10- Alchol and feelings

57 3 0
                                    

Dazai era seduto sulla sedia del balconcino del Lupin.
Forse quello era il suo bar di fiducia.
E forse era proprio lì che aveva i suoi ricordi più belli.
Aveva in mano un bicchiere di whisky e nell'altra varie bende che si era tolto giocandonci.
Era esausto.
Non ce la faceva più,era in astinenza, aveva bisogno di vedere il nanetto il prima possibile.
Sentiva che da lì a poco avrebbe ceduto e fosse andato direttamente a casa sua di persona anche solo per guardarlo.
Mori ancora non sapeva niente, e non avrebbe dovuto sapere niente.
Mah, parliamo di Mori Ogai è ovvio che prima o poi, in qualche modo, lo venga a scoprire.
Ed effettivamente aveva ragione, era già da cinque giorni che Dazai era sempre fuori casa e non si presentava a scuola, ed il preside aveva già i suoi sospetti.
Ma di certo non poteva andare direttamente dal moro e chiedergli "o ma per caso le cose tra te e Chuuya stanno andando una merda?".
Però ineffetti sarebbe stata una cosa che Mori avrebbe potuto fare tranquillamente.
Proprio in quel momento si accorse che aveva finito il bicchiere, ne prese un altro e un altro ancora tanto che il barista gli chiese se andava tutto bene.
Non sono più gli stessi di una volta.
Pensò sospirando.
Avrebbe voluto rispondergli di no, dirgli che non è mai andato tutto bene, e che non andrà tutto bene finché le cose non si risolveranno almeno un po'.
Ma forse non era sicuro neanche di questo.
Nessuno poteva dire con certezza che le cose si fossero risolte tra loro, almeno non senza l'aiuto di qualcuno.
Però non gli piaceva pensarla così: se qualcuno doveva aiutarli voleva dire che si sarebbe infiltrato nella loro vita privata e avrebbe fatto di troppo, o sarebbe stato di troppo.
Forse non avrebbe mai risposto al nuovo barista e forse non l'avrebbe mai più rivisto. Era troppo ingenuo per stare in un posto come quello, l'avrebbero cacciato dopo massimo una settimana. Chissà che lavoro avrebbe trovato.
Già, lavoro.
Il suo lavoro.
Era un professore, si e quindi? Che c'è di male in questo?
Era un professore di un liceo classico, alto, bello e con un sorriso da mozzare il fiato(cosa detta spudoratamente da Chuuya). Che cos'era che non andava?
Tutto. Semplicemente tutto.
O forse avrebbe dovuto dire niente.
Perché effettivamente, niente andava male agli occhi degli altri.
Ma in realtà tutto stava andando male in quel momento.
Il fatto che si stava praticamente distruggendo piano piano.
Il fatto che il rapporto con il rosso si fosse rotto(e non solo il rapporto).
Il fatto che era lui, e lui aveva paura.
Paura?
Mhpf, Dazai Osamu che ha paura?
Quel Dazai Osamu?
L'ex dirigente della mafia?
Lui non conosceva la paura. Era una cosa completamente estranea per lui.
Si, per quel Dazai Osamu si.
Ma per quello che era adesso...
Adesso...adesso...
Che cos'era adesso?
Non avrebbe trovato risposta tanto presto, di questo ne era sicuro.
Continuò a bere sotto lo sguardo preoccupato e/o disgustato del nuovo barista.
Gli veniva quasi da ridere.
Gli veniva da ridere pensando che le cose si sarebbero risolte col passare del tempo.
Gli veniva da ridere pensando che lui non sapeva cos'era la paura. Perché effettivamente, cos'è la paura?
La paura... è un, blocco?
Si, forse si.
La gente dice di avere paura. Ma sanno che cos'è?
No che non lo sanno.
Loro dicono, pensano, credono di aver paura.
Ma come si fa a dire una cosa con certezza se non la si conosce?
Dazai non lo sapeva. E forse non voleva saperlo.
Si mise una mano in testa e con un dito iniziò a giocare con il ghiaccio del bicchiere, ormai quasi vuoto.
Vedeva il suo riflesso nel vetro.
Aveva le pupille dilatate per i troppo bicchieri bevuti, i capelli scompigliati e le sue fedelissime occhiaie.
Forse dovrei contenermi un po'.
Si alzò salutando e uscì dal locale, con il vento che gli accarezzava i capelli.
Tirò un sospiro e si chiese cosa mai potrebbe star facendo il suo nanetto.
Poi, con aria appesantita, si fermò su un'isolata panchina sotto un lampione, ad osservare la luna.
.
.
.
.
.
.
.
Chuuya era seduto sul letto, con in mano un bicchiere di vino.
Forse era uscito per andare nel konbini vicino casa soltanto per fare scorta di varie bottiglie, per ogni evenienza, aveva detto.
E forse quella era una delle "evenienze".
Guardava fuori dalla finestra in attesa di qualcosa che probabilmente non sarebbe mai arrivato.
Poteva essere un suo messaggio, o poteva essere una sua chiamata, o anche un lui che appariva lì per strada.
Com'è bella la luna stasera.
Aveva ripensato al detto,o qualunque cosa fosse: se ti dichiari ad una persona dicendo "mi piace la luna, a te?" e questa ti risponderà "anche a me" allora voleva dire che l'amore è corrisposto. Ma se non ricambia dovrà dire "preferisco le stelle".
Sotto sotto poteva avere senso.
Chissà se Dazai preferisce la luna alle stelle.
Si era chiesto.
Sospirò e si riempì una quarta o quinta volta il bicchiere di quel buonissimo liquido rossastro.
Che giorno era?
Lunedì? Martedì? No forse Mercoledì.
Da quant'era che non andava a scuola?
Uno? Due? Tre giorni? No forse erano anche più di cinque. O forse era una settimana.
Che poi, che cosa gli importava?
Non era questo l'importante adesso.
<<Dazai...>>
Chuuya era uno che non mostrava le sue emozioni davanti a nessuno, neanche a Tachihara.
Ma probabilmente quel nuovo professore di filosofia aveva fatto un patto con cupido, e cupido aveva scoccato una freccia e l'aveva preso in pieno.
Ma forse quello poteva essere anche stato Apollo, gli aveva scoccato una freccia in pieno petto così da fargli spezzare il cuore.
O potevano essere stati entrambi.
Ma forse Dazai Osamu era così speciale che aveva fatto centro nel suo cuore anche senza una freccia.
Ora che ci pensava erano passati quasi sette mesi di scuola, e il vecchio,antipatico e brutto professore di filosofia precedente si sarebbe rimesso da lì a poco.
Iniziò a sudare freddo.
Cosa sarebbe successo quando il vecchio professore sarebbe ritornato?
Cosa avrebbe fatto quello attuale?
Dove sarebbe andato?
Decise di uscire di casa(per la prima volta dopo tanto) per scacciare questi pensieri, e passando in salone si diede una specchiata veloce e si ricordò dei suoi capelli che gli superavano di poco le orecchie. Diede una piccola occhiata disgustata a sé stesso e poi uscì, con il suo fedelissimo cappello.
.
.
.
.
.
.
.
Dazai si era alzato dalla panchina e si stava dirigendo verso casa (per la prima volta dopo tanto).
<<Chuuya...>>
Alzò gli occhi e guardò il cielo.
Com'è bella la luna stasera.
Percorse quella strada tanto familiare, illuminata solo dai raggi lunari.
C'era silenzio; ma uno di quelli tranquilli, uno di quelli che la notte di dona per pensare o fare altre cose.
O anche uno di quelli che ti fa pensare "deja vù".
Abbassò lo sguardo solo quando una figura gli si schiantò addosso.
Una figura che riconobbe subito.

