Le idee malsane di Fiona

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Resti lì, mi dice. Certo. Come no. Non ho nessuna intenzione di restare qui sotto da sola. Potrei uscire e andar via, ma la curiosità è più forte della paura: conto fino a dieci, poi inizio a seguire Donnie su per le scale. Spero solo che non mi spari scambiandomi per qualcun altro.

É talmente buio, qui dentro, che non posso far altro che seguire il rumore dei suoi passi; ogni tanto scorgo il bagliore della sua torcia, qualche metro avanti, ma sono solo pochi lampi sporadici.

É nervoso, lo sento nel tono della sua voce ogni volta che chiede se c’è qualcuno: è più stridulo del solito.

tump

Cos’è questo rumore? Sembra una martellata, o qualcosa del genere …

Stringo convulsamente l’accendino nella mano destra come se fosse un’arma: comincio a risentire della tensione che respiro insieme all’odore di bruciato. Mi fermo ai piedi delle scale, mentre Donnie è arrivato all’ultimo piano, in cima a quella stessa rampa. Una folata di aria fredda mi investe.

tump

Sta per crollare tutto? La casa è pericolante, i piani superiori sono quelli maggiormente danneggiati; forse non è così saggio restare qui. Dovrei uscire, magari cercare aiuto, chiamare rinforzi. Sì, è la cosa giusta da fare. Mi giro. Mi rigiro. Il buio è talmente profondo che ho perso l’orientamento. Esito.

“Vai via… Vattene”

É un sussurro, niente più, ma vibra nell’aria vicino al mio orecchio come se qualcuno fosse qui, accanto a me.

Un brivido gelido si inerpica su per la mia schiena. Mi volto lentamente verso la mia destra, il punto da cui ho sentito provenire la voce.

Mi trovo faccia a faccia con un viso dal colorito talmente pallido che sembra quasi risplendere nell’oscurità. Il viso di un ragazzo privo di occhi e privo del resto del corpo.

Urlo, forse, non ricordo.

Corro, incespicando, aggrappandomi a qualsiasi appiglio mi capiti a tiro; mi arrampico sulle scale fino al piano superiore; è una corsa a perdifiato, alla cieca, nel tentativo di mettere più distanza possibile fra me e quella cosa, qualunque cosa sia.

Atterro fra le braccia di Donnie, ma questo non lo capisco subito: prima lotto, graffio, mordo; soltanto in un secondo momento , richiamata alla realtà dalla sua presa salda e dalla sua voce profonda, mi rendo conto di essere al sicuro.

- Dottoressa, si calmi. Mi dica cosa è successo

- C’è qualcuno, là sotto! Ha la faccia bianca e…e… – mi interrompo, accorgendomi solo adesso che non posso aver visto quel che credo di aver visto. Inspiro profondamente, mi guardo intorno; dietro le spalle di Donnie scorgo Liam.

Torno con lo sguardo su Donnie che mi sta fissando con aria interrogativa.

- Lasci stare. Probabilmente mi sono lasciata suggestionare… E lei cosa ci fa qui? – cambio discorso, lo ammetto, tornando ad osservare Liam che mi restituisce l’occhiata con un sospiro rassegnato.

- Potrei farle la stessa domanda, dottoressa. – commenta con quel suo sorriso sbilenco.

Di nuovo, guardo Donnie e anche se non parla è palese che si stia ponendo la stessa domanda.

- Ero venuta a trovare mia nonna, abita nel palazzo di fronte. A un certo punto guardando dalla finestra ho notato che qui c’era qualcosa di strano e sono venuta a controllare. – spiego, scostandomi da lui e ravviandomi i capelli dietro le orecchie. Non ho nessuna intenzione di rendermi ridicola raccontando di aver visto una ragazza che ho scambiato per il fantasma descrittomi da Liam durante le sedute di terapia.

- Avrebbe dovuto chiamarmi – Donnie sospira, passandosi una mano sulla fronte – per fortuna un tizio della palazzina accanto ha fatto il proprio dovere di cittadino e ha avvertito la polizia quando si è accorto che qualcuno stava entrando nell’edificio.

Annuisco, ma non lo sto ascoltando: un movimento, un’ombra forse, attira la mia attenzione sulla nicchia che c’è nella parete alle spalle di Liam. É stato soltanto per una frazione di secondo, ma ho avuto l’impressione che ci fosse qualcun altro, lì.

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