Capitolo 15

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Sentì dall'altro capo del cellulare una risata. La sua.
Non l'aveva mai sentito ridere prima di allora e pensò che fosse un suono davvero molto bello, tanto delizioso e sincero.
Se non avesse saputo a chi apparteneva, sicuramente avrebbe detto che un angelo stava ridendo.
"Sì, è il mio nome."
Disse dopo poco.

Levi già lo conosceva, ma finse di non saperlo per non turbarlo.
"È un bel nome."
Sussurrò il corvino, a quel punto si alzò dalla poltrona e inziò a camminare avanti e indietro. Faceva così ogni volta che era turbato per qualcosa oppure quando, come in quel momento, era su di giri. Era un modo tutto suo per scaricare la tensione.

"Allora non ho deluso nessuna tua aspettativa ?"
La voce di Eren sembrava così dolce, diversa da come lo era da vicino.
Sembrava un'altra persona, non quella alla quale era abituato; freddo e distaccato.
Era una persona abbastanza piacevole per Levi. Eren lo aveva tirato fuori da quel baratro emotivo nella quale si era rinchiuso da anni, fatto di emozioni sempre troppo buie e silenziose, putride e stagnanti come acqua paludosa nelle cui profondità strisciavano delle creature orripilanti dagli occhi rossi e gialli. Con lui, però riusciva a vedere la luce in quella oscurità, ecco la parte positiva del rapporto che aveva con il ragazzo. Scoprì che il suo cuore era capace di emozioni travolgenti, eppure era anche molto fragile.
Eren era una persona scostante, ma Levi aveva capito che piano piano, con molto lavoro, lo avrebbe imparato a conoscere, sia nei pregi che nei suoi difetti.

"No, non direi."

"Levi ?"

"Mh ?"

"Hai avuto qualche problema da oggi che sei lì ?"
Chiese il ragazzo.
Il corvino si avvicinò all'ampia finestra del salone e osservò il tempo fuori: già era buio. Sembrava essere passata una eternità da quando era lì, ma Eren era riuscito a far scorrere velocemente il tempo. Aveva un potere su di lui che non riusciva a descrivere con delle semplici parole.

"No. Eren..."
Sussurrò lentamente. Il suo cuore gli assestò un altro colpo nel petto quando osservò fuori e vide una figura slanciata e sottile farai spazio tra le fronde degli alberi. Barcollò contro la parete, il respiro gli si fece affannoso.

"Levi ?"
Il tono di Eren si fece duro; era preoccupato.
"Che succede Levi ?"
Ripeté, la voce più cupa. Se avesse solo potuto sarebbe sbucato fuori da quel cellulare.

"C'è qualcuno. Qui fuori."
Sussurrò il corvino. Il cuore gli batteva così tanto veloce nel petto che sarebbe potuto schizzare fuori da un momento all'altro.
La temperatura nella stanza sembrò essere precipitata sotto zero. Tenne la bocca serrata per non battere i denti, ma il resto del corpo era preda di violenti tremori. 

"Stammi ad ascoltare. Spegni le luci e nasconditi. Cerco di arrivare subito."

Aprì la bocca, per ribattere ma l'altro aveva già staccato. A un tratto sentì il rumore dei vetri infrangersi, schizzare come tanti proiettili sul pavimento in legno.
Levi corse in direzione dell'interruttore, lo spense e slittò verso la sua stanza da letto. Aveva una memoria di ferro; sapeva dove fosse, nonostante il buio.
Si nascose nell'armadio, tra i vari vestiti e pregò al contempo che il castano facesse presto. Lui non aveva nessuna arma con sé con la quale avrebbe potuto difendersi. Doveva solo pregare, pregare e basta. Giunse le mani in preghiera contro il petto e chiuse gli occhi, mentre il suo respiro si fece affannato.
Sentì il rumore di una porta sbattere, tante voci accavallate, poi degli spari; uno, due, tre...a ogniuno di loro, il suo cuore batteva più forte.

"Levi."
Quella era la voce di Eren. Il suo cuore si era calmato ma era comunque parecchio agitato, lo notò dalle sue mani che tremavano e che si erano appoggiate sul suo viso, sopra la bocca, per non far fuoriuscire nessun rumore.
Sbucò fuori dall'armadio, strisciando. Vide il castano, in piedi, sulla soglia della porta. Nonostante l'oscurità, lo riconobbe.
Levi doveva avere una faccia da schifo per creare nel ragazzo una reazione parecchio preoccupata. Infatti, quando quest'ultimo accese la luce, subito si fiondò da lui e lo alzò.

"Cristo, Levi, pensavo che questo posto fosse sicuro per te. Non pensavo che ti avrebbero trovato subito."
Il ragazzo cercò di arrancare tante scuse, ma a lui andava bene così. In quel momento, Eren era lì ed era forse l'unica cosa che davvero contava per il corvino.

"Tranquillo."
Gli disse scuotendo la testa e muovendo leggermente la mano.
L'altro fece un sospiro, ancora amareggiato: avrebbe dovuto aspettarselo, ma non pensava che sarebbe successo tutto così all'improvviso.

"Andiamo."
Fu Eren a mettersi davanti mentre gli faceva cenno di seguirlo, forse per essere sicuro che nessun altro stesse in agguato. Levi lo seguì, stando bene attento a mettersi dietro di lui.
Giunsero nel salone, dove poco prima si trovava seduto sulla poltrona.
Un odore ferroso venne percepito nell'aria dalle narici del corvino, indubbiamente era sangue.
Spostò li sguardo: una sfilza di cadaveri erano diversi sul suolo sopra una pozza di sangue. Sembravano tanti soldati caduti in guerra.
Il suo stomaco si contorse; Levi non aveva mai visto un cadavere prima di allora.
Il suo sguardo si dilatò, gli mancò il fiato e si immobilizzò, ma una presa familiare si aggrovigliò intorno al suo braccio come edera avvinghiata a dei mattoni.
Aveva compiuto una strage, lui da solo.

"Non guardare, Levi."
Lo trascinò con sé, verso l'uscita.
Fuori l'aria era già cambiata, Più pulita. Non sapeva di cadavere ma di natura.
"Andiamo da me."

Pushing me away (Ereri)Where stories live. Discover now