labbra di Charlie e della voce di Chet Baker, che era stata un sottofondo intimo e magico per il suo bacio altrettanto intimo e magico. Era stata incantata dalla sua immagine da perfetto ragazzo sarcastico e affascinante.

"Non ti porterò mai più a una di queste feste."

"Tanto non potrò tornarci, imbecille," disse sciacquando il suo piatto per metterlo nella lavastoviglie. "È stata la classica cosa da 'una botta e via'."

"Dio, ti prego, risparmiami i particolari raccapriccianti," commentai disgustato dalle immagini che erano apparse davanti ai miei occhi.

"Non in quel senso. Lo vedi che sei un imbecille?"

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