Da tutto a niente

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Sta qui solo per umanità, perché mi hanno preso a pugni. Ho finito tutti i miei bonus.

Ci guardiamo e credo sia lampante la mia tristezza. Ma non gliene frega niente.

«Fammi solo capire» insiste.

«Se vado oltre...» sento le lacrime pungere e torno a guardare il soffitto. «Tu vuoi perdere davvero tutto? Ti sta bene così?»

Dio, sono patetico. Smettila, cazzo, smettila.

«Fammi solo capire» ripete, tenendo un tono fermo.

Ok, va bene, va bene, va bene. Quindi è così: da tutto a niente.

«Volevo verificare se davvero un odore può far riesumare alcuni ricordi.»

«Ricordi?»

Dall'espressione che assume, capisco che Elisa non gli ha detto niente della nostra chiacchierata.

«Che ricordi?»

«Ricordi che una sbronza potrebbe aver cancellato.»

Filippo si volta di scatto verso di me. Sta assolutamente zitto. Io non respiro neanche, ma lui sì, ha il respiro irregolare adesso. La faccia inizia a pulsarmi pure col ghiaccio.

«E ha funzionato?» chiede, con la voce che forse gli trema.

«No. Forse giusto qualcosa. Non lo so» ammetto. «Non lo so.»

Filippo si siede con le gambe incrociate.

«Non mi sembra un gran risultato.»

«No, infatti, per niente.» Il cuore mi sta letteralmente battendo ovunque. «Tu eri con me, quella sera. C'è qualcosa che devo ricordare? Dimmelo tu.»

E lo faccio, lo guardo. Lui abbassa subito gli occhi e li sposta sulle sue dita. Inizia a giocare in modo nevrastenico con il bordo di un cerotto. Ok, sì, c'è qualcosa che dovrei ricordare a quanto pare.

«La tua unica sbronza risale all'anno scorso» dice.

«Lo so.»

Adesso mi fissa. E' così teso e tirato che gli zigomi gli sporgono pure di più. Osservo i suoi occhi che si scuriscono un po'. Questa è l'ultima sera che stiamo insieme.

«Mi spieghi come salta fuori adesso?»

«Perché sabato scorso, quando eravamo sulla porta, e ci siamo salutati, ho avuto come un déjà-vu.» Filippo sa bene che sto parlando del bacio. «Era una sensazione giusta?»

Sta cercando di strappare la parte adesiva del cerotto, con piccoli scatti. Io invece sento le lacrime che scivolano giù adesso e mi affretto a toglierle via. Sono ridicolo. Ma sono anche tanto stanco.

«Sei tu quello intelligente, no? Se il tuo cervello ha scelto di cancellare tutto, un motivo ci sarà.»

Mi siedo come lui.

«Che vuol dire sei tu quello intelligente. Stavo completamente fuori, quella sera. Mica ho scelto di dimenticare in modo selettivo.»

«Lo vedi? In modo selettivo. Sei un cazzo di libro di scienze. Ma tu non vuoi sapere davvero quello che è successo» insiste, con un tono che non mi piace per niente, ormai il rancore si è diramato. Il rancore è un virus.

«Tu però che ne sai?» dico con più dolcezza possibile.

Filippo mi guarda attraverso le ciglia scure. Ha gli occhi lucidi pure lui, ma credo sia per le scintille di rabbia.

«Perché se il tuo inconscio volesse davvero ricordare quello che è successo, sabato sera, sulla porta... avresti reagito in maniera diversa. Tu non vuoi ricordare, credimi.» Scuote la testa, con un sorriso teso, poi si passa la mano sui capelli e se li scompiglia. «E poi non ricordo niente nemmeno io.»

GabbianiOù les histoires vivent. Découvrez maintenant