30. "Goodmornings and bad news"

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Era tornato alla normalità grazie al respiro pesante di Bill che, accoccolato contro il suo petto, respirava profondamente. Non lo avrebbero svegliato neanche i botti di capodanno, questo Tom lo sapeva, si era quindi limitato a spostarlo di qualche centimetro per permettere al suo stesso corpo di scendere dal letto e aprire la finestra.

Si stupì di quanto potesse essere soleggiato l'inverno, non si notavano neanche i vetri delle macchine ghiacciati con tutti quei raggi di sole. Eppure il freddo c'era, invisibile ma persistente.

Ricontrollò l'orologio, era un vizio, sapeva che in realtà erano passati una manciata di minuti. Decise quindi di svegliare Bill, sebbene guardarlo dormire fosse uno spettacolo. Sentiva ancora il profumo del suo corpo attaccato al suo, con la mente poteva ancora sfiorargli i capelli e tastare il suo corpo. Ritrovò presto i segni sul collo che gli aveva provocato quella notte, erano lì e non se ne sarebbero andati via presto. Poteva percepire il rumore lieve delle coperte muoversi sotto i loro corpi e l'odore dell'ammorbidente che lasciava spazio al profumo che loro stessi sprigionavano.

Si avvicinò piano, sovrastando il moro con tutta la sua muscolatura. Spostò una ciocca di capelli dal suo viso e ne approfittò per passare una mano all'interno della sua folta capigliatura: una carezza, un gesto puramente d'istinto per far capire al ragazzo che era lì e che non se ne sarebbe andato.

Premette il naso contro il suo e lo mosse quasi sfregandolo:
«Buongiorno» disse poco dopo, inalando nelle narici quella fraganza particolare di cui sapeva solo ed esclusivamente Bill.

Dall'altra parte ricevette qualcosa simile ad un mugugno, una specie di verso che però restava incomprensibile. Vide il viso del ragazzo sbattere le palpebre, aprirle leggermente e poi richiuderle.

«Ancora cinque minuti, m...amm...a» la a fu seguita da un enorme sbadiglio che non riuscì a trattenere, con tanto di stiracchiamento verso l'alto.

«Peccato che io non sia tua mamma» furono le parole che Tom pronunciò contro il suo orecchio.

A quella specie di richiamo, il ragazzo di scatto aprì gli occhi e ebbe bisogno di qualche secondo per mettere a fuoco la situazione. Si rassicurò vedendo che davanti a lui c'era Kaulitz e che aveva in mostra i suoi pettorali. Decisamente un bel risveglio.

Si sporse in avanti col busto fino a sorpassare le coperte e raggiungere la fine del letto, esattamente dove si trovava Tom. Una volta lì lo avvicinò a sé e si aggrappò a lui con entrambe le braccia, stampandogli un velocissimo bacio sulle labbra.

«Buongiorno» disse, finalmente, anche Bill.

* *

Si trovavano al piano di sotto quando il telefono di Tom iniziò a squillare.

Stavano facendo colazione con i cereali preferiti di Bill: quelli al miele. Sinceramente, non ne aveva mai assaggiati altri da quando era bambino e non era sua intenzione farlo. Il gusto del miele lo riportava un po' alla vita e lo rimetteva con la testa sulla spalle dopo essere uscito dal mondo dei sogni. Dal canto suo l'altro non aveva replicato nella scelta: non era un maniaco dei cereali, uno di quelli che mangia quelli e solo quelli, come di fatto lo era Bill. A lui bastava fosse cibo commestibile, poi era tutto passabile.

Squillò il suo cellulare con quella tartassante musichetta già impostata che non aveva mai memoria di cambiare. Una specie di ti ti ti ta ta ta continuo, con un sottofondo caraibico quasi.

Rispose una voce femminile e si accorse che, in effetti, sul display era comparsa la scritta mamma.

Aveva saputo del ritorno di Tom, aveva parlato con lui ogni giorno da quando se n'era tornato a Berlino e ora era contenta di poterlo riavere a casa. Era strano, però, che avesse telefonato. Di solito lasciava lui lo spazio necessario per fare le sue cose, non lo tartassava di chiamate per chiedergli quando sarebbe tornato a casa, o cosa voleva a pranzo. Per questo Tom rispose impacciatamente e con grande stupore.

Fu una telefonata breve ed incisiva, del monologo durato due minuti di Simone, aveva capito solo quattro parole. Quattro maledette parole che continuavano, ripetutamente, ad apparirgli a mo' di titolo di film nella mente.

Lampeggiavano in modo continuo come a dirgli "questa è la verità, non puoi sfuggirgli". Non sapeva se valeva piangere o se riattaccare alla donna aveva già scosso da lui tutta la rabbia e l'amarezza. Probabilmente la prima opzione non era degna di ciò che stava succedendo, di ciò che gli aveva fatto passare, eppure delle gocce avevano iniziato a rigargli il viso.

Poteva scappare da tutto ciò, fingere che non gli sarebbe mai importato, ma in cuore suo sapeva che non era così. Da certe cose non puoi scappare da certe persone tanto meno.

Brown Eyes || Twincest.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora