17. L'Osvald perduto

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Florio sobbalzò. Con gli occhi spalancati, smise di concentrarsi sui ricordi che fino a quel momento erano scorsi come un film nella sua testa e notò che qualcuno di estraneo aveva aperto la porta dello studio del dottor Weisman. Come avrebbe potuto non notarlo?
Era un uomo enorme, alto almeno due metri. O una donna? Battendo le palpebre, Florio mise a fuoco la sagoma. No, era un uomo: aveva una folta barba rossa lunga fino al petto che, insieme ai capelli lunghi legati in una bassa coda folta, lo facevano sembrare un vichingo, ma uno molto abbronzato. Indossava un camice bianco che sembrava striminzito sulla sua statura imponente e un cartellino completamente bianco pinzato sul taschino.

«Dottor Weisman» Disse l'uomo dalla barba rossa «Dov'è Osvald?»

«Hai perso Osvald?» domandò benevolo il medico, alzandosi

«Sì. Non riesco a trovarlo da nessuna parte»

«Starà lavorando, con tutta probabilità. Hai trovato sangue? Hai trovato i suoi resti?».

Florio rabbrividì: cosa significava "i suoi resti"? Come in "si è mangiato qualcuno e ha lasciato i suoi resti a terra" o come in "è morto e ha lasciato le sue spoglie mortali a terra"?

«No, niente resti. Non lo trovo, ma potrebbe essere scoppiato da qualche altra parte, lontano da qui» Spiegò l'omone, allargando le braccia.

Florio si mise a sedere. Gli girava ancora un po' la testa e sentiva di essersi morso un po' il labbro inferiore, forse nel rievocare quel momento in cui l'aveva fatto da ragazzo, ma tutto sommato si sentiva bene.

«Scusate, posso aiutare?» Domandò, a voce bassa.

L'omone dalla barba rossa si girò a guardarlo, posando su di lui un paio di grandi occhi di uno strabiliante color oro.

«Chi sei?» Domandò.

Florio tese una mano, cercando di essere cordiale.

«Sono Florio Blanchard» Disse «Uno dei pazienti del dottor Weisman. Molto piacere!».

L'omone lo guardò per un istante, esitando, poi gli strinse la mano. Aveva il palmo caldissimo, come se avesse la febbre, ma straordinariamente asciutto.

«Il dottor Bennu Reda» Si presentò, poi guardò in direzione di Anton «Ci può aiutare?»

«Certo che sì» lo psichiatra sorrise entusiasticamente «Tiralo su!».

Florio si preparò ad alzarsi rimanendo aggrappato alla mano dell'omone, quello che non si aspettava era che invece quello lo afferrasse da sotto le ascelle e lo mettesse in piedi.

«Signor Florio Blanchard» Disse Anton Weisman «Stiamo cercando Osvald Burnett. Probabilmente lo conoscerai, si tratta del direttore del penitenziario»

«Sì, lo conosco» confermò Florio, annuendo.

Sentiva la presenza torreggiante di Bennu Reda a pochi centimetri da sé, emanante un calore intenso, di fiamme, e gli veniva difficile concentrarsi: non aveva mai incontrato un uomo così alto, ed era anche così vicino che la sua barba gli stava solleticando la faccia.

«È molto importante che il signor Burnett non si allontani troppo» Spiegò il dottor Weisman

«Da me» aggiunse il dottor Reda, severo

«E sembra che in questo momento non sappiamo dove si trovi, perciò è necessario trovarlo. Ci aiuterai a capire dov'è, visto che tanto non hai intenzione di fuggire»

«Non fuggirà?»

«No, Bennu, non fuggirà. Si tratta di un paziente molto strano, uno di quelli che credono di meritarsi questo castigo disumano di un penitenziario di massima sicurezza»

L'Inverno delle RoseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora