Punto di non ritorno

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«No, niente, lascia stare.»

Allarga le braccia, stizzito.

«E certo, perché tu parli e agisci solo da sbronzo» mi provoca.

Non l'ho mai visto così, né mai sentito tanto crudele con me. Mi sta dando del codardo? Forse lo crede davvero. Oppure cerca lo scontro definitivo, non lo so, una rottura. Forse vuole arrivare al punto di non ritorno.

Anch'io voglio le mie risposte. Ma il punto di non ritorno no, non lo voglio. Cerco di mantenere la calma.

«Chi è l'ossigenato.»

Filippo sbatte le palpebre più volte e fa una smorfia. «Chi?»

«Il tipo con i capelli corti ossigenati. E i piercing. E il tatuaggio» indico la guancia.

«Ah, Leo» risponde infilando il piumino.

Leo.

«E chi è Leo

Alza le spalle. «Leo.»

«Ok, ma da dove salta fuori, all'improvviso.»

Filippo scuote la testa, con un sorriso teso e stupito.

«Guarda che non sono affari tuoi» dice. Ecco qua, un'altra frase da prima volta, stasera. Non sono affari miei. Ma forse ha ragione. Adesso, non c'è davvero più traccia di noi.

«Ok, come ti pare. Ma almeno è gentile? Perché a me sembra prevaricarti.»

«Ma che cazzo vuoi.  Lo hai mai incontrato? C'hai mai parlato una volta, in vita tua? Tutta questa chiarezza d'idee da dove ti salta fuori? Leo è un mio caro amico.»

Un caro amico, addirittura. E da quando.

Inizia a girarmi il cazzo che con Filippo non si possa più parlare di niente, perché si inalbera e interpreta tutto a modo suo.

«Quindi avevi una vita segreta» concludo, con uno sguardo di sfida.

«Cosa?»

«Un caro amico che non ho mai visto prima, a un tratto sembra ovunque. Mi sembra strano, no?»

«Ovunque?» Prende una lunga pausa, in cui mi osserva e forse matura dentro di sé un certo tipo di disprezzo.  «Adesso pretendi di conoscere ogni amico mio?»

«No, infatti.»

Mi guarda con cattiveria, fa due falcate e si china su di me, che sono rimasto seduto.

«Questo tuo atteggiamento è prevaricatore, te ne rendi conto o no?» mi dice, premendo forte la punta delle dita contro la spalla, a volermela bucare.

«Te lo dico solo per...» proteggerti. «Ma ok, se dici che è un tipo a posto...»

«Ah, quindi è ok? Ho il tuo permesso? Ma grazie! Grazie!» Sorride quasi nauseato, scuotendo la testa. «Ma si può sapere che vuoi? E poi Leo è divertente, è allegro, è spensierato...» Ah, ecco, quindi io sono una pesante rottura di coglioni. Sì, può essere. «Con lui ci sto bene. Leo è ... sì, lui è gentile

L'ultima parola gli esce con un accenno di tenerezza di troppo, e non mi piace. Non mi piace. 

Sollevo platealmente le mani.

«Ok, per carità, va bene, allora. Vai pure a spararti le pose.»

Filippo sbuffa rapido e mi viene vicino. Mi scruta in modo serio.

«Cristiano, ma che cazzo vuoi.»

Cristiano. Non credevo che il suono di un cuore che si spacca, assomigliasse così tanto al mio nome pronunciato per intero.

Deglutisco e sento le lacrime salirmi agli occhi. Abbasso la faccia e la schermo con la busta del ghiaccio.

«Sai cosa mi fa incazzare» aggiunge, dopo un momento di riflessione. Ormai ha rotto gli argini, ha deciso di annientarmi. «Che ti senti sempre così tanto superiore a tutti» dice.

Le lacrime bruciano sulla pelle gelata, adesso. Annuisco, con il volto coperto.

«Hai finito?» gli chiedo.

«Perché? Ti fa male la verità?» Ok, basta. «Cerca la parola egoismo, nei tuoi cazzo di libri.» Ne prende uno dalla scrivania e lo rimette giù in malo modo. Ha solo voglia di mordere. «Spiegami: stai con Alex o no? Mica l'ho capito perché vuoi tenermi qui. Perché?» Basta. «Perché, se sai quello che provo per te? Ah, perché sei solo un egoista del cazzo, ecco perché!»

Un litigio sottovoce non mi era mai successo, ancora. E forse fa più male, perché le urla scoppiano dentro, invece che fuori, e ti devastano.

«Eppure sei qui. Allora dimmelo anche tu:  stai con l'ossigenato o no?» e glielo chiedo togliendo via il ghiaccio dagli occhi e svelando il mio pianto.

Filippo infila le mani in tasca, ma non è a disagio, non gliene frega niente se sto piangendo.

«Si chiama Leo. E non sono cazzi tuoi con chi sto. Io sono qui solo perché mi fai pena.»

Quindi è questo che succede quando il cuore si sbriciola. Ti senti trascinare giù da un dolore nero e non c'è scampo e non c'è via di fuga. E puoi solo andare più giù. Solo più giù.

«Guarda! Guarda, come ti fa ridurre il tuo Alex » mi dice, con la voce troppo alta, ormai.

Quindi lo sapeva.

«Hai finito o no?»

Ci guardiamo senza farlo davvero. 

«Ho finito» dice.

«Bene. Allora levati dal cazzo.»

Mi fissa con occhi fermi e affilati.

Si gira di scatto, apre la porta della camera e vedo un rivolo di stoffa rosa volare via. Credo sia la vestaglia di mia madre che stava origliando.

Filippo marcia spedito verso la porta di casa e poi esce sbattendola.

GabbianiDonde viven las historias. Descúbrelo ahora