«Cazzo, William, abbassa la fottuta voce da gallo» Ripetè lei facendoci tossire dalle risate.

Will si alzò e si recò in bagno accompagnato da Cody che mi accorsi soltanto in quel momento che ci fosse.

«Ehy ragazzi» Kat mi intrecciò le braccia al collo.
Capì che fossero arrivati in quel momento.
«Ehy Kat» Mi girai verso di lei e le sorrisi.
«Mi accompagni al bancone a prendere qualcosa da bere?» Kat mi guardò e io annui mentre mi alzavo.

«Allora? Che si dice?» Chiesi sorridendole mentre ci dirigemmo al bancone.
Stavamo legando molto e mi faceva piacere, era l'unica a dirmi qualcosa in più su i Neighbor e a non andarmi contro quando accadeva qualcosa.

Lei sbuffò «Veramente... niente. Ho sentito che Cooper te ne ha fatto una delle sue, come stai?» Il barista si avvicinò a noi e aspettai che Kat ordinasse prima di rispondere.

«Whisky, grazie» Quando il barista si mise a lavoro mi voltai verso Kat.

«Sto bene» Mi limitai a rispondere.
«Cos'hai detto per farlo incazzare a quel livello?» Mi guardò mentre il barista gli appoggiava il bicchiere di Whisky sul tavolo.

«In realtà nulla, mi aveva sporcata tutta con la vernice e mi sono incazzata così tanto che mi sono avvicinata a lui e ho pulito le mani sulla sua camicia bianca.»
Nel mentre che io parlassi Kat bevve un sorso di Whisky e mi guardò accigliata.
«Da Cooper.» Brontolò.

«Da delinquente.» La corressi.
«L'hai fermato, stava per ammazzare uno degli Everly...» Kat mi guardò negli occhi «Una cosa da non fare mai con Price è quella di nominare sua madre. Ha praticamente mandato , l'anno scorso, all'ospedale Will dopo averla nominata.»

«Beh, che senso ha nominare le madri degli altri»
«Però non è una scusa per mandare gente all'ospedale.» Proseguì secca.
Anche a me dava fastidio se qualcuno mi nominasse o usasse come insulto qualche mio familiare, era di natura ma non avrei mai ammazzato di botte qualcuno e non era una scusa per farlo.

«I Neighbor sono i Neighbor loro non usano scuse se vogliono spezzarti un braccio senza motivo lo fanno e basta.»
La voce di qualcun'altro ci fece voltare entrambe.
Era il ragazzo con cui i Neighbor stavano parlando il primo giorno in cui sono arrivata.

«Lui è Nike» Kat brontolò, era infastidita dalla presenza del ragazzino che mi porse la mano con fare amichevole.
«Preferite marijuana?» Chiese tastandosi le tasche.
Era del primo anno, si vedeva da kilometri che fosse un ragazzino, un ragazzino che però già si era dato alla via sbagliata.

«Non vogliamo la tua merda Nike, vattene.» Kat lo squadrò.
«Me l'ha venduta Cooper, è roba buona» Porse a Kat una bustina.
«Se mi va me la faccio vendere da lui, ragazzino.»
Nike decise di andarsene ma se ne andò borbottando qualcosa che non riuscimmo a capire.
Decidemmo di ritornare al tavolo con i nostri amici e immischiarci nella loro discussione che finì appena mi avvicinai.

Ad attirare la nostra attenzione e a distrarmi dall'accaduto fu il campanellino della porta d'ingresso di vetro del bar.
Ad entrare furono i Neighbor, erano bagnati e in quel momento notai il temporale che c'era fuori. Un lampo fece flashare il bar.
Senza asciugarsi i piedi e senza degnare di uno sguardo a qualcuno presero posto in uno dei tavoli nell'angolo, sembrava il loro tavolo personale.
Si aggiustarono le giacche di pelle e mi chiesi come facessero a tenerle se faceva un freddo e sembrava di essere su una montagna con una bufera di neve.
Io non resistevo al freddo e credevo che l'avessero notato tutti, ormai da quando ero arrivata a Los Angeles avevo abolito le maglie corte e avevo cominciato ad indossare felpe 24h su 24.
Quando Cooper si sedette tutti ritornarono a fare quello che stavano facendo e le voci coprirono il frastuono del temporale.

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