24. Femmina (rev)

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Cerco di tirami su a quattro zampe, una fatica immane. La testa mi gira e i miei sensi sembrano ottusi, ovattati. Il cucciolo vicino a me dorme profondamente. Anche il vecchio maschio, più in là, giace riverso con le zampe all'aria, con la bocca spalancata. Lo spingo con il muso più volte, non reagisce. Sarà morto?

D'improvviso si riscuote, si rigira sulle zampe, ma le posteriori cedono e si ritrova con il sedere a terra. Si dà una scrollata, cerca di rimettersi dritto e incede con sufficiente dignità verso il cucciolo.

Senza alcuna grazia gli rifila una cornata che lo rovescia e lo risveglia a un tempo. Il cucciolo protesta, mugola e ondeggia, poi si scrolla e si mette in posizione, un passo dietro al vecchio.

Scendiamo verso l'uscita nell'ordine dettato dalle gerarchie del branco. Le nostre narici sono piene di odore di cenere e di bruciato. Il puzzo copre tutto, dobbiamo uscire all'aria aperta e odorare l'aria pulita della notte, ma l'uscita è bloccata. Grossi rami ostruiscono la bocca della caverna.

Il vecchio prende una breve rincorsa e schianta le corna contro i rami. Alcuni si incrinano vistosamente. Un'altra rincorsa, un altro schianto. Alcuni rami si spezzano, si crea un passaggio, che il vecchio allarga con gli artigli. Io mi ci infilo e gli altri due mi seguono.

Finalmente l'aria fresca della notte sferza la mia pelliccia e le mie narici, e questo mi aiuta a svegliarmi, anche se mi sento ancora pervasa da uno strano torpore.

Iniziamo a correre in linea retta, a perdifiato, saltando qualsiasi ostacolo ci si pari davanti. Continuiamo a correre per un tempo che sembra infinito ma non sentiamo odore di prede. La sete urla furiosa nelle nostre gole, ma sembra che non ci sia traccia di sangue fresco stanotte.

Ci infiliamo in un bosco su per una collina. Iniziamo a stanare poche lepri, ancora meno scoiattoli. Non bastano, ogni animale è come uno stuzzichino che non leva la fame, non placa la sete.

Il cucciolo inizia a essere nervoso, ringhia verso il vecchio, gli chiede di prendere un'iniziativa. Il vecchio annusa l'aria, ma non sente nulla, come io non sento nulla. Il vecchio riparte in corsa, cambiamo zona. Un'altra corsa infinita che consuma la poca energia che abbiamo assimilato, che rende la sete un pensiero ossessivo.

Ora siamo su un nastro di terreno duro, in mezzo alle rocce verticali. Forse c'è qualche topo, ma non vale la pena di stanarli. Ancora avanti, in mezzo all'erba, questa notte si prospetta infinita e maledettamente magra.

D'un tratto il cucciolo si affianca al vecchio e gli assesta una spallata. Lui si ferma, pare non capire. Io invece ho intuito qualcosa.

Il cucciolo ringhia, fronteggia il vecchio, sfodera le zanne. Un sottile filo di bava cola dall'angolo della sua bocca. Lo sguardo è ottuso, cieco, si vede che sta perdendo il controllo, la sete si sta impossessando di lui. Il vecchio fa per ignorarlo, cerca di passargli a fianco per riprendere la corsa, ma il cucciolo si sposta per ribadire la sua sorda minaccia. Le gerarchie del branco sono perse. Il vecchio cerca di ristabilire il dominio, solleva la testa mostrando il suo palco di corna mature, da adulto, gonfia il petto in cerca di un segno di sottomissione, ma il cucciolo lo ignora. Si muove di lato sulle zampe, tenta piccoli scatti in avanti con le fauci spalancate e poi subito retrocede, forse preso dal dubbio. È evidente che non sa neanche lui che cosa fare, forse è cosciente che la lotta col capobranco lo vedrebbe soccombere, ma qualcosa lo spinge in modo irresistibile.

Io lo so cos'è, perché sto facendo ogni sforzo per tenerla sotto controllo. È la sete, la sete inestinguibile che ci rende folli. Quando diventa così forte che cancella tutti i pensieri, quando urla nella tua testa coprendo tutto il resto, finisci per desiderare anche il sangue dei tuoi simili pur di placarla per qualche istante.

Provo a intromettermi, forse una distrazione gli permetterà di riprendere il controllo di sé. Mi metto davanti a lui e cerco di incrociare il suo sguardo, mi avvicino cercando il contatto, ma sembra che nulla lo smuova. Ora ha perso di vista il vecchio dietro alle mie spalle e riserva a me lo stesso atteggiamento di disordinata aggressività.

Improvvisamente sento dietro di me un rumore di artigli che mordono il terreno, poi uno spostamento d'aria. Il vecchio mi ha superata in un balzo ed è piombato addosso al cucciolo. Con le zampe lo tiene inchiodato a terra, con il collo ben esposto. Potrebbe affondare i denti e farla finita. Sarebbe una buona soluzione per lui, e potrebbe esserlo anche per me, ma vedo che esita. Allunga il muso, cerca di sfiorare quello del cucciolo che si dibatte sotto la sua presa, ringhia sommesso. Finalmente il giovane si calma, guarda il vecchio negli occhi. Forse ha capito. Sarà meglio per lui imparare presto a dominare la sete.

Rimangono ancora un po' così, con il cucciolo che fa segno che è tutto a posto, che può essere lasciato andare, ma il vecchio vuole la sicurezza. Lascia andare una zampa del cucciolo e rimane a osservare, poi toglie lentamente anche l'altra e si allontana di un passo, sempre con fare attento. Il giovane si rigira lentamente e si alza.

Un suono ci fa rizzare di colpo la testa. Un clangore metallico. Viene dalle rocce verticali che ci imprigionano. E' lontano, ma nel silenzio della notte il suono si sente chiaramente a chilometri di distanza.

Stanno arrivando gli uomini con le luci, con i rumori che uccidono, ma a noi questo non interessa. Un solo pensiero ci attraversa la mente: carne umana!

 Un solo pensiero ci attraversa la mente: carne umana!

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Il serraglioWhere stories live. Discover now