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Il direttore penitenziario si alzò in piedi. Era alto anche lui, non quanto Florio ma decisamente svettante, e sotto gli abiti si intuiva un corpo forte e atletico.

«Non ho mai avuto modo di vederti usare il tuo potere» Disse «Ho un interesse particolare per quello che fai, devo ammetterlo. Mi piacerebbe vedertelo fare».

Florio vagò con lo sguardo per la stanza, smarrito. Era sollevato da quella richiesta, ma al contempo non riusciva a smettere di pensare che fosse una trappola.

«Signore... non mi è permesso utilizzare i miei poteri» Mormorò «Non posso, per la sicurezza della struttura»
«Davvero?».

La faccia del signor Burnett era inespressiva mentre gli faceva quella domanda, ma per qualche motivo le sue parole bruciavano come se fossero marchiate nella carne.

«Io... sì. Quando sono arrivato qui mi è stato intimato di non provare mai ad utilizzare i miei poteri»

«Perché?»

«Si temeva per l'integrità strutturale, credo, del... di tutto, ecco»

«Sono così forti?»

«Non lo so. Non credo»

«Chi è stato a catturarti, me lo ricordi per favore?»

«L'agente Sam Bedstone, signore»
«Sam Bedstone». Il signor Burnett si fece rotolare in bocca quel nome, poi si girò come se volesse sputarlo via, ma non lo fece. No, quell'uomo non sembrava il tipo di persona capace di scatarrare per terra. «Sam Bedstone» Continuò «Non è esattamente l'agente più brillante delle forze armate»
«Lo chiamano il Guru»

«Non è che una presa in giro. Sam Bedstone crede di sapere qualcosa, ma non sa assolutamente niente. Ascoltami bene, Florio Blanchard»

«Sì, signore»

«Finché sei nella mia struttura, tu obbedisci a me. E dove sei adesso?»

«Sono nell'ADX Florence, signore»

«Esattamente. Sei nel mio penitenziario. E io so come gestirlo, io, non Sam Bedstone».

Non l'agente Bedstone, solo Sam.

«Signore, ho paura. Se la mia condotta è stata così buona fino ad adesso, non vedo perché sia necessario farmi utilizzare i poteri. Non voglio rovinare quel poco di buono che sono riuscito ad ottenere».

Il signor Burnett si avvicinò al prigioniero, si mise dietro di lui, poggiando le mani sullo schienale della sedia. Florio provò a concentrarsi sulla luce che penetrava dalla grande finestra dietro la scrivania, sulla sensazione del calore sulla pelle, per distrarsi dal senso di nausea e panico che lo pervadeva nell'avere quell'uomo così vicino. Poteva sentire il suo odore, una fragranza strana, che poco si addiceva a qualcuno di tanto serio e spartano: digitale, sambuco, zagara, violette e caprifogli. Fiori, una zaffata di fiori che fece fremere Florio dalla testa ai piedi. Il suo stomaco si contorse, la sua fronte si imperlò di sudore.

Era piacere o era un insopportabile disgusto, quello che si era impadronito di lui? I fiori erano ciò che lui amava di più al mondo ed era così tanto tempo che non ne sentiva l'odore che quasi credeva di averlo dimenticato. E ora quell'uomo, impregnato come una spugna di effluvi primaverili, stava dietro di lui, minaccioso come se volesse e potesse spezzargli il collo se solo gli fosse aggradato di farlo.

«Tu sei nelle mie mani» Disse il signor Burnett, quasi gli avesse letto in mente «Nessuno se non io può tirarti fuori da qui. E questo è un dato di fatto, Blanchard»

«Signore, io... io...»

«Farai quello che voglio, Blanchard?»

«Sì. Sì, lo farò».

L'Inverno delle RoseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora