Capitolo 2 - Una Chiacchierata

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Draco Malfoy stava sdraiato non tanto comodamente sulla distesa fredda e umida che si estendeva poco accanto l'uscita della Sala Comune dei Serpeverde.
Sebbene infreddolito, il clima era l'ideale per la sua mente calda e confusa; quest'ultima non era però la parola che meglio rappresentava il suo stato d'animo: il ragazzo era terrorizzato.
Nulla era parso dargli sollievo come un po' di tempo libero trascorso in mezzo ai salici tristi e alla brezza sinistra del lago che occupava l'intero primo piano sotto la linea dell'orizzonte. Sospirò, agitato.
"Potrei andare a scopare." pensò. Qualsiasi attività era ben gradita pur di ingannare l'attesa; e infatti aggiunse, dopo aver ingoiato un boccone più amaro di qualsiasi sciroppo si potesse mai rifilare a un bambino, "In ogni caso è già tutto deciso".
Non gli dispiaceva starsene per i fatti suoi a osservare gli uccelli migrare da un ramo all'altro. Spostava il suo sguardo, senza muovere eccessivamente il collo, dall'albero alla sua sinistra a quello alla sua destra, cercando di non perdersi neanche un movimento di una certa rondine, che sembrava sinceramente divertirsi a saltare di qua e di là.
In quei pomeriggi la stanchezza psicologica era un fardello troppo pesante che era impossibile non alterasse anche quella fisica.
"Penso proprio andrò a scopare adesso.", gli balenò in testa, dopo che il volatile ebbe smesso di dare spettacolo.
«Ciao,» una voce angelica lo prese alla sprovvista «che combini?», chiese.
Draco non aprì neppure gli occhi per controllare chi lo avesse spaventato. Si limitò a contrarre leggermente le sopracciglia in una smorfia infastidita, quasi gli fosse immediatamente venuto un gran mal di testa.
«Daphne, sei tu,» si bagnò le labbra, avvertendo che un peso stava schiacciando l'erba vicino al suo fianco; la ragazza si era accomodata sul prato nella stessa identica posizione dell'altro studente: le due braccia racchiuse sotto la testa, a sorreggerla, e il resto del corpo steso in cerca di tranquillità. «Non ti ho vista stamani a lezione.» concluse, aprendo il discorso con un'inutile constatazione. Nel tono nessun accenno di giudizio: dopo tutto quel silenzio, aveva voglia di parlare del nulla con qualcuno.
La bionda schioccò le labbra emettendo un breve suono di consapevolezza, quasi a confermargli la veridicità della frase, e prese a strappare con movimenti nervosi quei pochi steli che trovava sotto mano.
«Sì, sono rimasta in stanza ad aiutare Pansy.» ammise, aprendo gli occhi per osservare il cielo coperto da nuvole di tutte le forme. «Diciamo che dopo questa notte non aveva una bella cera».
Draco ridacchiò, con le palpebre ancora serrate. La punzecchiò: «Ma non mi dire... non sapevo facessi beneficenza adesso.» una smorfia, apparentemente a forma di sorriso, sul volto pallido per natura.
Anche le labbra di Daphne si schiusero un minimo, scoprendo così una serie di denti bianchi e perfetti. «È stata dura: era messa davvero male. Sono sinceramente preoccupata: credo abbia dato una bella cifra a Harrison per crearle una posizione su misura.» confessò, un po' a bassa voce.
«Cazzo, poteva chiedere a me...» si lamentò l'altro come unica risposta, senza muovere di un centimetro il corpo. La ragazza gli diede uno schiaffo sulla spalla, seppur confortata da tanta frivolezza.
Non erano giornate facili per nessuno di quei sei studenti —ma non per Harrison: per Harrison doveva essere un gran bel periodo.
«Neanche tu stavi messa una favola stanotte, però.» obiettò l'altro, girandosi appena per degnarla finalmente di un'occhiata: il colore così freddo di quelle pupille non faceva altro che evidenziare quello delle occhiaie. Cos'era, una vita che non dormiva più decentemente?
La primogenita Greengrass sospirò con grazia, lasciando che il suo petto trattenesse per qualche secondo il respiro, per poi esalarlo con altrettanta lentezza. «Sì, sono consapevole: ho esagerato anche io. Per fortuna Blaise mi sta tanto accanto».
Quelle poche parole riuscirono in qualche modo a scaldargli le guance e a rilassarlo. "Ah, Blaise, Blaise..." pensò, "Menomale". Osservò che il tono della sua compagna di corso era tutto sommato tranquillo, nonostante le lacrime della notte prima.
«Sembra star andando tutto bene fra di voi,» cambiò discorso, dopo essersi messo a sedere, «sbaglio?». La ragazza sorrise, modellando il viso di pacata felicità: «Vanno bene, sì, grazie», rispose, tanto per non lasciare l'amico a parlare da solo, accomodandosi anche lei a gambe incrociate sul terreno.
