Capitolo 4

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Al mattino vengo svegliato dalla luce del sole, intensa e calda che mi avvolge l'intero corpo. Dispiego le ali per risvegliarle dal torpore notturno.

Ho una pessima sensazione, come se la giornata di ieri non sarà nulla in confronto a oggi. Cammino a capo chino, calciando i sassolini che trovo ai miei piedi.

La rabbia provata, non avrei dovuto esternarla. Il mio senso di diversità bussa ancora una volta alle porte del mio io.

Sono diviso in due: a destra l'angelo che è in me sussurra compassione, perdono. A sinistra, qualcosa di oscuro preme per far valere i miei pensieri. Confusione, incertezza e, quella delusione che non so spiegarmi.

Avvicinandomi al piccolo centro, situato ai piedi del grande palazzo, sento bisbigliare il mio nome da tutti quelli che incrocio. Sguardi severi mi squadrano dall'alto in basso, come se avessi commesso un grave peccato.

Fingo indifferenza dilaniato dal nervoso.

"Davvero un pessimo comportamento fratello." Uriel si fa strada, venendomi in contro con fare altezzoso. Alzo le spalle, non ho voglia di controbattere.

Continua sull'argomento: "Tutto qui? Credi che basti muovere le spalle e, fingere non sia accaduto nulla?" Annuisco senza guardarlo.

"Mi deludi Lucifero. Speravo in un comportamento migliore, dal figlio prediletto." Lo dice con tale severità, da farmi male.

"Non so cosa mi sia preso, Samael mi aveva mostrato al lago..." Posa una mano sulla mia bocca.

"Ecco, doveva esserci il suo zampino. Ti fai sempre trascinare da lui, siete due sconsiderati!" Sussurra per non farsi sentire dagli altri. "Quell'uomo è stato ucciso a sua volta. Pensi che nostro padre sia cieco? Sapeva bene l'errore che aveva commesso." Continua serio. "Prima di morire ha chiesto perdono."

Un lupo tra le pecore ecco cosa sono, per quanto possa essere drastico come paragone.

Lascio che mi trascini dentro il suo studio, senza opporre resistenza.

Superata la porta sgrano gli occhi, i miei fratelli al completo. Si girano verso di me. Hanno sguardi accusatori tranne Samael che, mi accenna un sorriso spento.

"Non ho parole per descriverti Lu, ci hai messo in ridicolo." Dice Michele tra i denti.

Cominciamo la ramanzina.

"Ho solo trovato ingiusta la presenza di quell'uomo." Sussurro in imbarazzo.

Gabriele prende parola: "Sta forse a te giudicare? Non sei nostro padre, avresti dovuto tenere a freno la lingua."

Guardo Samael seduto nell'angolo alla mia destra, supplicandolo con lo sguardo. Sospira: "Fratelli, forse Lucifero non ha tutti i torti a pensarla così. Dopo tutto, gli ho mostrato io la scena." Si voltano a fissarlo. Lui china il capo.

"Voi due siete incredibili ma, come fate a essere così diversi e stupidi." Il tono di Michele si alza. Sbatte una mano sul piccolo tavolino al centro della stanza.

Allora non sono l'unico a vedermi diverso, finalmente lo ammette anche lui. Questa volta però, non intendo restarmene zitto: "Abbassa i toni fratello, ho diritto a esprimere i miei pareri. Non ho bisogno del permesso altrui."

Afferra la spada che pende al suo fianco, spingendomi contro al muro bianco. Puntandomela alla gola: "Taci! Nostro padre è troppo magnanimo con te, ecco perchè sei così spavaldo."

Mi sorprendo a sorridere per nulla intimorito da quel gesto. Cosa mi prende?

Alzo gli occhi in quelli del mio gemello: "Levami questo arnese dal collo Michele o, credimi te ne farò pentire amaramente." Deglutisce e abbassa la lama, senza proferire parola.

Una forza improvvisa ci solleva da terra: "Come osate litigare in maniera così barbara?" Dio fa capolino nella stanza con la sua barba incolta. Gli occhi che irradiano ogni colore e lo sguardo gelido.  "Cosa avete nella testa, polvere?" Presi alla sprovvista ci guardiamo spaventati.

Nostro padre fa paura quando si arrabbia, basta solamente pensare al diluvio universale. Ritorniamo con i piedi per terra, la spada di mio fratello cade, provocando un rumore metallico.

Sto per raccoglierla, lui è più veloce: "Tieni le mani a posto." Qualcosa si è rotto, lo sento distintamente. Non avremo mai più il legame di un tempo.

Dio sa sempre tutto, senza bisogno di ascoltare parole pronunciate a vuoto.

Avvicinandosi mi abbraccia: "Lucifero, perchè non vai per un pò sulla terra. Ti accorgerai della bontà che esiste tra gli umani. Protrai anche capire il mio gesto di perdono."

Senza ricambiare l'abbraccio, avverto una tale freddezza in me, da destabilizzarmi.

Suona come un breve esilio forzato, magari mi farà bene un po' di lontananza da tutto e tutti. Annuisco silenzioso, ed esco dalla stanza.

Entro nella mia piccola camera spartana, abbattuto. Afferro la sedia davanti a me e la scaravento con rabbia  contro il muro. Le lacrime scendono dai miei occhi, urlo.

Trascinandomi alla finestra, vedo mio padre complimentarsi con i miei fratelli. Tiro un pugno al vetro sentendo dolore. In questo modo, rammento a me stesso quanto sono stupido.

Lucifero, la stella del mattino da oggi smette di essere il figlio prediletto e torna alla polvere dalla quale è nato.

Prendo un mantello abbandonato sul letto, indossandolo, tiro su il cappuccio morbido. Asciugo le lacrime che sembrano non cessare.

La luce mi illumina mentre cammino verso l'esilio provvisorio sulla terra.

The Morning Star (La Stella Del Mattino)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora