30. Un villain

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Fu come se qualcosa, nella mente stanca di Florio, si fosse rotto.

Lui sapeva che avrebbe dovuto provare qualcosa, un sentimento forte, e invece non provava niente se non un leggerissimo sollievo, qualcosa che, per intensità e qualità, poteva paragonarsi all'aver completato un qualche noioso iter burocratico.

Come aver messo una firma e poter tornare a casa, a guardarsi una soap opera che gli piaceva, ma non troppo. Non si prospettava neanche una puntata speciale di quella soap opera: nessun grande ritorno, nessuna risurrezione, non c'era neanche un guest-star.

«Hai ucciso qualcuno?» Domandò Florio, sperando che, forse, se Leon glielo avesse ripetuto lui avrebbe provato qualcosa.

«Sì» rispose l'altro, annuendo «Mi è capitato».

Florio si morse leggermente il labbro inferiore, incuriosito da questa mancanza di sentimento. Leon si grattò dietro la nuca con il pollice, sorridendo.

«E va bene, okay» Disse Florio, stringendosi nelle spalle «Non è che posso dirti niente, è capitato anche a me».

Guardò verso Bennu e Osvald, che continuavano imperterriti a farsi i fatti loro, e si chiese se anche loro, ormai, fossero così abituati a quelle follie da considerarle irrilevanti: dopotutto stavano tranquillamente nella stessa automobile del supervillain più terribile degli USA, ma non sembravano tesi, né spaventati, né stupiti.

Perché?

"Perché sono in compagnia l'uno dell'altra" Gli suggerì il suo cervello, in un pensiero luminoso e improvviso "Non è ovvio? E anche tu non hai più paura per lo stesso motivo. Hai lui".

Più ci pensava, più per Florio questa era una spiegazione debole. Che senso aveva? Non poteva assegnare questo potere all'amore. No, era una cosa stupida, irrazionale, l'amore non poteva cancellare in quel modo la repulsione che lui provava per un atto così vile, così mostruoso, come togliere la vita.

O sì?

Perché si era colpevolizzato per quattordici anni, si era detto di essere inumano, schifoso, per aver ucciso... ma non riusciva proprio a pensare a Leon negli stessi termini.

Leon non era schifoso. Leon non era inumano.

E se Leon non era queste cose solo perché aveva ucciso qualcuno, questo significava che adesso anche lui, sebbene avesse ammazzato in modo orribile degli esseri umani, non poteva considerarsi tale.

Leon era puro, perfetto e sacro, e se lui aveva ucciso, allora anche Florio poteva.

L'automobile correva sulla strada liscia, nel mezzo del nulla, con i fari abbaglianti accesi che illuminavano la striscia d'asfalto perfetta. Cherry rimaneva in silenzio, le labbra pressate l'una contro l'altra, mentre Victor Lupis continuava a parlare di un argomento di cui Florio non aveva colto la natura.

«Che cosa c'è?» Domandò dolcemente Leon «Sei zitto zitto»

«Non ci posso credere» rispose Florio

«Che siamo insieme? Pensavo che ormai ci credessi?»

«No, non... non questo»

«Ah sì?» Leon, sospettoso, alzò un sopracciglio

«Già»

«A cosa non puoi credere?»

«Che ormai sono un villain. Ce l'ho nella testa, questa cosa» la mano di Florio arrivò alla tempia, la sfiorò con i polpastrelli prima di ricadere sulla coscia «Non sto solo collaborando con dei villain, io sto pensando da villain»
«In... in che senso?»

«Leon, non me ne importa niente se hai ammazzato qualcuno. Mi sta solo bene che ci siamo ritrovati».

Leon rise, gli occhi che scintillavano.

«C'hai proprio ragione» Disse, con le parole biascicate nella risata allegra «Sei proprio un cattivo. Ma oh, siamo almeno almeno in due!» e si indicò il petto, continuando a ridere.


L'Inverno delle RoseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora