7. I'm getting way too deep

Start from the beginning
                                        

Il soffio pesante del suo respiro mi sfiatò contro, con tutta la sua insofferenza. Ansimò e mi sciolsi di brividi dentro a quel suo suono, per me nuovo.

Avvinghiati in un intreccio impossibile da sciogliere. Mi tenevo salda alle sue spalle ampie, mentre continuavo a muovermi senza sosta sopra di lui.

E lui che mi stringeva, mi toccava, mi trascinava contro il suo corpo assicurandosi che non vi fosse spazio a intercorrere fra noi. Lasciandomi con la lingua sul collo, una scia di desideri che non potevano essere pronunciati.

Il rumore lontano di metallo al quale non feci troppo caso. Due colpi secchi. Poi una voce.

«Liv! Sei ancora qui?»

Il gelo improvviso che ti risveglia da un sogno lucido. Clarisse.

«Ho dimenticato la borsa.»

Blaise non si mosse. Io neppure.

Ci guardammo come affaticati, appesantiti da un'interruzione che ci salvò e ci annientò al tempo stesso.

Durò più di quanto pensassi, quel momento di stupore nel quale entrambi ci ritrovammo a non capire. Con la confusione disegnata sui tratti dei nostri volti corrucciati.

Fiato corto e corpi uniti.

Il suo respiro ancora incastrato sulla trama della mia pelle.

«Per fortuna ci hai dato una copia delle chiavi. Ci sei?»

«Cazzo.» Sussurrai.

Gli piantai le mani sul petto e feci pressione per alzarmi. Quando mi ritrovai in piedi, una sensazione di freddo si attaccò alla curva interna delle mie cosce, ancora intorpidite dalla memoria del suo corpo sotto il mio.

Uscii dalla stanza precipitandomi in quella accanto. Non seppi dire perché mi stessi comportando in quel modo, perché lo stessi nascondendo come se la sua sola presenza potesse urlare al mondo tutti i miei peccati.

«Ci sei allora!»

Clarisse non mi diede troppa attenzione in un primo momento, ma quando posò gli occhi su di me, inclinò il capo e sgranò gli occhi.

«Tutto bene?»

«Si, perché?»

«Hai una faccia, sembra che tu abbia assistito a un omicidio.»

«Più o meno.» Sbuffai con sarcasmo innaturale.

Fece un passo nella mia direzione al quale io risposi indietreggiando d'istinto. Una mossa automatica e disperata.

«Cos'hai sul collo, Liv?»

Mi portai la mano nel punto in cui mi stava perforando con lo sguardo.

«Io.... Non...»

⚜️

Un pugno allo stomaco.

Uno di quelli che urtano contro la parete addominale ma non esplodono subito nel dolore.

Si insinuano nel corpo come un'onda d'urto silenziosa. Ti mozzano il fiato, ti appesantiscono la cassa toracica e ti spostano gli organi interni come a cercare un nuovo ordine.

Non fa male subito, non all'inizio. Senti solo l'impatto frastornante, il vuoto improvviso. Ma quando la mano si ritrae, quando il contatto si spezza, lì, in quel preciso istante arriva il dolore vero. La voragine lasciata dietro di sé, che brucia.

Un rogo interno che sfianca i muscoli e incendia i nervi.

Era proprio quello il suo sguardo.

Nessuna dolcezza, nessuna grazia. Un colpo secco.

Profondo e viscerale.

Mi lavai le mani con furia. Strofinai con rancore verso la mia stessa pelle traditrice.

Lui continuava a osservarmi, in silenzio. Ancora seduto su quella sedia, con i tratteggi trasparenti della mia sagoma sopra di lui.

Con quel dannato quadro che era sempre lì, in mezzo al tavolo. Una macchia muta che urla in pieno giorno.

Presi i guanti, gli attrezzi, la lampada.

Il volto ancora bollente e il collo segnato. Ogni gesto fu un tentativo di ritornare concentrata. Ogni respiro un modo per cancellare il ricordo dei suoi.

Non c'era niente che non andasse in quella tela. Ci stavo lavorando da ore.

Il pennello sfiorava la superficie strato dopo strato. La vernice mal tenuta crollava sotto la pressione controllata della mia mano.

Ogni tanto alzavo lo sguardo su Blaise, che sembrava essere diventato di alabastro. Fermo, impenetrabile.

Vuoto di espressione, con la luce diafana della finestra che gli accarezzava il volto, tracciandogli ombre precise tra zigomo e mascella.

Nemmeno uno scultore sarebbe stato tanto preciso nel creare una bellezza così complessa e crudele.

Mi discostai coi pensieri. Cominciai a muovermi come se stessi compiendo un rituale già ripetuto migliaia di volte, quando sotto il pigmento opaco affiorò qualcosa.

Un filo.

Una curva.

Una linea intrecciata con un'altra, e poi un'altra ancora.

Continuava a scorrere su se stessa, come un serpente che si mordeva la coda, ma senza mai chiudersi davvero.

Un simbolo minuscolo, sapientemente nascosto, annidato sotto la superficie. Un sussurro invecchiato.

Nessuna interruzione, nessuna inizio, nessuna fine. Un ciclo continuo, ossessivo, che si rincorreva in loop.

Mi bloccai.

Gli occhi che ricordavano qualcosa che la mente rifiutava di elaborare.

O forse un fremito impercettibile. Solo un riflesso involontario.

Alzai lentamente lo sguardo su di lui.

«Che cazzo è questo, Blaise?»

⚜️

_____

🌖❤️

Ci scriviamo al prossimo capitolo, oppure qui:

IG: nevyaager
Tiktok: nevyaager

𝐑𝐄𝐒𝐎𝐍𝐀𝐍𝐂𝐄Where stories live. Discover now