Capitolo 3✔

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Dovevo avere una faccia veramente sconvolta perché Grace mi prese il viso tra le mani e mi domandò, con quella sua voce dolce ed innocente, che cosa stesse succedendo. Mi ridestai dal mio stato improvviso di trance e le rivolsi un sorriso tirato "No piccolina, va tutto bene."

Perchè la Fazione voleva i giovani? Con quale scopo aveva deciso di prelevare dei ragazzini di appena diciassette anni? La mia defunta nonna diceva sempre che noi giovani eravamo il futuro, che senza di noi non ci sarebbe stato più niente. Allora perché prelevare noi? Eravamo in pochi ad essere nati in quei giorni di agosto, la maggior parte dei ragazzi di Wynne era nata tra marzo e maggio. Volevano forse partire da un mese qualunque per poi prelevare tutti i ragazzi? Le domande vorticarono nella mia mente libere, facendomi diventare leggermente ansiosa.

"Mamma!" Grace mi ridestò dai miei pensieri, si stava sbracciando verso la mia destra. Mi girai a guardare e vidi i miei genitori dall'altro lato della strada. La mamma aveva gli occhi arrossati e versava lacrime silenziose, papà mi guardava impassibile. Si avvicinarono a noi cosìfeci scendere Grace che subito andò incontro alla mamma, io invece rimasi lì dov'ero, immobile. Lei le prese la manina e mi si avvicinò ancor di più, tanto da stringermi fortissimo e a piangere ininterrottamente sulla mia spalla, che presto divenne fradicia delle sue lacrime.

"Shh mamma, stai tranquilla. Sicuramente staremo via poco tempo e ci rivedremo neanche fra una settimana." cercai di rassicurarla, ma lei non frenò il suo pianto, nemmeno dopo quella misera rassicurazione.

"No bambina mia" disse.

"Forza, andiamo a casa. Tra poco devi presentarti alle guardie" ci avviammo verso casa con passo lento sotto le domande di Grace che non capiva perché la mamma stesse piangendo né che cosa stesse succedendo. Nessuno le dette spiegazioni, era troppo piccola per capire la situazione e che cosa sarebbe accaduto poi. Neanche io, essendo più grande, non capivo a fondo gli scopi della Fazione ma mi rassegnai perché quello era un obbligo e nessuno mi avrebbe esonerato da ciò. Arrivati al portone di casa trovai Emma, la mia migliore amica, ad aspettarmi. Subito mi corse incontro e mi si lanciò addosso.

"Vivian mi dispiace tanto" disse tra i miei capelli che si stavano bagnando pian piano delle sue lacrime. "Non voglio che tu te ne vada"

Le passai delicatamente una mano sulla schiena sfregandola leggermente in senso di conforto. "Hey" la scostai da me per guardarla negli occhi. Era la seconda volta in quella giornata a ritrovarmi a tranquillizzare qualcuno. "Non starò via per molto tempo. Insomma che ci vorrà mai fare la Fazione?" cercai di sdrammatizzare.

Lei mi fissò negli occhi, leggevo che c'era qualcosa che mi stava nascondendo ma decisi di non chiedere spiegazioni. Si sfregò il dorso delle mani sugli occhi e mi rivolse un sorriso. "Hai ragione"

Mi salutò con la mano prima di sparire dietro il portone di casa. Non potevo di certo sapere se sarebbe stata l'ultima volta, in cuor mio speravo il contrario ma sapevo che la possibilità non era da escludere. Rientrai in casa dove i miei genitori si muovevano irrequieti: passavano da una stanza all'altra con le mani tra i capelli ignorando Grace che si ostinava ancora a cercare di comprendere la situazione. Mi sedetti sul letto ed iniziai a guardare il vuoto, ripercorrendo tutti i momenti passati in quella casa, dai più tristi ai più felici.

