Capitolo 3

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L'uomo si trovava seduto di fronte a lui, con un sigaro tra le labbra, un bicchiere pieno di wisky appoggiato sul tavolo e una puttana seduta sulla sua coscia.
I suoi tre vizi preferiti erano tutti inclusi in quell'unico quadretto; uno dei tre lo avrebbe portato a morte certa.

Si trovavano nel suo ufficio.

"Cosa dovevi dirmi ?"
L'uomo dallo sguardo freddo e tagliente, così come quello del corvino, osservava suo nipote dall'altro capo della stanza.

"Voglio parlarti di cose private."
Rispose Levi, ammiccando alla donna che era presente nella stanza.
Si sentiva come lei, a volte, nel soddisfare degli uomini di merda e maniaci, così come lo era suo zio.
Sapeva cosa lei stesse provando, sapeva quanto lei si sentisse sporca ma anche obbligata a fare ciò che non gli piaceva solo per racimolare qualche soldo in più che non poteva permettersi facendo altri lavori.
Chi mai avrebbe mai potuto scegliere una troia a lavorare con lui in qualsiasi altro posto di lavoro che non fosse stato un bordello ?
Nessuno.
Nessuno l'avrebbe mai scelta.

L'uomo non disse nulla, spinse lei da sopra la gamba.
La bionda, raccolta in un corto vestito chiaro, sgambettò fin verso l'uscita e il vecchio non fece altro che osservarla fino a quando questa non uscì fuori dalla stanza.

"Ti conviene parlare in fretta. Mi sta aspettando."
Disse, rivolgendo lo sguardo tagliente come una lama in direzione di Levi.

Quest'ultimo, prendendo posto su una poltrona di fronte alla scrivania, lo andò a osservare.
"Ho bisogno di un altro lavoro."

L'uomo ghignò, mostrando una dentatura gialla e marcia a causa dei sigari, mentre sbuffava fuori delle nuvole dense di fumo che si propagò per aria e si disperse.
"Come mai ?"
Fece poi cadere la cenere a terra, tanto nemmeno avrebbe pulito lui ci avrebbe pensato qualche sua cameriera, e prese il bicchiere di cristallo, facendo poi un sorso di quel liquido dolciastro. Riusciva a sentire l'aroma tostato e caramellato da lì.

"Ho incontrato un cliente molto... particolare, oggi."
Sussurrò Levi, girando lo sguardo prima intorno alla stanza e poi puntandolo nuovamente su suo zio.

"Non riesco a capire dove tu voglia andare a parare."
Fece un altro tiro dal sigaro: una piccola luce rossastra si illuminò all'estremità di esso.

"Ho incontrato una persona. È parte della Yakuza. E non voglio avere più nulla a che fare quel posto."

"Levi."
Lo interruppe subito suo zio, gettando il sigaro nel wisky.
"Non mi interessa. Loro sono quelli che hanno più soldi e, fin quando non si scocciano, tu farai ciò che ti diranno."

"Io..."
Cercò di dire il corvino, calmando quella rabbia che provava nei confronti dell'uomo. Eppure, era parte integrante della sua famiglia. Era l'unico che glie da rimasto e, in parte, era anche suo dovere proteggerlo.

"Questione chiusa. Se non hai niente altro da aggiungere, puoi anche andare via che a me spetta una scopata."
Sussurrò l'altro con una calma micidiale, mentre si alzò dal suo posto e si diresse verso la porta.
Levi strinse i pugni nel frattempo, si sentiva usato e non era quella la vita che faceva per lui. La odiava, voleva solo essere apprezzato per quello che era...invece, suo zio apprezzava solo i soldi.
"Tanto la strada per uscire la sai. È inutile che la cameriera ti scorti all'uscita."
Concluse poi, aprendo la porta e uscendo, lasciando infine che questa si chiudesse alle sue spalle.

-•-

Levi fece presto ritorno alla casa di incontro. Ormai era anche la sua casa, siccome non viveva con suo zio e nemmeno avrebbe voluto stare insieme a lui.
Entrò nell'ufficio di Hanji, la trovò seduta vicino alla sua scrivania con la testa immersa nelle scartoffie.
Quel posto era forse la camera più disordinata di tutta la struttura e Levi raramente entrava lì, anche perché non sopportava né lo sporco e né il disordine.

"Hey... Com'è andata ?"
Gli chiese lei, raccimolando un gruppo di fogli impilati l'uno sull'altro e mettendoli tutti in un cassetto.

"Ho parlato con mio zio di quel cliente. Lui non è d'accordo sul fatto che io non debba vederlo, per lui sono essenziali i soldi."
Rispose il corvino, sprofondando nella grande poltrona di fronte alla scrivania.

Lei fece una smorfia e poi sospirò.
Non gli piacque affatto quell'espressione; sicuramente doveva dirgli qualcosa che non gli sarebbe piaciuto.

"A proposito di questo tizio."
Affermò lei, stringendosi nelle spalle.

"Ti ha detto qualcosa."
Non era una domanda, ma più un'affermazione da parte del corvino.

"Mi ha chiamato pochi prima che uscissi e abbiamo staccato prima che tu entrassi nel mio ufficio."

"E allora ?"
Levi stava perdendo piano piano la pazienza. Non riusciva a essere diretta, lei stava girando intorno alla cosa.

"Allora... Potrebbe esserci un problemino."

"Cristo, Hanji. Parla chiaramente."

"Lui ha detto che voleva vederti ancora e poi doveva decidere."

"Su cosa ?"
A quel punto le orecchie di Levi si aprirono a quella notizia che avrebbe impattato forte e chiaro sulla sua emotività.

"Lui vuole portarti con sé."

Pushing me away (Ereri)Where stories live. Discover now