Draco annuì, grattandosi il mento.
Non aveva alcuna voglia di pensare alle faccende serie, al futuro, alla morte, perché di questo avevano trattato quei 17enni in quel salotto giusto 12 o 14 ore prima.
Se non poteva cambiare gli eventi e gli impegni che i loro genitori avevano preso per tutti loro —e non poteva di certo—, tanto meglio allora che non si aprisse neanche bocca in merito. Non era minimante intenzionato a spendere anche solo due minuti ancora su quella questione: in ogni caso non c'era assolutamente nulla da contrattare o su cui discutere, poiché tutto era già stato deciso: si trattava solo di aspettare ancora un giorno e mezzo.
«E tu?» Daphne interruppe il flusso di pensieri di entrambi, «Con Maya?».
Draco rimase a guardare le onde del lago infrangersi a riva, senza sentirsi particolarmente trasportato dalla domanda di circostanza. Lui e la bella ragazza con la gonna corta che ora gli stava seduta a pochi centimetri si conoscevano da molti anni e si volevano molto bene; constatò dunque che il motivo di così poco entusiasmo fosse la relazione stessa con Vanessa.
«Mah,» sospirò, lanciando un sasso con poca forza, «è molto bella, scopa bene.» ammise.
«Allora io direi che va alla grande.» ironizzò la bionda, interferendo così con il mare di parole che stava per uscire dalla bocca del ragazzo, che comunque ridacchiò un poco a quell'affermazione. Lei se ne accorse in tempo: «Scusa, dicevi?».
Draco serrò la mandibola, per poi rilasciarla in un gesto annoiato.« In realtà nient'altro,» ammise, sincero «mi risulta buffo come tre su tre in questo gruppo non ce ne è una che sta bene.» aggiunse, lanciando un'occhiata vagamente divertita all'amica, che non si lasciò l'occasione per rifilargli un sorriso complice.
«Da quando ti sei ripulito sei diventato troppo severo, Draco.» lo riprese lei, aggiustandosi al meglio i collant leggeri, che si erano lievemente lasciati andare dalle cosce in giù.
Lui cambiò argomento di colpo, facendosi più serio: «Theo come sta? L'hai visto?». La bionda arcuò un sopracciglio, pensando a cosa rispondere. «Sì, l'ho visto a pranzo. Stava parlando con Maya. Bho, sta bene penso. Maschera bene di sicuro. È momentaneamente impegnato a preoccuparsi che Pansy non vada in overdose; assicurato ciò, secondo me tra due orette avrà il tempo per imparanoiarsi per la lettera».
"Non fa una piega." pensò l'altro.
«Tu e Theo ne conoscevate già il contenuto, non è vero?» domandò lei, guardandolo con un'aria compassionevole. Sembrava piuttosto tranquilla, lì, in quel prato quasi già secco, a intrecciarsi i lunghi capelli lisci in una treccia improvvisata, per poi disfarla lentamente, e rifarne subito un'altra. Era affascinante da osservare, e non richiedeva chissà quale impegno. L'unico figlio Malfoy si perse dietro a questo meccanismo per una manciata di secondi, poi girò il collo, azzerando ogni contatto fisico con la ragazza.
Annuì. «Sì, da quest'estate.» confermò, atono. Non voleva dare sfoggio alle sue reali emozioni, nonostante con Daphne ne avesse condivise molte, di ogni tipo. Si conoscevano da quando erano in fasce. Non provava alcuna vergogna.
«Capisco. Ti ringrazio per non avercelo detto. Quantomeno sono riuscita a scopare in tranquillità fini a ieri.» sdrammatizzò lei, tagliando il velo di tensione che si era creato, rubando una risata lieve a quell'altro.
«Devo ammettere che siamo un bel gruppo,» aggiunse, pompandosi un po' l'ego e allargando il petto. «per essere Serpeverde, intendo». Il prefetto non parve dissentire.
Quei sei ragazzi formavano una stramba rete di relazioni e connessioni: la famiglia Malfoy e quella Greengrass erano unite da rapporti secolari e da rigide ideologie; quella di Maya e di Theodore altrettanto, essendo che lavoravano —o meglio, qualcuno lavorava per loro— nel medesimo settore commerciale; i cognomi "Parkinson" e "Zabini" erano finiti una miriade di volte nei medesimi scritti di cause civili —ovviamente di civile c'era ben poco: poco importava, perché vincevano sempre.
Oltre a creare così una solida sicurezza in ambito d'amicizia, i loro genitori si erano anche assicurati di mandarli davanti allo stesso destino, che ai loro occhi doveva essere grandioso. In effetti lo era, ma Draco pareva cominciare a non concordare più; in realtà, tutti loro non sembravano entusiasti. Dopotutto, erano nient'altro che dei ragazzini.
Daphne sorrise tra di sé, e attaccò senza alcun preavviso: «E con la Granger...?».
