capitolo 09 - dancing on my own

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Il sudore mi scivola lungo la tempia, ma continuo a saltare. La musica vibra attorno a me e rimbomba nella mia cassa toracica. Urlo, tanto non mi sente nessuno.

Non sono una persona particolarmente socievole, ma quando sono stressata vengo a ballare al Sonic. Il rumore, la folla, le luci stroboscopiche e l'alcol sono tutti gli elementi che mi permettono di staccare il cervello e godermi una serata di vuoto pneumatico in testa.

Da quando Slasher è stato portato in ospedale la mia vita procede in modo sereno. Magari un po' più noioso, ma almeno non rischio una mano tranciata da un momento all'altro.

Vorrei riuscire a smettere di pensare a lui e all'ultima volta che ci siamo visti. Al modo in cui ci siamo sfiorati...

Per la foga di quel pensiero inizio a muovermi più velocemente, ancheggiando come un'invasata e seguendo il ritmo della musica incalzante, un po' latinoamericana. Questo sculettare sembra invitare a nozze il tizio che ha passato tutta la nottata a fissarmi, nascosto dietro al bancone del bar a braccia conserte. Non è esattamente il mio tipo, ma in qualche modo devo sfogarmi.

La tensione sessuale che mi ha messo addosso Slasher è così palpabile che potrei esplodere da un momento all'altro, quindi, quando il tizio si avvicina, lo lascio fare. Le sue mani mi accarezzano i fianchi tondi, fasciati in un vestitino nero striminzito che ho rispolverato per questa occasione. La colonia che indossa si è mescolata in modo aberrante con la puzza di sudore di questo posto e mi ferisce le narici, ma cerco di ignorarlo.

La canzone diventa sempre più sensuale. Mi piego fino a terra, strusciandogli il culo sul cazzo. Il tizio sembra apprezzare perché sento che gli diventa duro all'istante.

Un lampo improvviso e mi viene in mente Slasher sdraiato in un letto d'ospedale, e questo pensiero è in grado di immobilizzarmi sul posto. Mi allontano dal tipo e muovo passi veloci verso il bagno delle donne. Lui prova ad afferrarmi il polso, ma io lo scanso con uno schiaffo sul braccio.

Una volta entrata nella toilette delle donne, mi accovaccio accanto al water e vomito.

Fanculo Slasher, anche da lontano deve trovare il modo di torturarmi psicologicamente.

Scarico e poi rimango imbambolata davanti allo specchio del bagno. Mi fisso per un tempo infinito; il mascara colato, le occhiaie che si fanno sempre più pronunciate, le rughe d'espressione che si allargano... non mi riconosco. Chi cazzo sono io?

Prudence Fields, psichiatra nella famosa struttura di Blackveldt, laureata con lode... e poi?

Che c'è dopo?

Costantemente arrapata, falsa con tutti e con pensieri vomitevoli. Una grandissima stronza. Ecco chi sono. E mi piace quasi sempre, ma non oggi. Non adesso.

Stendo un velo di gloss sulle labbra, mi faccio un sorriso da sola e spero che questo basti a darmi la forza di uscire fuori da questo buco, tornare a casa, e poi riprendere la mia settimana lavorativa come se niente fosse.

Un urlo femminile attira la mia attenzione e mi spinge a correre fuori dal bagno. Raggiungo la pista e noto subito che hanno spento sia la musica che le luci. Ora c'è un'atmosfera surreale, mi trovo in un luogo che prima c'era, ma che ora è scomparso.

Le luci al neon hanno illuminato i visi di tutti gli ubriachi che si stavano strusciando, ignari del vero volto di quelli che stavano cercando di portarsi a letto. Sono tutti un po' perplessi e spaventati.

Al centro si è formato un capannello di gente, tutti che urlano, piangono e strillano.

«AVETE CHIAMATO L'AMBULANZA? C'È UN MEDICO QUI?» urla il dj, rimasto immobile dietro la console. Dall'alto riesce ad avere una visuale concreta di tutto quello che sta accadendo.

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