Capitolo 7: La puzza dell'oro

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Avrei dovuto prevedere il buonumore prorompente del sindaco Goodwin appena è venuto a scoprire che avevamo annientato la banda di Javier Jimenez Ortega.

Ancora una volta non fui io a ricevere la notizia, questa giunse a me indirettamente e di nuovo per bocca di Brady.

Furono sufficienti pochissime ore, già il mattino dopo lo sceriffo si presentò al mio ranch in modo simile a come aveva fatto svariati anni prima, ma questa volta era portatore di liete novelle.

Mi disse che Iverson aveva accolto con tanto entusiasmo la fine di Ortega e dei suoi uomini che aveva appena invitato me e lui a casa sua.

Era un periodo in cui mi sembrava di essere sempre dal sindaco, dopotutto ci ero stato con Rosa per l'evento non molti giorni prima, e i ricordi non molto piacevoli di quella serata erano ancora fin troppo vividi nella mia mente.

Forse avevo ormai accomunato quell'abitazione agli spocchiosi snob di quella che io continuavo a chiamare "finta aristocrazia".

Gli attribuivo da anni questo titolo offensivo perché non era altro che gente che voleva darsi un tono, l'unico scopo delle loro miserabili vite.

"Finti aristocratici" perché sembrava quasi volessero farsi passare per nobili, ma non avevano una singolo goccia di sangue aristocratico.

Come bambini in maschera che fingono di essere qualcosa che non saranno mai.

Borghesi senza speranze, ecco cos'erano, a stento sopportavo la loro vicinanza dopo l'ossessività di Turner per le mie proprietà.

Quella stessa mattina montai a cavallo con lo sceriffo per tornare a casa del sindaco.

Aveva quasi un aspetto diverso nel vederla alla luce del sole anziché di notte.

Ci stava aspettando e ci accolse con quel suo solito buonumore contagioso.

Lo vidi sulle scale della veranda che alzava un braccio di saluto verso di noi mentre io e William rallentavamo sempre di più fino a smontare da cavallo e lasciare gli animali proprio dove li avevamo fermati anche l'ultima volta.

Il sindaco masticava già alla buon'ora un altro di quei suoi grossi sigari, ma scoprii inoltre che non era il solo li quel giorno.

Mi accorsi solamente qualche secondo dopo di un secondo uomo, uno con un cappello chiaro con un cordino dorato e una giacca blu dotata di grossi bottoni e spalline altrettanto dorate.

Non ebbi difficoltà a riconoscere anche il maggiore Davis, che continuava ad essere taciturno anche mentre salivamo quel paio di gradini della veranda per apprestarci ad entrare in casa.

<Non so davvero come ringraziarvi> furono le prime parole che ci rivolse mentre arrivavamo <Avete di nuovo reso la Contea di Lincoln un posto più sicuro. Ma non vedo l'ora che mi raccontiate com'è andata>

Terminò di parlare che quasi rideva dall'eccitazione, come un bambino in procinto di scartare dei regali.

<Siamo qui per questo signor sindaco> mormorò Brady con un tono strano, poi si rivolse al militare con tono di saluto <Maggiore Davis>

Il saluto del cavalleggero si riassunse in un rapido cenno del capo in nostra direzione, era un uomo pratico, questo l'avevo capito fin dal primo momento in cui l'avevo visto.

Ci fece entrare e continuammo i nostri discorsi proprio nella stessa sala dove ci aveva invitati durante l'evento di gala diversi giorni prima.

Entrando non potei fare a meno di notare come adesso la casa fosse diversa da quella sera.

Quella stanza in particolare, che per quella serata era stata adibita a salone, era ora tornata ad essere in tutto e per tutto un normale salotto.

Se per normale si intende quasi metà dell'intero pianterreno e con interni e mobilio decisamente costosi.

Le Due Facce della MedagliaWhere stories live. Discover now