Capitolo 6

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«Merda!» quella era l'ennesima imprecazione che Louis faceva, stava cercando di contattare Harry da ormai un settimana (la permanenza in quella città si era prolungata più del previsto), ma niente. Fino a quel momento era stato abbastanza tranquillo perché sapeva che i loro amici sarebbero stati con lui, ma aveva appena ricevuto la notizia che in realtà neanche loro lo avevano più sentito Harry, o meglio: che non lo vedevano, perché il ragazzo aveva risposto alle loro chiamate solo per dirgli di lasciarlo in santa pace, e quando i tre ragazzi si presentarono davanti alla sua porta le uniche cose che ricevettero furono urla.

Inizialmente non avevano detto niente a Louis, per non farlo preoccupare, ma iniziavano a preoccuparsi seriamente. Non avevano la più pallida idea di come comportarsi. Avevano anche provato a contattare Anne, la madre del ragazzo, ma a lei Harry aveva detto che andava tutto bene e che era solo un po' triste per la partenza di Louis. Avevano pensato di portarla da Harry, ma la donna era in Irlanda per delle questioni riguardanti il lavoro e proprio non riusciva a muoversi.



Louis era immobile, si trovava in mezzo ad una delle sale vuote riservate alle conferenze dell'hotel. Era indeciso sul dafarsi: non sapeva se mollare tutto e andare da Harry oppure rimanere a Boston e partecipare alla conferenza che avrebbe quasi sicuramente cambiato la sua carriera in meglio.

Il suo cervello stava impazzendo, era totalmente confuso, se fosse rimasto a Boston il suo nome sarebbe finito in una delle ricerche più importanti degli ultimi dieci anni nel campo della psichiatria; mentre a casa lo aspettava Harry, l'amore della sua vita. Il ragazzo di cui si era innamorato al liceo; lo stesso ragazzo che aveva avuto il coraggio di partire per un'altra città a soli diciotto anni, solamente per raggiungerlo; il ragazzo che gli aveva donato tutto se stesso; l'unico che gli aveva insegnato a vivere e l'unico al quale mostrava le sue debolezze.

A Londra avrebbe trovato la persona che lo capiva più di tutti, la sua persona. Il suo amore. La sua anima.

A Londra c'era tutto quello di cui aveva bisogno.



Qualche ora dopo Londra i tre amici stavano pensando ad un modo per accedere alla casa della coppia, dato che Louis non aveva lasciato loro le chiavi.

«Dai Liam, tira un calcio e buttala giù.» disse Niall. «Idiota non è una porta qualunque, ma quella d'ingresso, non basta un calcio» «E allora chiamiamo i pompieri, o la polizia. Vi rendete conto che non è normale questa situazione?» «Sì, Niall, ce ne siamo accorti, grazie mille. Ma non mi sembra opportuno avvisare le autorità, a parer mio peggiorerebbe la situazione.» «Basta, io spacco la finestra.» il biondo era partito in quarta, pronto a frantumare la finestra del salotto ma venne bloccato da Zayn, il quale finalmente parlò: «Siete entrambi degli stupidi, qui nessuno spacca niente, chiaro? Datemi qualche altro minuto e saremo dentro, ma prima fatemi andare a prendere una cosa.» entrambi i ragazzi si zittirono e guardarono il moro, il quale andò verso l'auto parcheggiata per recuperare una cassetta nera e rossa di plastica. «Che cos'è?» domandò l'irlandese. «E' una cassetta degli attrezzi dentro c'è-» Zayn non riuscì a terminare la frase a causa di alcune grida. «Cosa sta succedendo lì dentro?» proferì Liam. «Non ne ho idea, ma non penso niente di buono.» Rispose Zayn.

"Ti ho detto di smetterla, cazzo."

«Zayn, è il momento di aprire la porta.» affermò Liam dopo aver sentito qualcosa rompersi all'interno delle mura. Quindi il ragazzo tirò fuori dalla cassetta un levachiodi e forzò la serratura fino ad aprirla. Quando entrarono si ritrovarono Harry girato di spalle con in mano un cuscino strappato, il minore si voltò lentamente e quando vide le tre figure all'entrata di casa sua con in mano un ipotetica arma spalancò lo sguardo e, tremendamente spaventato, scappò al piano di sopra.

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