Draco strabuzzò gli occhi, sebbene il suo corpo non lo avesse tradito di un singolo movimento. Accolse quella domanda, lasciata in sospeso con un po' di malizia, e sospirò profondamente.
"Già," ragionò "la Granger...". Decise di puntare tutto sull'ironia. «Se mi marchiano, dovrò smetterla di portarmela a letto.» concluse, aggiustandosi i gemelli della camicia.
La ragazza parve annuire lievemente, spostando il suo sguardo sul colore nero e scuro dell'acqua. Aveva ragione, dopotutto.
Era un bel pomeriggio di fine estate, e non c'era nulla che un bel bacino d'acqua non potesse allietare. Lo scrosciare costante e meccanico diventava alla lunga una calda ninna nanna, e il cinguettio di quei pochi uccelli rimasti ne completava la cornice.
«Potrebbe mai succedere che invece le piace il maschio tatuato?» domandò a bruciapelo, quasi fosse un discorso fra sé e sé, fintamente ingenua: voleva solamente alleggerire quelle giornate tremende e senza riposo. Malfoy sorrise appena, guardandola con affetto, avendo compreso il suo gioco. «Mah, chissà...» sospirò, appoggiando i palmi dietro di sé e rilassando la schiena, mettendosi più comodo. «Magari quella Grifondoro può stupirmi ancora».
«Caspita, adesso, "quella Grifondoro",» lo prese in giro l'altra studentessa, «come se non fosse l'amore della tua vita».
L'altro fu preso contro petto: «"L'amore della mia vita"?...Addirittura,» sbottò subito, senza però perdere contegno. La constatazione della bionda non lo disturbava in nessun modo: era sceso a patti con la sua coscienza già tempo prima. «attenta a quello che dici, che altrimenti diventa realtà.» terminò, quasi in tono canzonatorio, godendosi quell'ipotetico scenario. Sì, gli sarebbe piaciuto.
Draco lanciò addosso all'amica qualche filo d'erba precedentemente strappato, ricoprendole così qualche ciocca e infastidendola il giusto. Se lo meritava.
«E sentiamo,» riprese il discorso «come l'hai partorita questa?» chiese, con un sopracciglio arcuato; dopotutto si stava pur sempre parlando di lui, non poteva dispiacergli così tanto.
«L'ho dedotto da come non ne parli mai, mi pare ovvio.» commentò dunque lei, stringendosi nelle spalle e oscillando con i fianchi più vicino al compagno, strofinandogli sul naso qualche stelo spezzato, lasciandolo con un sorriso, per poi alzarsi un poco per acchiappare da qualche strana tasca nascosta un taccuino: neanche a dirlo, dentro c'erano delle sigarette.
Se ne accese una, inebriando anche Draco.
Rimasero lì, uno vicino all'altra, a condividere silenziosamente quel momento: sapevano entrambi che era ormai questione di qualche ora, e quella falsa quiete si sarebbe frantumata. Tanto valeva rilassarsi per quanto possibile.
La ragazza prese a respirare piano, sempre con eleganza, mentre si toglieva uno a uno quegli scarti di natura.
«Lei sa di Maya?» domandò a un tratto.
Lui corrugò la fronte, pensieroso. «Non penso».
«Quando glielo dirai?» continuò.
«Mai. Con la Granger finirà stanotte.» commentò, amareggiato ma determinato.
Daphne espirò fumo chiaro, indirizzandolo verso il cielo. Annuì in risposta: sinceramente?, Draco non poteva muoversi altrimenti.
«Rimani con Maya, quindi?»
«Con Maya non sono mai stato,» ammise, il tono era calmo e sincero. «ma sì, questo è in programma».
La bionda non riuscì a capire di quale schema parlasse, e sopratutto a chi interessasse fosse seguito dall'inizio alla fine: di certo non al suo amico, dato il brutto sguardo che aveva. Vedere Malfoy con il cuore a pezzi era uno spettacolo troppo pietoso persino per la sua migliore amica.
Spense il fumo picchiettandolo sul terreno, senza staccare lo sguardo dagli occhi abbassati del ragazzo. Strinse le labbra, che ancora profumavano di tabacco: non era momento da paternale, quello. Tenne i suoi pensieri per sé.
Inspirò rumorosamente, cercando di pensare ad altro, ma invano.
«Stasera vai da lei?» chiese, preoccupata.
L'altro schioccò la lingua sul palato, continuando a fissare il lago Nero. «Per forza».
La bionda annuì col capo, comprendendo la serietà della situazione. Lo sguardo di Draco era apatico, assorto, pensieroso: ne fece derivare in Daphne una strana tristezza.
Anche lei si limitò a osservare le onde.
Disse poi: «Sai che alla fine conta solo quello che vuoi tu, non è vero?». Lui sorrise appena, prendendole la mano. La strinse.
«Sì, lo so. Grazie Daphne».

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