Intro

144 11 2
                                    

Mamma era solita allattarmi sulla 91.
Era una linea di autobus arancioni del circondario di Milano.
L'aveva sempre portata a casa, poi iniziò a farlo con me.
Ero cresciuto con lei in un certo senso.
Da solo o con gli amici, aveva sempre lo stesso effetto su di me.
Tantissime volte era gremita di persone di ogni nazionalità e cultura e ciò mi faceva sentire felice.
Felice perché ad un certo punto ti rendi conto che non importa quale sia il colore della tua pelle quando forse tutti hanno un obiettivo comune.
Tornare a casa.
Tornare da chi ti vuole bene, come se ci fosse un filo invisibile che collega le anime.
A volte anime amabili, buone ma anche anime vuote, perse o dannate.
Io sentivo che la mia fosse in tutti i modi possibili.
Casa spesso non mi andava a genio.
Il mio quartiere molte volte era più grande di me e senza volerlo mi schiacciava.
Opprimeva i miei sogni anche se come un ossimoro mi ha aiutato a realizzarli.
Sono nato nel 1993 ma sono rinato nell'esatto momento in cui ho deciso di fare musica.
Ma in realtà non lo sapevo, non avevo deciso un bel niente, sapevo solo che mi piacesse cantare.
Quando ero piccolo, mamma mi portava all'oratorio.
C'era già chi era più forte di me.
Un ragazzino tirò fuori il meglio di sé battendomi completamente.
Rimasi imbambolato con il microfono in mano sentendo il peso della sconfitta tramite le sue rime.
Forse da quel giorno capii di avere un'anima divisa a metà.
Volevo la rivincita ma ancora oggi non me la sono presa abbastanza.
Mi appassionai a quel genere di cose dopo aver visto un film di uno dei rapper americani più forti.
"8 Mile" di Eminem.
Non avevo idea di quale fosse la mia strada, ma una cosa riuscii a capirla.
Scrivere testi mi faceva sentire bene, come se finalmente avessi trovato un posto nel mondo.
O come se il mondo sparisse pian piano, mentre mi immergevo in un'altra dimensione.
Raccontavo i miei successi e i miei fallimenti.
Ero il bene e il male.
Il veleno e l'antidoto di me stesso.
C'era tanta strada nei miei testi, tanta paura e tanta voglia di arrivare dove altri potevano solo immaginare.
Mio padre non c'era e non sarebbe cambiato.
Il rap era questo, sofferenza e rabbia, a volte mescolate.
L'assenza di una figura come guida era un elemento comune nel rap.
Diventare indipendenti e grandi prima del tempo invece, era una caratteristica usuale di chi come me non aveva avuto un genitore presente.
Ma io non facevo rap, io ero il rap.
La rappresentazione di una generazione vessata ed emarginata.
Chi come me non era considerato italiano solo a causa del colore della pelle dei genitori.
Chi come me voleva sognare ma non aveva il tempo materiale di farlo.
Chi è dovuto crescere con mille responsabilità e si è infilato in un mare di guai cercando paradossalmente di uscirne.
Milano è sempre stata una città ambivalente.
Nel mio cuore ha sempre occupato una parte importante.
Era la mia rabbia quando cadevo e la mia felicità quando mi rialzavo.
Baggio mi ha regalato gioie e frustrazioni.
Ricordo le notti insonni per le sue strade e le prime freestyle battles dove ne uscivo sanguinosamente perdente.
Ci devi fare le ossa.
Perché forse solo Dio riconosce tutti i tuoi sforzi.
Da adolescente iniziai a fumare.
Forse per gioco, forse per ovviare allo stress ma tutto ciò permane ancora oggi anche se sbagliato.
Un vizio che mi condanna ogni giorno della mia vita, da cui voglio scappare ma ne sono sempre attratto.
Così come l'amore.
Una potente virtù che l'attimo prima ti fa toccare il paradiso anche senza morire e l'attimo dopo ti lascia cadere giù come se non le importasse niente di te.
Non volevo più innamorarmi ma forse stavo per rifarlo di nuovo.

OGGI PIOVERÀ A GOGÒ - Ghali fanfiction Where stories live. Discover now