Chapter fourteen

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"È solo dopo aver perso tutto che siamo liberi di fare qualsiasi cosa."

Brad Pitt - Fight Club (1999)

Vittoria


Non sapevo per quale motivo avessi abbassato la guardia e avessi deciso di fidarmi di lui.
Forse da ubriachi eravamo più sinceri che da sobri.
C'erano tante cose che mi spaventavano, ma la paura più grande che mi paralizzava era riporre nuovamente la mia fiducia in qualcuno.
Proteggevo la mia storia come se fosse il santo Graal e non davo modo di accedervi a nessuno.
A nessuno meno che a lui.
Fu qualcosa di inaspettato quella notte.
Non mi ero programmata di parlarne e non sapevo se potesse comprendere appieno.
Gli avevo permesso di perforare la bolla che avevo costruito man mano intorno a me con tanta fatica.
Era un passo talmente importante che feci fatica a metabolizzarlo.
Non lo sopportavo ma almeno con una quantità più elevata di alcool nel corpo lo trovavo più gradevole.
Forse avrei dovuto imparare a farmelo andare bene così com'era ma mi risultava di non immediata fattibilità.
Voleva sapere perché fossi tornata da lui ma la verità era che nemmeno io ero a conoscenza del motivo.
Sentivo di doverlo fare e basta.
Aveva l'aria di un ragazzo che necessitava supporto nel cancellare il suo passato proprio come desideravo fare io con il mio.
Un ragazzo che aveva bisogno di una mano per sconfiggere i suoi demoni nascosti.
La dualità delle mie sensazioni nei suoi confronti mi lasciava praticamente interdetta.
Non l'avevo mai provata prima.
Non mi era mai capitato di voler reprimere l'istinto che mi portava verso di lui e allo stesso tempo volerne essere sopraffatta.
Anche lui provava questo verso sé stesso ma chissà nei miei confronti.
Era accecato dalla ricerca di approvazione e annegava nella presunzione di essere tutti gli aggettivi più belli che possano mai venir detti.
Era fastidiosamente affascinante e odiavo ammetterlo.
Una nota apprensiva del mio carattere era uscita fuori quella sera.
Onestamente me ne sorpresi anche io.
Non volevo trattarlo come un bambino ma indubbiamente ero preoccupata, non l'avrei fatto tornare a casa da solo in quelle condizioni nemmeno altre volte.
Se in una faccia della medaglia regnavano tutti questi pensieri però, nell'altra invece no.
Credevo non gli importasse di me, insomma non si presentava agli allenamenti e per colpa sua ero stata battuta come una perdente.
Ero forte e lo sapevo bene, tutti al circolo lo dicevano, ma non era certamente grazie al ragazzo dai dread.
Ci stavo pensando un po' troppo ultimamente e ciò mi distraeva dall'obiettivo principale.
Dovevo diventare la migliore del club per riscattarmi.
Un giorno quel maledetto uomo avrebbe assaggiato la rabbia che mi portavo dentro da anni.
Ero passata dal sentirmi sbagliata all'odiarlo con tutta me stessa per tutto quello che mi aveva portato via.
Se Ghali avesse voluto provare a relazionarsi con me avrebbe dovuto riconquistare la mia fiducia.
Lo avevo visto entrare in casa sua barcollando quasi impercettibilmente.
Era così bravo a mascherare tutto il suo caos, una capacità peculiare che lo rendeva alquanto invidiabile.
Aveva così tanti volti che si faceva fatica a capire quale fosse quello reale, ma quella sera sembrava davvero sé stesso.
Aveva sicuramente bisogno di rigenerarsi con una lunga dormita e non lo trattenni dal farlo.
Gli detti speranza di poter proseguire il discorso che come una sciocca avevo aperto io, dopodichè mi eclissai.