<<Chuuya...?>>

<<Dazai...?>>

Dissero in coro.
E prima che potessero accorgersene, i loro occhi si erano incastrati l'un l'altro, creando così una specie di magnetismo.
Deja .
Pensò Dazai.

<<Cosa...ci fai qui?>>
Chiese titubante il rosso.

<<Potrei farti la stessa domanda. A quest'ora poi>>
Il moro cercò di avere il tono più inespressivo possibile, ma ottenne quasi l'effetto contrario.

<<Non devi andare a scuola domani?>>
Continuò poi.
Chuuya restò in silenzio, ma alla fine rispose.

<<Potrei farti la stessa domanda>>
Dazai sgranò gli occhi.
Vendicativo il ragazzo.

<<Senti Chu Chu...>>
Chiamandolo così, il diretto interessato arrossì e distolse lo sguardo.
Gli venne quasi da piangere.
Il moro voleva che lo guardasse però, quindi gli prese il viso tra le mani proprio come l'altro se l'era immaginato.

<<Guardami Chuuya>>
Sobbalzò nel sentire le sue mani fredde ma familiari sulle sue guance.
Il maggiore si avvicinò.

<<Scusa. Scusami. Perdonami, non avrei dovuto lo so. Ho avuto paura. Non sapevo come comportarmi. Lo so che adesso non mi perdonerai mai. Sono stato uno stronzo, quind->>

<<Stronzo>>
Disse soltanto il rosso.

<<Come?>>

<<Stronzo. Stavi per dirmi di insultarti vero? Bene, l'ho fatto. Ma adesso dovresti essere tu ad insultare me...>>

<<Cosa? Perch->>
Chuuya si tolse il cappuccio.

<<Io non...>>
E fu lì, non quando erano separati,ma quando scoprì che il suo nanetto si era tagliato i capelli, che Dazai potrebbe aver versato una lacrima.

<<Dazai non... Mi dispiace ok? Mi dispiace veramente, non so come->>
Stavolta venne interrotto dalle labbra del più alto.
Quello non era un bacio, o meglio, era più di un bacio.
Quel bacio significava tante di quelle cose.
Significava "ti amo";
Significava "non ti abbandonerò più";
Significava qualcosa che solo loro sapevano.
Non si volevano staccare più ed erano finiti per andare a sbattere contro un palo e ci erano rimasti.
La mano di Dazai si spostò dai capelli fino a scendere al sedere e poi sulla gamba, che Chuuya sollevò.
Gli mancava. Ad entrambi. Tutti questi baci mancavano ad entrambi.
E forse non solo i baci...

Teacher's pet //soukoku//Where stories live. Discover now