Traccia

6 1 0
                                    

L'ultimo ricordo che aveva era il quadrifoglio tatuato che si muoveva sul seno di una spogliarellista, e lui lo seguiva come ipnotizzato. Come mai fosse accasciato scomposto in bagno, con la testa e il braccio appoggiati alla tavoletta del wc, non lo ricordava.

«Ugh... merda...»

L'indolenzimento del corpo, il dolore al collo e il rimbombare della sua testa: non sapeva dire quale dei tre fosse la parte peggiore. Si aggrappò al bordo del lavandino per mettersi prima in ginocchio e poi in piedi.

Era giorno e il sole era tornato splendente su Berlino. Non era una notizia allegra per i suoi occhi, resi sensibili dalla sbronza epica. Li serrò stretti e li coprì con le dita, ma anche concentrandosi in quel buio confortante non focalizzava niente di cosa fosse successo dopo quella spogliarellista.

Si strappò di dosso gli abiti buttandoli dove capitava e si infilò sotto la doccia fredda: rinvigorì il corpo e schiarì la mente, ma più si svegliava più pezzi di memoria emergevano dalla nebbia, finché non ne ebbe abbastanza da aver paura delle parti ancora in ombra.

Bloccò il getto, uscì dalla cabina e arraffò un accappatoio nero.

«Mika?»

Chiuse gli occhi toccandosi la tempia. Rimbombava tanto da stordirlo. Alla cieca raggiunse il soggiorno e aprendo solo una fessura per guardare scoprì che Mika non era lì. Tornò indietro verso la camera, ma anche quella era aperta e vuota. Se n'era andato di casa.

«Cazzo!»

Subì una fitta per la sua imprecazione. Sempre a occhi chiusi usò la mano per orientarsi nell'appartamento, evitando spigoli e il divano, e trovò un bicchiere nella credenza e la sua scatola di aspirine.

Ne aveva appena trangugiate due con abbondante acqua quando sentì scattare la serratura. D'istinto si lanciò alla cassettiera e ficcò la mano tastando buste di carta e pacchetti di fazzoletti.

«Cercavi questa?»

Da dietro l'angolo del soggiorno apparve Mika, con in mano la sua semiautomatica. Restò immobile davanti alla canna, ma poi lui allentò la presa e lasciò che l'arma ruotasse intorno all'indice, per poi prenderla per la canna e appoggiarla sul tavolino.

«Chi... ti ha detto che avevo una pistola qui?»

«Nessuno, l'ho trovata mentre riordinavo casa.»

Mise il piede sul bordo del tavolino e sfilò la piccola Sig Sauer 238 dalla cavigliera quel tanto che bastava per fargliela riconoscere come sua.

«Invece, la combinazione per la valigetta dov'era chiusa questa me l'hai detta tu un'ora fa. Se non ti spiace la tengo per difesa personale.»

Yuu lo fissava, incredulo. Aveva davvero rivelato la combinazione per un'arma carica sotto l'effetto di alcol? L'idea di essere un facile chiacchierone nei momenti di vuoto costruì castelli inquietanti, ricordando quante volte Katze fosse stato presente quando beveva molto.

«Siediti. Ti preparo qualcosa che ti rimetta in forze.»

Confuso da pezzi di memoria non collegati e da paure fosche Yuu obbedì, sedendosi rigido sul divano. Anche quello, il giaciglio di mille notti e più, gli sembrava minaccioso.

«Mika... ieri sera...»

«Eri ubriaco.»

«Non mi ricordo quasi niente...»

«Eri molto ubriaco» ribadì Mika, mentre spacchettava e armeggiava in cucina.

«Io... ti ho fatto qualcosa?»

I Figli di PrometeoWhere stories live. Discover now