Capitolo III

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Venerdì 16 Gennaio 2009

Lisa

Il parco della città è veramente grande e pieno di vita. Respiro l'aria invernale e lascio che il fresco entri nei miei polmoni. Sulla panchina di legno un po' trasandata, seduto accanto a me, c'è Leonardo. Lo guardo e sembra di rifarmi gli occhi ogni volta. Lo osservo per bene: il mento sporgente e gli occhi marroni scuro dove a stento non si vede la pupilla, sono concentrati su qualcosa all'orizzonte, lo sguardo serio e attento come un cane che fa da guardia.
"Che stai guardando?" gli chiedo incuriosita mentre le nostre mani fredde si intrecciano. Ha le dita affusolate e il loro tocco mi mette i brividi tutte le volte.
"Quei bambini là" risponde serio indicandoli con un cenno della testa.
Sposto la schiena verso di lui per osservare dei bambini che stanno ridendo e si inseguono, trovando gusto nel gioco che stanno facendo. Uno di loro cade e viene aiutato da un altro bambino che come se non fosse successo niente riprende a rincorrerlo.
Faccio una smorfia: ho sempre odiato i bambini. Non vorrei bambini in futuro ma osservo come Leonardo sia veramente interessato a loro: "Che stanno facendo?"
"Sorridono, gioiscono. A loro non importa cosa potrebbe succedere dopo: se cadono mentre corrono e si sbucciano, si puliscono la ferita, si rialzano e continuano a correre, magari anche più veloce di prima. Mi chiedo come mai noi grandi, nella vita, ci mettiamo a camminare invece che a correre. Abbiamo paura di sbucciarci? Abbiamo paura del male che potremmo sentire? In realtà l'unica soluzione sarebbe inciampare nei nostri errori, magari anche più volte, rialzarci e cominciare a correre più veloce di prima, proprio come fanno quei bambini."
Continua a fissarli e sospira mentre mi passo una mano tra i capelli.
Gli incornicio delicatamente il viso facendolo voltare verso di me in modo che i nostri sguardi si incrocino. Apro la bocca per provare a dire qualcosa mentre sento il calore delle sue labbra baciarmi le mani che ha appena spostato: "Io voglio dei bambini, Lisa"
La sensazione di leggerezza che avevo fino a prima scompare a poco a poco, le sue parole mi lasciano di stucco facendomi balbettare ridicolmente qualcosa: "Io... Io non lo so. Siamo giovani"
Lui scuote la testa: "Voglio dare dei nomi ai miei figli, voglio insegnare loro a camminare, a dire la loro prima parola, a giocare a calcio o magari te potrai insegnare loro a cucinare il tiramisù che cucini tanto bene, e poi voglio rimboccare loro le coperte, stampargli un bacio sulla fronte e andare a dormire felice."
Sospiro pesantemente "È questo quello che conta più di tutto adesso, per te?"
Mi abbassa le mani strusciando delicatamente il suo pollice in su e giù: "Quello che per me adesso conta più di tutto sei te, Lisa" chiude gli occhi per qualche secondo e poi li riapre lasciandone intravedere il luccichio "Ma non posso fare a meno di chiederti questo, o di esprimere le mie idee"
Lo guardo ancora più innamorata di prima, lo amo. Lo amo con tutta me stessa ma non posso dargli quel di più che lui vuole. Non io. Lascio le sue mani e mi mordo le unghie dal nervoso mentre lui mi abbraccia posando la testa sul mio seno.
"Ti amo Lisa e se ancora non ti senti pronta io sarò disposto ad aspettare" sussurra dolcemente
"Lo so" rispondo impassibile perché per quanto le sue parole mi facciano sentire sicura e protetta, non riesco a evitare di sentirmi inutile.
Mi stampa un leggero bacio sulle labbra, quel tocco mi riporta un po' di stabilità.

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