Ghali

Mi sentivo intontito con i postumi della sbornia a farmi compagnia.
Fissai il soffitto cercando di ricostruire gli avvenimenti della nottata precedente.
Mi ricordai sicuramente di Vittoria e degli innumerevoli cocktail che si mescolarono all'interno del mio stomaco.
Quando ero più giovane lo trovavo alquanto divertente ma più passava il tempo più mi sentivo peggio di prima.
Avevo disobbedito ancora una volta a due delle regole che mi ero auto imposto.
Non fare più le ore piccole.
Smettere di bere fino al punto di non ritorno.
Almeno non avevo fumato o forse non me lo ricordavo.
Subito mi tornò alla mente il volto serio e percosso dal turbamento della ragazza dai capelli rossi.
Come un flashback ricordai la parola "mostro" e i tagli sul suo viso.
Mi alzai velocemente e mi diressi in bagno.
Volevo dimenticare tutto invece stava accadendo perlopiù il contrario.
Feci scorrere l'acqua nel lavandino e me la portai al viso sciacquando bene il tutto.
Il riflesso nello specchio ritraeva un ragazzo con le occhiaie e i capelli scompigliati.
Avrei dovuto darmi una sistemata per ritornare presentabile.
Sentii il suono delle notifiche del cellulare ma non lo vidi in giro.
Iniziai a cercare ovunque, prima tra le lenzuola poi nei vestiti che avevo indossato il giorno precedente.
Essere piuttosto disordinato mi creava disagio, non lo facevo apposta ma puntualmente mi maledicevo ogni volta che mi ritrovavo ad impazzire per scovare qualcosa.
Alla fine lo trovai nella tasca della giacca e sbloccandolo iniziai a leggere vari messaggi.
Non c'era un giorno in cui nessuno mi scrivesse.
A volte pensavo di voler essere completamente solo ma ero sicuro che trovarmici realmente mi avrebbe fatto paura.
Visualizzai un vocale di Francesco.
Era passato poco tempo dal giorno della sua partenza.
Iniziai a pensare al peggio e cliccai l'icona per riprodurlo.
Sua madre non se n'era andata, voleva essere solamente aggiornato sugli allenamenti con Vittoria.
Ero fregato, avrei dovuto mentire ancora una volta dicendo che andasse tutto bene.
Odiavo tutti quei giri inutili e per quanto non volessi dire bugie, in un modo o nell'altro ero obbligato a raccontarle.
Una frase in particolare attirò la mia attenzione mentre ero impegnato a scorrere le varie chat.
"Merci pour tout"
Me lo aveva scritto lei, Amélie.
La riconobbi dalla foto del profilo.
Lessi più volte quel messaggio per farmelo entrare nella testa e capirci qualcosa.
Pensavo non avesse il mio numero salvato in rubrica.
Era tutto molto strano e sorprendente.
Iniziai ad arrovellarmi su quanto stesse accadendo.
Se n'era andata senza parlarmi più e poi mi aveva inviato un messaggio ringraziandomi per tutto.
Era così folle, non riuscivo a comprendere.
Stava iniziando a diventare un mistero da risolvere come nei libri gialli o escape room.
Quella situazione era ad un passo dall'essere intrigante e al contempo sospetta.
Perché si comportava in quel modo?
Forse desiderava che la cercassi.
A pensarci bene ricordava un messaggio d'addio.
Non mi ero ancora ripreso del tutto e la testa mi pulsava lievemente.
Era praticamente ora di pranzo e il messaggio era datato 9:50 del mattino.
Forse aveva deciso di prendere un volo per recarsi in Francia.
Non ci pensai due volte ad uscire di casa immediatamente per andare a cercarla.
Dovevamo mettere le cose in chiaro, io ero sicuro di quello che provavo e non avrei lasciato che potesse scivolarmi dalle mani.
Non desideravo che la nostra frequentazione rimanesse per sempre una blanda sfumatura sulla tela, che invece volevo colmare di brusche e indelebili pennellate.
Ormai era così.
Il mio cervello non era più in grado di sottopormi a scelte razionali bensì illogiche.
Era forse più il cuore a mettersi in mezzo e succedeva tutto quello che non sarebbe dovuto palesarsi.
Entrai in taxi molto frettolosamente nella speranza di arrivare ancora in tempo e concludere qualcosa.
Le mani iniziarono a sudarmi ancora e le lasciai scorrere sui vestiti come sempre.
Mi toccai nervosamente gli anelli che troneggiavano sulle mie dita e iniziai a rigirarli nella speranza di alleviare l'ansia almeno un briciolo.
Il tassista guidava abbastanza lentamente e un sacco di ostacoli ci pararono il cammino.
Era assurdo come tutto quanto succeda proprio quando si è di fretta.
Quando giunsi all'aeroporto scesi dall'auto abbandonandomi ad un profondo respiro.
Non ero sicuro di ciò che stessi facendo o meglio non ero sicuro del seguito che tutta quella faccenda avrebbe avuto.
Mi trovavo al principio di una nuova storia o come nei capitoli iniziali di un romanzo che ovviamente non avevo ancora concluso di leggere.
In effetti tutto aveva caratteri degni di essere inseriti in una serie TV o un best seller a proposito della mia vita.
Mi fiondai subito al primo piano per conoscere le partenze imminenti.
L'ansia cresceva sempre di più e ogni secondo speravo che non sarebbe sfociata in un attacco.
Non riuscii a parlare con qualche fan che mi aveva intravisto di sfuggita.
