Iniziamo una pericolosa partita di caccia al tesoro

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Più ci addentravamo più ero sicura di essere nel posto giusto.
Tutto intorno a noi si alternavano spazi completamente vuoti ad ammassi di ombre che stavano disperatamente provando a raggiungere il lato opposto dell'Averno. Ovunque, delle ninfe armate di torce, le lampades, compagne di mia madre, li ricacciavano indietro con il fuoco.
Annabeth mi prese per un braccio. «Stai bene?»
Il mondo mi sembrava sbandare dalla parte in cui erano radunate le folle di ombre. «Si, si, solo un po' di nausea»
Il prato degli Asfodeli era semivuoto, solo rare anime vagavano tra gli arbusti dai petali bianchi. Di per sé il prato degli Asfodeli non era un brutto posto, era semplicemente buio. Come le anime che lo abitavano in vita non erano state né buone né cattive, il prato degli Asfodeli non era né bello né brutto.
Ai piedi di una voragine, invece, non smettevano di sorgere mani e braccia che venivano prontamente ricacciate indietro da soldati non-morti, ninfe avernali e quello che dedussi fosse Thanatos - non sono molti gli dai che si portano dietro una falce gigante di ferro dello Stige. Avevo la sensazione che quello fosse l'ingresso del Tartaro, il luogo in cui sono tenuti, oltre che a mostri e ai titani, anche alcuni mortali per i loro terribili misfatti.
L'unico posto che sembrava tranquillo erano i campi Elisi traboccanti di fiori colorati, aria profumata e grida squillanti non tormentate, ma gioiose.
Ero abituata a sentire i lamenti dei morti nei sogni, ma in quel momento mi sembravano dieci volte più forti.
Strinsi la mano ad Annabeth per assicurarmi che fosse ancora lì al mio fianco.

In giro potevamo vedere uomini e donne provenienti da ogni epoca storica: dall'antica Grecia, al rinascimento, alla seconda guerra mondiale, o ancora, anime trapassate molto piu recentemente, mescolate tutte assieme.
Non avevo idea di quanto tempo fosse passato da quando avevamo varcato la porta di Orfeo, negli inferi il tempo non sembrava passare mai, o molto più a rilento rispetto al mondo mortale, ma in superfice potevano passare giorni, mesi, se non anni. Questo mi ricordò inevitabilmente il casinò Lotus. Non il migliore dei ricordi. Mi ero già rinfrescata la memoria a sufficienza il gennaio scorso.
«Siamo sicure di essere nel posto giusto?» chiese Piper sperando in una risposta del tipo: "no, no, avevo solo voglia di fare allenamento per le gambe in compagnia delle strigi!"
«Se no dove dovremmo andare?»

Quando sentì le parole della profezia per la prima volta pensai al posto più temuto in assoluto da uomini e dei, non era l'Ade, non esattamente. Qualcosa di molto, molto peggio: il Tartaro.
"Dove gli altri temono" c'è un posto forse più temuto del Tartaro? Anche gli dei si guardavano bene dall'avvicinarsi.
Speravo davvero con tutta me stessa di essere io esagerata e che la profezia non avesse nulla a che fare con quel posto.
Se avessi dovuto davvero andare , l'unica cosa di cui ero certa era che non mi sarei portata dietro né Piper né Annabeth. Era troppo pericoloso.

Tartaroukhos, signora/sovrana del Tartaro, uno dei tanti epiteti di mia madre, mi dava un certo conforto, forse io in qualche modo me la sarei cavata, ma loro? Era troppo rischioso. Le stavo già mettendo sufficentemente in pericolo. Non volevo metterle così tanto in pericolo. Né loro né nessun altro.
Per quanto ne sapevo sui libri c'era scritto che Tartaro era uno dei possibili candidati come padre di mia madre, quindi mio nonno.
L'idea di essere a poche centinaia di metri di distanza da quel posto mi metteva ancora più paura.
Non volevo parlarne con nessuno, avrebbero sicuramente iniziato a tenermi d'occhio in modo esasperante.

Ero stata negli inferi solo una volta prima di quel giorno, ma avevo alcune conoscenze e tante domande.
«Venite»
«Dove?»
«Prato degli Asfodeli. Devo parlare con Amalia»
Piper seppur in tensione sembrava altrettanto incuriosita da tutto quello che ci circondava. «Cosa ci fa Amalia nel prato degli Asfodeli?»
«É semplicemente morta troppo giovane, non va vissuto né in modo virtuoso né malvagio»
Una volta Amalia mi aveva detto che di solito passava tutto il suo tempo sotto a un albero spoglio da ogni foglia, a guardare le altre anime aggirarsi senza meta. Quindi andai lì a cercarla.
«Toglimi una curiosità, come fa a essersi mantenuta così lucida? Non avrebbe dovuto... dimenticare chi era?»
«La sua famiglia era particolarmente devota a Persefone, sarà per questo che le sono stati concessi alcuni privilegi. Non le piace parlarne»
«Capito»
«Eccola»
All'ombra dei rami di un albero morente si trovava una bambina con i lunghi boccoli corvini che le coprivano buona parte del volto.
«Amalia»
La piccola alzò lentamente la testa.
«Alla fine Phoebe ti ha mandato qui?»
«Come fai a saperlo?»
All'improvviso sembrò trovare le radici dell'albero estremamente interessanti.
«Qualche giorno fa è comparsa una presenza luminosa negli inferi... era qui per parlare con Ade»
«Ho capito, puoi spiegarmi cosa sta succedendo?»
«Oh, qualcosa di terribile... credo che sia meglio lasciare le spiegazioni ad Ade»
«Cos'ha detto?» chiese Annabeth.
Sentivo io un bisbigliò quando parlava, figuriamoci loro. Amalia doveva imparare ad alzare la voce quando parlava.
«Che sarà Ade a spiegarci cosa sta succedendo»

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