𝔓𝔯𝔬𝔩𝔬𝔤𝔬

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Mi svegliai a causa di violenti scossoni una volta che riuscimmo ad arrivare. Non seppi, di preciso, comprendere dove quell'elicottero fosse atterrato o come mai la situazione fosse drasticamente cambiata. Voci sconosciute di uomini, ferme e acute, gracchianti, facevano fatica a sovrastare la forza dell'elicottero, che faceva ruotare al massimo del suo potenziale le eliche. Un turbinio improvviso avanzò con prepotenza all'interno del mezzo di trasporto quando i portelloni vennero spalancati.

Socchiusi debolmente le palpebre per poter vedere meglio ciò che era intorno a noi, ma ben presto compresi che la mia visione limitata era a causa della sopraggiunta della notte: un cielo privo di stelle e con una luna nera rendeva impossibile la visione di qualsiasi cosa che non fosse illuminata con luci artificiali. Non potei dimenticare il vento freddo di quella nottata, un presagio che non riuscì ad ascoltare, che decisi di ignorare in favore di una sciocca presupposizione.

<< Alex! Forza, muoviti, dobbiamo andare via da qui! >>

Mi voltai di scatto verso Newt, che con un sorrisetto di circostanza tentava di darmi qualche colpetto sulla spalla. Abbassando lo sguardo, mi ricordai di come avevo preso posto tra le sue braccia, come il suo battito cardiaco mi avesse cullata come una dolce canzone e soprattutto come, finalmente, ero riuscita a riposare, avendolo lui al mio fianco, consapevole che fosse sano e salvo. La sua voce era gentile, ma non potei crogiolarmi ulteriormente in quel benessere e in quel limbo privo di dolori.

Un uomo con il volto coperto mi afferrò frettolosamente per il braccio e mi strattonò in avanti, facendomi cadere con il volto nella sabbia. Una presa più attenta mi prese per una spalla e mi spinse in avanti, aiutandomi a tornare finalmente in piedi. Non riuscì a vedere dove fosse Newt fino al momento in cui lui stesso non mi afferrò la mano e si slanciò in avanti, costringendomi a seguirlo e riprendere, ancora una volta, a correre. Ero ancora stanca per tutto quello che era accaduto, infatti avevo ancora il respiro affannato e le gambe tutte doloranti.

Ero ancora incredula di quello che era accaduto qualche ora prima. La morte di Chuck, la morte di Gally, il video lasciatoci da Ava Paige, la conclusione di un'epopea durata, per alcuni ragazzi, anche diversi anni, tutto era giunto ad una fine troppo positiva per essere reale. Infatti, non fu affatto così, nessuna bugi tanto grande ci fu detta come quella. Vedere quella donna, la madre di mia madre, privarsi della propria vita, mi aveva lasciato un vuoto nel petto, ma non sembrava essere capace di coprire quello lasciato dal piccolo Chuckie, nulla mi avrebbe mai aiutato a superare quella perdita.

Venimmo spinti in direzione di un'imponente struttura di acciaio e cemento, molto ben costruita e progettata, che presentava lievi somiglianze al Labirinto, ma non mi ci soffermai troppo sopra, accecata dalla convinzione che dovesse trattarsi solamente di una pura coincidenza. Sollevai finalmente gli occhi e, nonostante la sabbia sollevata dalle eliche dell'elicottero, riuscì ad intravedere anche gli altri che tentavano di avvicinarsi a grandi portelloni in acciaio, seguiti da diversi uomini armati.

Improvvisamente la quiete della notte venne squarciata da grida disumane e da spari. Alti lampioni illuminavano il nostro cammino e nonostante il vento gelido che soffiava, nonostante il freddo capace di penetrare con forza nei mie muscoli, non riuscì ad arrendermi, Newt, nonostante zoppicasse e la gambe gli facesse ancora male, continuava a darmi forza e a trascinarmi avanti, verso quella presunta salvezza.

<< Stanno arrivando gli Spaccati, dobbiamo fermarli! >>

Varie grida poi si sollevarono mentre venivamo spinti nell'Hangar di quella struttura, ricoperta di luci e vetri. Evidente panico nella loro voce, un numero indefinito di proiettili vennero sparati contro figure dai movimenti bizzarri, improvvisi ed estremamente violenti nei loro confronti e negli altri.

<< Forza, ragazzi! Correte e mettetevi in salvo, qui ci pensiamo noi! >>

Non seppi mai che pronunciò queste parole perché, aggrappata infine a Newt, riuscimmo a varcare la soglia dell'Hangar e riprendere un po' di fiato. Quei grandi portelloni grigi e gialli si sigillarono alle nostre spalle e i spari, poi, si conclusero quando l'apparente allarme sembrò cessare.

Nessuno dei presenti si volto versò di noi, nessuno parlò o ci prese in considerazione. Ancora una volta ci trovammo in un posto sconosciuto, senza sapere esattamente come poter uscire oppure entrare. Avevo un brutto presentimento, come se quella realtà non fosse quella che ci aspettavamo, ma, incapace nuovamente di poter esprimere il mio pensiero, tacqui.


(Edit: 22/07/2019)






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