Mi dispiacque ma in realtà erano tutti troppo occupati nelle loro operazioni pre o post partenza.
Lessi di un aereo diretto a Parigi che sarebbe decollato venticinque minuti più tardi.
Prontamente ritenni fosse quello giusto così iniziai a camminare per raggiungere nuovamente il piano inferiore.
Numerosi dubbi però ben presto cominciarono ad assalirmi come belve inferocite.
Mi saltavano alla gola per provare a impedirmi di creare ulteriori sviluppi con la ragazza che mi interessava.
Pensai che forse l'amore mi avesse raggiunto dopo mesi di assenza.
Mi ostinavo a credere che lei rappresentasse per me qualcosa di sufficientemente leggero, invece probabilmente non si trattava di un sentimento così superficiale, quello che ogni giorno di più mi invadeva senza chiedere permesso.
Mi interrogavo su decine e decine di questioni ma non serviva a niente cercare di ottenere delle risposte.
Le spiegazioni a volte sono come delle farfalle che volano, spesso sfuggendoti, ma non bisogna provare a catturarle con un retino.
Arriveranno da sole e proprio quando meno te lo aspetti.
Sorrisi debolmente accorgendomi di aver utilizzato ancora una volta quei lepidotteri come metafora.
Inaspettatamente, proprio come le riflessioni che avevo appena concluso, riuscii a scorgerla tra la folla.
Non si accorse mai della mia presenza che da lontano la scrutava attentamente.
Spostavo i miei occhi percorrendo ogni millimetro del suo corpo e mentre l'agitazione svaniva, il caldo aumentava.
Lo stomaco era in subbuglio e impegnato in certe capriole pericolose che mi facevano sentire le vertigini.
Era un'accozzaglia di sensazioni che credevo non si potessero sperimentare più una volta superata l'adolescenza.
L'effetto che aveva su di me mi scaraventava nel vuoto più totale.
Un vuoto cosmico dove regnava sovrano soltanto il buio.
Un posto dove sei costretto a proseguire la strada a fari spenti, senza nessun riferimento che possa indicarti la direzione giusta.
Mi sentivo come abbandonato al piacere di quelle emozioni nuove ma anche discretamente spaventato.
Indossava dei semplici jeans aderenti e un cappotto marrone che le arrivava a coprire le ginocchia.
Si stava dirigendo anche lei al piano sottostante con il suo trolley glitterato.
Sorrisi perché aveva l'aria di una ragazza giovanissima, quasi una bambina a tratti, eppure era da sola a vivere il mondo come gli adulti tristi e senza meta.
Ma lei al contrario, sapeva benissimo dove andare.
La possibilità di fermarla mi stava scivolando via dalle mani come quando si afferra un oggetto bagnato, e io continuavo a farla sfumare senza fare nulla.
Ero come incantato e paralizzato al contempo.
Avevo paura di rovinare tutto nonostante pretendessi chiarezza dai suoi comportamenti.
Il suo ragazzo non c'era e non lo trovai così insolito anzi aveva il gusto di qualcosa di abituale.
Provai rabbia al pensiero che l'avesse lasciata andare da sola senza neanche andare a salutarla.
Avevo avuto modo di vederlo una volta soltanto e già mi era stata sufficiente per inserirlo tra i nomi della lista del mio death note.
Scese le scale mobili e la persi di vista.
Quale sarebbe stata la cosa giusta da fare lo avrebbe saputo solo Dio in quel momento.
Non potevo prevedere il futuro altrimenti avrei fatto soltanto una cosa.
Fermarla.
Non volevo scappasse da me, ma ancora una volta ero riuscito a rendermi ridicolo e presuntuoso tanto da fare allontanare qualcuno.
Non mi davo pace.
Forse tutte le persone che avevo fatto soffrire avevano recitato un mantra contro di me e finalmente il karma mi aveva raggiunto.
Ero stato punito dall'invisibile.
Aveva fatto allontanare da me l'unica persona che dal mio complicato carattere riusciva forse a trarne fuori il meglio.
Ero stato così sciocco anche solo a poter credere che tutto quello avesse potuto avere un senso.
Doveva essere soltanto una ragazza che aveva partecipato al mio videoclip e con cui ero uscito qualche volta, eppure dentro di me valeva molto di più.
Aspiravo a tenerla lontano dai miei lati peggiori e proprio nel momento in cui mi avvicinai alle vetrate dell'edificio per vedere il suo aereo decollare, mi venne in mente una pazzia.
Una di quelle cose che spuntano fuori all'improvviso e per certi versi ti cambiano la vita.
Non c'era niente di certo a parte l'uscita imminente del mio ultimo album e i sentimenti contrastanti che provavo continuamente.
Non risultavo sicuro quasi di nulla ma in quel momento desiderai soltanto che tutto finisse e che spuntasse l'arcobaleno dopo la tempesta.
Guardai lontano e vidi soltanto grosse nuvole che avrebbero voluto scaricare la loro pioggia sulla Terra con una forza ineguagliabile.
Presi il telefono convinto della mia idea e cliccai il tasto delle chiamate attendendo un riscontro.
In effetti quel giorno avrebbe piovuto a dirotto, o come scrissi in una delle mie ultime canzoni, a gogò.








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