1. Un messaggero nella notte

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La morsa gelida le artigliava qualcosa nel petto, premendo e schiacciando fino ad affondare lunghe dita scarne in profondità. Immobile, incapace di urlare, poteva solo fissare con orrore le orbite vuote e la bocca putrida senza labbra del Dissennatore avvicinarsi sempre di più alla sua.


Ophelia si sollevò sui gomiti reprimendo un grido, il respiro corto e il cuore in gola. Aveva gli occhi sbarrati eppure tutto era buio intorno a lei.

Cercò a tentoni la lampada sul comodino e, dopo averla accesa, fece fatica a riconoscere la propria stanza. La luce rischiarava la fantasia della carta da parati, la cassettiera di legno scrostata, il tappeto sbiadito e consumato. Tutto le era familiare, eppure spesso si svegliava nel cuore della notte con la sensazione di essere ancora a Hogwarts.

Scalciò le coperte e si mise a sedere, sfregandosi le mani sul viso e tentando si allontanare l'orrore dell'incubo ancora vivido e le lacrime. Aveva smesso di sognare da mesi, credeva di essere finalmente in pace, libera. Quel Dissennatore rappresentava la sua sconfitta, le catene della sua prigionia. Perché insieme a lui erano tornati anche i ricordi, e lei non voleva più ricordare.

Come potevano pochi istanti, brevi momenti rubati all'inevitabile, averla ridotta in quello stato?

Contò mentalmente fino a dieci, rallentando il respiro e il battito, ma il tremore non l'abbandonava. Una lacrima solitaria vinse le solide barriere che Ophelia ogni volta ergeva contro il pianto e le rotolò sulla guancia. Lei la cancellò con un gesto secco della mano, poi si alzò e scostò la tendina della finestra. E allora lo vide.

Nella penombra del cortile, un'ombra fra le ombre, procedeva con passo spedito seguito dal suo ampio mantello nero e ancora qualche strascico della smaterializzazione. Il professor Piton aveva quasi raggiunto l'ingresso del cottage quando la vide dietro il vetro della finestra. Allora si fermò, limitandosi a fissarla.

Ophelia avvertì un brivido attraversarle la schiena. Ecco che il passato e l'inevitabile futuro racchiusi in un unico corpo erano infine giunti a bussare alla sua porta.

Con un sospiro, si assicurò la bacchetta nei pantaloni del pigiama, poi infilò una morbida vestaglia e si avviò senza fretta lungo le scale di legno.

Quando aprì la porta, la brezza gelida di febbraio si insinuò in casa facendole arricciare le dita dei piedi nudi sul pavimento.

«Buonasera, signorina Verinder» sentenziò la profonda voce del professor Piton mentre costui si avvicinava all'ingresso.

«Professore» lo salutò a sua volta Ophelia, gettando una rapida occhiata all'orologio appeso alla parete che segnava le tre meno un quarto. Conosceva bene il suo ex professore di pozioni, sapeva che era un animale notturno quasi migliore di lei, ma cosa ci faceva lì a quell'ora?

Mentre Piton raggiungeva con placide falcate il centro del salotto, Ophelia aggiunse qualche ceppo di legno nel camino per ravvivare la fiamma, poi restò in attesa.

Nel silenzio scandito solo dal ticchettio dell'orologio e dal crepitare del fuoco, il professore lanciò rapide occhiate sdegnate alla stanza.

«Non è stato facile trovarti,» esordì «questa non è l'abitazione indicata sui registri come residenziale».

«C'è un errore in effetti» confermò Ophelia scoprendo la propria voce ancora arrochita dal sonno. «I gufi vengono dirottati di continuo ma è qui che ho sempre abitato» specificò, perfettamente consapevole che Piton si riferiva alla grande villa di famiglia nella quale lei non metteva piede da quando era bambina.

Morsmordre - La Promessa del SerpenteWhere stories live. Discover now