26 - Una voragine

565 45 2
                                    

15 Aprile 2021, Empoli

Scattò la mezzanotte e un forte boato squarciò il suono della musica che riempiva il quartiere. Eravamo nel giardino del bunker e Andrea aveva appena stappato una bottiglia per inaugurare i suoi ventuno anni. Solita festa: tanto alcol, tanta musica, poco sonno e, l'indomani, tante lamentele dei vicini.

"Tanti auguri amore mio!" Appena trovai l'occasione mi avvicinai al corvino, stringendolo in uno stretto abbraccio che lui ricambiò, cercando di non versarmi addosso il prosecco e di non darmi fuoco ai capelli con la sigaretta che teneva in mano.

"Grazie belllissima" mi urlò nell'orecchio, facendomi sentire il suo alito tremendamente impuzzolentito dall'alcol. Probabilmente io non ero in condizioni migliori delle sue, quindi la cosa non mi disturbò.

"Mamma mia ti fai sempre più vecchio, però rimani il coglione di sempre" lo presi in giro quando ci staccammo, dandogli un leggero schiaffetto sulla guancia, giusto per infastidirlo un minimo.

"Guarda che tra una settimana anche tu sarai più vecchia" mi rinfacciò fiero, come fosse un grande torto. Io feci una risata rendendomi conto sempre di più del fatto che se avesse continuato a bere sarebbe finito in coma etilico a breve. Però era il festeggiato, quindi lasciai correre.

"Ma non cogliona" precisai, ricevendo un dito medio in risposta. "Allora vaffanculo guarda, vai dal tuo amore se ti sto tanto sul cazzo" mi diede una leggera spinta nella direzione in cui si trovava Pietro facendomi scoppiare a ridere.

"Dai Locci, lo sai che scherzo. Non fare il permaloso!" Risposi rimanendo lì, non avendo minimamente voglia di andare dal biondo. Quella sera, prima di arrivare al bunker, avevamo litigato ed era da quel momento aveva deciso che avrebbe passato l'intera nottata a tenermi il broncio.

"No, no. Non ti voglio, vai da lui" insistette, per poi camminare verso Dario allontanandosi da me. Quello di Andrea era chiaramente un gioco, però comunque mi fece incazzare perché mi mise nella condizione di dover effettivamente raggiungere Pietro. 

Il motivo della nostra litigata era stata esattamente quella piccola crepa che io ormai vedevo da un po'. Sembravamo non essere più fidanzati ma semplicemente scopamici. Era più unico che raro un nostro incontro fuori dalla camera di uno dei due. O stavamo in gruppo, oppure si faceva sesso. Sembrava avessimo finito gli argomenti, non si parlava più. Ma io sapevo fosse colpa mia: Pietro cercava spesso di instaurare un qualche tipo di dialogo ma avevo preso la tendenza ad allontanarlo. Mi sentivo tremendamente sbagliata in quella coppia, tanto che stavo mandando tutto a fanculo.

Quel giorno il biondo aveva deciso di affrontare l'argomento in modo serio e io, spaventata dalla realtà, trasformai un semplice dialogo in un litigio. Per questo spettava a me andare a parlargli e chiedergli scusa, ma con tutto l'alcol che avevo in corpo avrei solo potuto rovinare ulteriormente la situazione.

"Che fai qui in piedi da sola?" Anche quella volta fu lui però a venire da me, facendomi irrigidire solo con la sua voce. Mi voltai piano, fino a trovarmelo di fronte.

"La vodka aveva un attimo oscurato il mio cervello" la buttai sul ridere, non approfondendo troppo sui pensieri che attanagliavano la mia mente. Quella conversazione, nonostante fosse appena iniziata, aveva già creato un forte senso di disagio in me. Pietro mi guardava dall'alto e si poteva notare benissimo come nei suoi occhi fosse ancora permanente la rabbia di quella litigata lasciata in sospeso.

"Io e te dovremmo parlare" cambiò discorso, dicendo ciò che speravo di non sentire, almeno per quella sera. Era terribilmente serio e io feci non poca fatica a mantenere il contatto visivo.

"Scusami, non dovevo reagire così male" risposi, mantenendomi sul vago, sperando che questo avrebbe potuto accontentarlo. Purtroppo non fu così, Pietro non era di certo stupido.

"Non voglio che ti scusi, voglio capire cosa ci sta succedendo" disse, quasi irritato. "Vieni con me?" Mi chiese poi, mostrandomi il pacchetto d sigarette.