Non sapevo quanto tempo fossi rimasta in quella posizione, mio padre venne alla porta della nostra stanza annunciandomi di dover andare in piazza. Mi alzai e mi diressi verso la porta dove abbracciai i miei famigliari che piangevano a dirotto. Non era assolutamente una reazione normale: dovevano sicuramente sapere ciò che mi aspettava. Appena varcai la soglia di casa la luce del tramonto mi investì. Le giornate si stavano facendo mano a mano più brevi e i colori che dominavano il cielo erano a dir poco spettacolari. Il giallo, il rosso, l'arancione dominavano la scena diffondendo una luce calda, familiare. Non sapevo se quella sarebbe stata l'ultima volta, ma sperai di vedere altri tramonti uguali e sempre difronte a quella casa che aveva conservato tutti i miei diciassette anni di vita. Con passi lenti raggiunsi la piazza principale, dove altri ragazzi aspettavano in fila. Mi misi dietro una ragazza bionda ed aspettai di incontrare la guardia.

"Nome prego" domandò, aveva la faccia seccata, annoiata. Probabilmente essere nell'esercito non era il suo sogno. Di chi poteva esserlo?

"Vivian Ryan" l'uomo cercò nella lista il mio nome e ci fece un segno di fianco.

"Vai con gli altri" mi ordinò. Dietro di lui, tra due altri soldati, stavano i ragazzi che erano difronte a me qualche istante prima. Mi avvicinai a loro e affiancai una ragazza dai capelli scuri. Era molto bella e raffinata, i lineamenti dolci le davano un'aria angelica.

Dopo che tutti i ragazzi nati tra il diciotto e il venticinque maggio furono presenti, le guardie ci scortarono dinanzi a un aereo. Non ne avevo mai visto uno e non ci ero mai salita sopra a dirla tutta ma mi affascinava. Volare era da sempre uno dei miei più grandi sogni. Ci fecero entrare e ci fecero sedere. Mi ritrovai nuovamente affianco della ragazza dai capelli neri.

Ora l'ansia del primo volo mi stava divorando lo stomaco. E se fossimo caduti? Strinsi con forza i braccioli del sedile nel tentativo di calmarmi. Una mano si posò sulla mia.

"Paura?" domandò la ragazza. Iniziò a sfregare la sua mano sulla mia in un gesto di conforto che mi sorprese. Insomma, non ci eravamo mai viste prima! Annuì fragorosamente.

"Sai non è la prima volta che salgo su un mezzo volante" sorrise.

"Ah sì?" chiesi curiosa.

"Già, mio padre è un pezzo grosso di Wynne, in stretto contatto con la Fazione." avrei dovuto capire prima che fosse di un altro rango, ecco spiegato l'eleganza e il portamento così sicuro. Tutto il contrario mio. "Avevo circa tre anni ed eravamo andati a fare un picnic poco lontano da Wynne, sulle colline. Lì mi sono persa e mio padre ha mandato un elicottero a cercarmi"

"E dimmi com'è?" domandai curiosa e in quel momento non più spaventata.

"E' una sensazione a dir poco stupenda. Inizialmente un po' fastidiosa ma quando poi ti abitui è semplicemente fantastico." Mi aveva detto che era fantastico, quindi che motivo c'era di avere paura? Mi tranquillizzai e, sorridendo, guardai dritto davanti a me.

"Che sbadata! Non mi sono presentata" la voce squillante della ragazza mi fece sobbalzare. Mi girai verso di lei "Sono Carmen Obry" si presentò allungandomi la mano.

"Vivian Ryan" gliela strinsi. Da lì iniziammo una conversazione animata ricca di battute e scherzi. Era veramente molto simpatica, peccato non l'avessi incontrata prima. Ma c'era qualcosa che ancora non mi tornava: che cosa aveva in serbo per noi la Fazione? Forse Carmen poteva saperne più di me.

"Carmen, mi sfugge perché la Fazione ci stia portando via. Tu ne sai qualcosa?" La vidi irrigidirsi.

"Sul serio non lo sai?" mi domandò sbalordita

"No lo ignoro completamente"

"Ci portano via per addestrarci" disse. Io continuavo a non capire, tutta l'allegria e la serenità che aveva si erano spente. Questo mi fece sentire in colpa.

"Addestrarci a cosa?"

"Alla guerra"

Spazio autrice:

Ciaoo,

capitolo più lungo del solito. Spero che vi piaccia. Bacioni <3



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