Capitolo 2

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Il ragazzo, fin troppo giovane per il lavoro che faceva, si era alzato dal divano ed era andato via, proprio nel momento in cui Levi aveva riversato tutto il suo piacere sul pavimento.
L'altro era uscito dalla stanza, senza fare nulla, aveva lasciato tutto nelle sue mani. Tra l'altro, aveva ancora il fiatone per tutto lo sforzo fatto.
Si sentì nuovamente solo e vuoto; non gli aveva nemmeno detto il suo nome e se si fossero nuovamente rivisti.

Si sistemò il kimono e legò l'obi stretto nella vita: aveva bisogno di una doccia.
Si sentiva tutto appiccicoso a causa del sudore, si sentiva sporco.

Aspettò qualche altro minuto, prima di uscire anche lui da quella stanza.
Aspettò che il castano fosse ormai abbastanza lontano per vederlo conciato in quel modo.
Era imbarazzante per Levi.
Si sentiva troppo scoperto, troppo esposto e troppo sporco.

Chiuse la porta alle spalle, poi si accorse della donna che lo aveva accolto e che era lì ad aspettarlo.

"Presumo tu abbia sentito tutto."
Disse il corvino, rompendo il silenzio tra di loro. Fortunatamente non era un tipo troppo rumoroso quando orgasmava e quando succedeva lo faceva solo per compiacere le richieste di un suo ospite.

"A dire il vero, no. Sono arrivata qui nel momento in cui il ragazzo ha lasciato la stanza."
La donna era appoggiata con la schiena al muro e aveva le braccia conserte al petto.
"Ti ho dato proprio una bella gatta da pelare."
Concluse il discorso, girando lo sguardo alla sua destra, dall'altra parte del corridoio, poi ritornò a guardare il corvino.

"Spero solo di non rivederlo più."
Si sistemò il kimono, il quale tendeva sempre a scivolargli sulla spalla. Era di due taglie più grandi e si sentiva troppo scoperto con quel coso addosso.

La donna lo osservò con uno sguardo di sufficienza e staccò la schiena dal muro:"ti dona il rosso."
Disse facendo un sorrisetto malizioso.

Levi fece schioccare la lingua sotto il palato: "sai cos'altro mi dona, Hanji ? Dei vestiti normali. Un jeans e una maglietta."

"Sono nella tua stanza. E ho fatto anche preparerò un bagno caldo."

Lui si trovava lì da tanto tempo che ormai la donna conosceva a memoria le sue abitudini e glieli doveva quei favori; sapeva cosa avesse passato il corvino e sapeva anche cosa avesse passato sua madre prima di morire.
Povera donna, sedotta dallo stesso uomo che l'ha messa incinta e poi l'ha uccisa.

"Ho bisogno di un permesso per uscire. Devo fare delle commissioni."

"La festa è finita, quindi permesso accordato."
Conclusero lì la conversazione.
Levi poi si diresse nella sua stanza.

-•-

L'acqua tiepida gli andava ad accarezzare e a profumare la pelle.
I suoi muscoli si rilassarono sotto quel torpore, il suo corpo invece scivolò lentamente nell'acqua e i suoi occhi si schiusero.
I movimenti lenti dell'acqua, in momenti come quello, lo rilassavano.
Poi c'erano anche situazioni in cui quegli stessi movimenti lo andavano a snervare, magari quando aveva avuto una giornata più pesante rispetto alle altre.

I suoi pensieri lo condussero da una sola parte: quel paio di occhi color prato. Così vuoti e soli.
Solo Levi avrebbe potuto capire cosa avesse mai passato quel ragazzo, così giovane.
Solo chi, come lui, aveva sperimentato l'oscurità sapeva quando una persona l'aveva dentro.
E l'anima di quel ragazzo era più nera del carbone: ciò non lo spaventava, anzi. Lo attraeva.

Rimase in quella posizione, con gli occhi chiusi e l'acqua che gli arriva a fin sotto il metto, andandolo a sfiorare ma di poco.
La sua pelle era umida, non sentiva freddo.

Quei dannati occhi non lasciarono la sua testa, i suoi pensieri.
Rimasero impressi nella sua memoria anche quando, una volta uscito dalla vasca da bagno, si diresse nella stanza e raccolse i vestiti appoggiati sul letto.

Hanji gli aveva portato una maglia nera a collo alto e un pantalone dello stesso colore.
Gli aveva sempre detto che gli donava, ma lui era convinto che invece andava a coprire un po' quella oscurità che si portava dentro.

Si infilò il maglione, poi mise anche i pantaloni e poi le scarpe, infine si guardò allo specchio per darsi una sistemata ai capelli.
Essi avevano un taglio particolare: erano lunghi davanti e ai lati, poi più corti dietro con quella classica sfumatura militare.

A pochi stava bene quel taglio e lui era uno di quei pochi.

-•-

Casa sua si trovava in un quartiere poco distante dalla casa di piacere in cui alloggiava.
Quel vecchio si era trattato bene, con quella violetta a stile rustico che aveva acquistato poco tempo dopo da quando lo aveva mandato via in quel tugurio.
La casa era graziosa, perché aveva un giardino sempre curato e limitato da delle sbarre di ferro, nere.
Era tutta color panna con il tetto che andava sul marrone scuro.
Qualche albero nel giardino e delle siepi.

Si avvicinò al cancello e premette il campanello.
Suo zio rispose poco qualche minuto. Era in casa.

Pushing me away (Ereri)Where stories live. Discover now