"Non possiamo lasciare la festa di Andrea così" dissi, tirando fuori la prima scusa che mi venne in mente. Per via della mia poca lucidità non riuscii ad inventarmi niente di meglio, infatti il biondo non si convinse per nulla.

"Siamo qua dietro, non dall'altra parte del mondo" insistette, iniziando poi a camminare senza neanche aspettare una risposta. Non aveva bisogno che gli rispondessi: sapeva che lo avrei seguito, che avrei ceduto a lui come sempre.

Uscimmo dal cancelletto che delimitava quel giardino sedendoci sul muretto che si trovava lì fuori. Si portò una sigaretta alle labbra, per poi offrirmene una. Io rifiutai con un cenno del capo. In quel momento avevo solo voglia di scappare e una sigaretta non mi avrebbe di certo aiutato. Accese la propria, sbuffando la prima nuvola di fumo.

"Bea, io non sono disposto a rincorrerti a vita" iniziò il discorso, piazzandomi un coltello dritto nel cuore. "Ho a malapena vent'anni, non puoi pretendere che io resti qua per sempre, a impedirti di scappare da me" mi spiegò. Io rimasi in silenzio ad ascoltarlo e, quando non vide alcuna risposta da parte mia, continuò. "Ciò che provo per te è vero, ma non sono più sicuro che sia ricambiato".

"Pietro io ti amo" dissi immediatamente. In quel momento ero piena di domande senza risposta ma di certo una certezza l'avevo: ero innamorata di lui. "Non serve a niente che continui a ripetermelo se poi non me lo dimostri" rispose amareggiato, scuotendo la testa mentre guadava il tabacco bruciare tra le sue dita.

"Sembra che tra di noi si sia aperta una voragine" disse, dopo un paio di secondi si silenzio, dando voce a quei pensieri che mi frullavano in testa da fin troppo tempo. "Se continuo a seguirti alla cieca ho paura che prima o poi ci cadrò dentro" aggiunse.

"Arriva al punto" lo ripresi, non sopportando più quella conversazione. Ormi era ovvio dove volesse andare a parare quindi non aveva senso continuare a girarci in torno.

"Me lo devi dire tu qual è il punto, Beatrice" disse, girandosi finalmente a guardarmi negli occhi. "Io sono pronto a restare, ma solo se mi giuri che non cercherai più di scappare" mi spiegò. Stava praticamente scaricando la responsabilità della nostra storia nelle mie mani, ma forse me lo meritavo. Ero io che ci avevo portato a quello, era tutta colpa mia. Ripensandoci questo atto fu una gran vigliaccata da parte sua, ma in quel momento ero convinta di meritarmi tutti i mali.

"La verità è che io non ti merito" fu l'alcol a darmi il coraggio di esporre tutte quelle paranoie che mi portavo dietro. "Io potrei giurarti di restare, perché vorrei davvero farlo, ma sarebbe una mossa terribilmente egoistica" spiegai, sentendo una lacrima solitaria rigarmi la guancia. "Sei speciale, e ti amo a tal punto che mi sento una merda a tenerti legato a me".

"Non dire così, ho scelto di stare con te e ora come ora non vorrei nessun'altra al tuo posto" controbatté. "Vorrei solo delle certezze in più".

"Io queste certezze non so se te le posso dare, forse è meglio se le cerchi da qualcun'altra" scesi dal muretto. Ormai avevo preso la mia decisione. Rientrai nel giardino, sentendo il mio nome ripetuto un paio di volte da Pietro che cercava di riportarmi a quella conversazione. La sua voce si perse sempre di più nella musica che entrò prepotentemente nelle mie orecchie ma che comunque non riuscì a sovrastare i miei pensieri.

"Fammene uno anche a me" dissi a Marco, quando lo trovai indaffarato a prepararsi un drink. Stavo per scoppiare a piangere ma sicuramente non mi sarei rovinata il compleanno del mio amico.  "Bello forte che sta sera non voglio pensare a nulla".

-----
Sono tornata!!

Quattro giorni di assenza per questo capitolo molto triste, mi scuso
D'altronde ci dovrà pur essere un motivo per il quale nel "presente" sono tanto prudenti

Fatemi sapere cosa ne pensate,
al prossimo❤️

Back in time // FaresKde žijí příběhy. Začni objevovat